V DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA (A)

V DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA (A)
At 6, 1 - 7; Dal Salmo 32 (33) ; I Pt 2, 4 – 9;
GV 14, 1 – 12

TEMA : Rivelazione

• In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:« Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Gesù deve lasciare questo mondo. Il cuore dei discepoli potrebbe cadere in un profondo turbamento, in uno sconforto dal quale difficile potrebbe risultare riprendersi. Perché non si cada nel turbamento è necessario che gli apostoli abbiano fede in Dio e fede anche in Gesù. Ma che significa per gli Apostoli avere fede in Gesù, oltre che in Dio? In Dio, si sa, si ha fede, quando si crede nella sua Parola, quando la si accoglie come parola di vita eterna e su di essa si costruisce la casa spirituale. In Gesù si ha fede, oltre che nell’ascolto della sua Parola, come fonte di vita, in tutto uguale alla Parola del Padre, si ha anche fede quando si crede nelle sue opere e in tutto ciò che lui fa o che a lui viene fatto e che lui permette che questo gli venga fatto. C’è una fede che Gesù chiede loro ed è la fede negli avvenimenti della sua passione e morte. Loro non devono turbarsi, devono credere nella sua messianicità, nell’essere egli il Messia di Dio proprio in questi momenti, proprio quando l’uomo lo condanna a morte, lì è per loro il momento di credere e di non turbarsi. La fede degli apostoli deve farsi in questi momenti, lì deve essa edificarsi, fondarsi, radicarsi. Gesù è il Messia dall’alto della croce, dal profondo della sofferenza; egli è il Cristo di Dio nel momento in cui viene giudicato, percosso, umiliato, schernito, beffeggiato. In questi momenti il cuore dei discepoli non deve turbarsi, in questi momenti deve rafforzarsi nella fede che proprio quell’uomo che il mondo rigetta e rinnega come un malfattore è il Santo di Israele, il Messia di Dio, l’Inviato del Signore, l’Unto del Padre per portare la pace sulla terra.

• Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto. “ Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi.
Gesù manifesta ai suoi discepoli perché egli se ne va precedendoli, perché li lascia per un breve momento soli. Egli deve andare dal Padre suo, e va lì per preparare loro un posto. Egli li vuole assieme a lui, ma con lui non possono ora andare perché nella casa del Padre suo il posto ancora non è pronto. Spetta a Gesù prepararlo per loro. Da notare l’amore con il quale Gesù in questo momento di abbandono prepara il cuore dei discepoli al grande evento della sua passione e morte. Egli fa tutto questo per amore, lo fa perché non vuole che i suoi apostoli rimangano lontano da lui. Li vuole con sé, ma per averli e per farli abitare dove lui è, è necessario che vi siano dei posti ben preparati ed è per questo motivo che lui si distacca per un poco. L’amore lo esige, la gioia di essere per sempre insieme lo impone. Gesù parte per loro. Loro devono rimanere nella pace del cuore e nella serenità dello spirito. Il distacco è assai breve, solo il tempo dei preparativi necessari e poi di nuovo insieme. Gesù ha la sapienza della consolazione e del conforto, ha la scienza della preparazione dei cuori a sopportare le ore più difficili e sofferte. Alla sua scuola noi tutti dovremmo imparare a preparare i distacchi, ma sovente per noi non ci sono distacchi, perché nel nostro cuore non c’è legame di vero amore, di purissima predilezione per quanti ci seguono e seguendo noi seguono Gesù Signore. Molte volte c’è solo vicinanza corporea, ma distanza, tanta distanza spirituale, che fa sì che non ci si preoccupi né di chi parte e né di chi arriva e chi parte e chi arriva e come se non partisse e come se non arrivasse. Ma questo denota solo assenza di amore, ma anche assenza di vero discepolato. Ma il Vangelo è discepolato, perché il Vangelo è sequela. Ma nel Vangelo si segue chi? Si ascolta chi? Si obbedisce a chi? Senza sequela non c’è Vangelo; ma la sequela è solo nella fede, nella verità, nella carità, nella speranza; la sequela è a Gesù, ma Gesù è nella Chiesa, la Chiesa è negli uomini che testimoniano Gesù e lo rendono presente attraverso la loro santità di vita.

• E del luogo dove io vado, voi conoscete la via ».
Gesù dice ai suoi discepoli che loro conoscono la via, la strada per andare dove Gesù si sta recando, presso il Padre suo, nel suo regno a preparare un posto per loro. Gesù afferma una verità che ormai dovrebbe essere assai chiara, nitida, nella mente dei suoi discepoli. Essi possono sempre e comunque raggiungere il Maestro, lo possono perché conoscono la via. I discepoli invece così non pensano e lo manifestano al Maestro.

• Gli disse Tommaso: « Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via? ».
Per tutti parla Tommaso. Per lui e per loro tutti c’è una difficoltà. Si può conoscere la via, se si sa dove Gesù sta per andare, poiché loro non sanno dove Gesù si sta recando, essi non possono conoscere la via. Questa l’obiezione di Tommaso. Si è già evidenziato come tra i discepoli e Gesù non c’è comprensione. La loro mente è troppo ancorata al mondo e alla terra, per poter percepire il senso spirituale, vero, delle parole di Gesù. Gesù è per loro incomprensibile questa sera. Dice cose che loro non capiscono, cose che loro prima mai avevano ascoltato. Facendo la domanda, essi vogliono che Gesù sia più chiaro, più esplicito, più circostanziato. Non si può parlare per sottintesi, perché si pensa che loro sanno tutto. Loro non sanno veramente niente, il loro cuore e il loro spirito è assai lontano dalle certezze e dalle verità di Gesù. Si è già visto con Pietro e non una volta sola.

• Gli disse Gesù: « lo sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
È la rivelazione delle rivelazioni del Nuovo Testamento. Io sono la via, la verità, la vita. Lui va dal Padre e dal Padre si va per mezzo di lui. “Io sono” è manifestazione del nome divino, della sua essenza. Egli è per natura Dio, è di essenza divina, uguale a Dio, ma distinto da Dio, in quanto Dio è Padre e lui è Figlio, pur essendo il Padre e il Figlio l’unico Dio in tre persone, uguali e distinte. “Io sono” è però nella carne ed è in essa che egli è via, verità e vita. È via in quanto Parola del Padre, Parola di verità, Saggezza increata e creata insieme. La via nell’Antico Testamento è la legge, sono i comandamenti, è la verità, sono i decreti di Dio, attraverso i quali chi li pratica entra nella vita. Gesù è la vita, chi ascolta la sua parola, non entra nella vita eterna da solo, possiede Gesù che è vita eterna, divenendo con lui un solo corpo vivo, vitale, operante vita eterna per quanti gli obbediscono, per quanti vogliono compiere il passaggio dal mondo alla luce, dalle tenebre alla verità. Egli è anche la verità. Cosa è la verità se non l’essenza stessa di Dio che è verità; ma la verità in Dio è la sua carità, verità e carità in Dio non sono disgiunte e separate, sono l’unica ed indivisibile essenza divina. In noi invece verità e carità non sono la nostra essenza creata, lo possono divenire se in Cristo siamo una sola vita con lui, allora si diventa partecipi della natura divina e si partecipa della verità di Gesù e quindi di Dio e nella verità si compie la carità e la carità compiuta è la nostra verità. Quanto Gesù ha detto di se stesso, dichiarandosi “Io sono”, avviene in lui, con lui e per lui. Lui è la via, ma la via è in lui; lui è la vita, ma la vita è in lui; lui è la verità, ma la verità è in lui, non fuori di lui, non è in una parola, è nella sua carne, nel suo corpo e nel suo sangue, e semplicemente nella sua umanità. In essa bisogna attingerla, se la si vuole possedere per tutta l’eternità. Attraverso questa formula di auto rivelazione Gesù mostra ai suoi discepoli che per andare al Padre devono inserirsi in lui, divenire una cosa sola con lui, ma si diviene una cosa sola se si vive di lui, con lui e per lui, che è via, verità e vita. Al Padre si va in Gesù, con Gesù, per mezzo di lui. Inoltre Gesù lo ha già detto più volte: lui e il Padre sono una cosa sola, per cui nel momento in cui uno fa parte del suo mistero e della sua vita, immediatamente fa parte del mistero del Padre e della sua vita. Chi diviene una cosa sola con Cristo Gesù, diviene una cosa sola con il Padre, in Cristo e nel suo corpo.

• Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto ».
Gesù in questo versetto è assai esplicito quanto alla conoscenza del Padre. Se lui e il Padre sono una cosa sola, i discepoli possono conoscere il Padre solo conoscendo Gesù. Gesù lo dice chiaramente: avendo essi conosciuto Gesù, conoscono anche il Padre, non solo lo conoscono, ma anche lo vedono. Gesù è Persona singolarissima; dalla sua persona traspariva tutta l’essenza divina, traspariva la relazione che lo univa al Padre, traspariva tutto il cielo e quindi si poteva conoscere il Padre e il cielo tutto. I discepoli però non la pensavano allo stesso modo. Essi non possono pensare come Gesù, perché per loro Gesù ancora non è visto con gli occhi della fede, è visto solo con occhi di carne nella sua carne; non è visto con occhi di spirito nel suo Spirito e nella sua dimensione eterna e spirituale. Per questo motivo, guardandolo essi sempre con gli occhi della carne, non possono vedere Dio in Lui e quindi gli occhi della carne impediscono che si possa conoscere Dio Padre in Cristo Gesù. Invece tutta la missione di Gesù consisteva proprio in questo, a far vedere il Padre attraverso la sua vita, a liberare gli uomini da questa cecità di carne, che impedisce di vedere il Padre in Cristo.

• Gli disse Filippo: « Signore, mostraci il Padre e ci basta ».
Puntualmente sorge la domanda dei discepoli e questa volta attraverso Filippo. Gesù fa un discorso e sembra proprio che essi, anziché ascoltare Gesù, seguano solo i loro pensieri e i ragionamenti del loro cuore e delle parole di Gesù, che dovrebbero aprire nuovi orizzonti e nuove prospettive di redenzione e di salvezza, non se ne comprenda veramente il senso. Gesù aveva appena finito di dire che i discepoli conoscono il Padre e lo avevano veduto, quando Filippo gli chiede di mostrare loro il Padre, perché questo sarebbe stato sufficiente per loro. Io non so cosa pensavano i discepoli nel cenacolo quella notte di Gesù e delle sue parole, un fatto però è certo: essi lo seguono, ma non lo comprendono. Tutte le loro domande nascono da questa verità: la non comprensione spirituale del linguaggio di Gesù. Questo deve porre alla nostra mente una considerazione assai semplice: anche per noi potrebbe esserci il rischio di non comprendere quanto gli altri dicono, o di non essere compresi quando noi parliamo delle cose del cielo. Seguendo il metodo di Gesù, la comprensione ha poca importanza, importante è che rispondiamo secondo verità ad ogni domanda e ad ogni quesito che ci viene posto, poi con il tempo verrà il momento della comprensione, verrà il tempo della piena luce nella nostra mente e in quella dei nostri fratelli. Una cosa non dobbiamo mai fare: stancarci di ripetere mille e mille volte le stesse cose, o di annoiarci a rispondere, o di pensare che il loro quesito non sia pertinente con quanto noi stiamo dicendo, oppure, cosa ancora più grave, perdere la pazienza, che ci fa non rispondere, o rispondere offendendo e dileggiando coloro che pongono la domanda. Questo sì che deve essere evitato, perché se facessimo in un modo differente da quello tramandatoci da Gesù, certamente non potremmo costruire il regno di Dio, poiché non possiamo dare la verità e senza verità il regno non si edifica e non si costruisce.

• Gli rispose Gesù: « Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre.
È come se Gesù si meravigliasse della domanda di Filippo. Dovrebbe essere ormai cosa acquisita la conoscenza di Gesù in Filippo e negli altri Apostoli. Invece ancora tutto è assai lontano ed il cammino ancora troppo lungo per arrivare alla conoscenza perfetta di Gesù. Filippo non conosce il Padre, perché non conosce ancora Gesù. Quando avrà conosciuto Gesù secondo verità, allora potrà senz’altro conoscere anche il Padre. Lo potrà anche vedere, perché egli è tutto in Gesù e chi vede Gesù vede anche il Padre. Da notare in questa risposta di Gesù che mai bisogna dare per scontato quello che scontato non è. In verità Gesù sapeva lo stato spirituale dei suoi Apostoli. Per lui niente di loro era non conosciuto. L’interrogativo posto a Filippo non è un dubbio di Gesù riguardo alla non conoscenza di Filippo, come se Gesù fosse ignaro e per questo anche si meraviglia. Gesù non si meraviglia, vuol semplicemente far capire a Filippo che questa sua ignoranza non è giustificabile, per il semplice fatto che dopo tanta rivelazione, dopo tanta vita in comune, dopo aver visto Gesù agire, parlare, dialogare, operare, dovrebbe essere cosa acquisita che il Padre e Gesù sono una cosa sola. Se questo non è avvenuto, non dipende certo dal metodo di insegnamento o di comportamento di Gesù, ma dipende dal loro cuore troppo assente dalla vita del Maestro e troppo distante da lui. Nel loro cuore infatti non c’era posto per le grandi questioni della verità su Gesù; sovente essi erano intenti a trattare le cose della terra ed è per questo non volersi distaccare dal mondo, che il mondo li conquista nei pensieri e li seduce e quindi li mantiene in un grande distacco dal Maestro, cosa che ne impedisce la conoscenza e la comprensione del mistero di rivelazione e di identità con il Padre, che è poi l’essenza, la costituzione ontologica di Gesù.

• Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?
Filippo non conosce il mistero di Gesù. Egli non crede e quindi non sa che Gesù è nel Padre e il Padre è in Gesù. Eppure questa è l’essenza di Gesù, ma anche l’essenza del Padre: questa abitazione dell’uno nell’altro, Dio in Gesù e Gesù in Dio. Da questa abitazione dell’uno nell’altro la reale possibilità di vedere in Gesù il Padre, di ascoltarlo, di conoscerlo, di amarlo, di servirlo. Questa abitazione dell’uno nell’altro non è una abitazione spirituale, neanche è mistica, come la nostra e quella di Gesù che si realizza attraverso il sacramento del battesimo. Questa abitazione è solo abitazione essenziale, in quanto c’è l’unica essenza o natura divina che è poi l’unica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Essa è anche abitazione personale. Tutta la Persona del Padre è nella Persona del Figlio e tutta la Persona del Figlio nella Persona del Padre ed insieme nello Spirito Santo e lo Spirito nel Padre e nel Figlio. Questo è il vero mistero di Gesù, è semplicemente il mistero di Dio Padre che abita tutto nel suo Figlio diletto e del suo Figlio diletto che abita tutto nel Padre, in quanto persona. Se c’è questa abitazione, c’è anche conoscenza, perfetta conoscenza del Padre e del Figlio. Nonostante l’abitazione dell’uno nell’altro, restano sempre due persone distinte, in quanto l’una è Padre e l’altra è Figlio.

• Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che rimane in me compie le sue opere.
All’unità ed unicità di essenza o di natura divina, all’abitazione del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre in quanto persona, segue ora l’abitazione operativa del Padre nel Figlio. Il Figlio media l’agire del Padre attraverso la sua Persona divina ed anche attraverso la sua natura umana, che è dotata anche di una sua volontà propria. Chi parla, chi opera, chi agisce in Gesù è il Padre. Gesù ha dato, consegnato al Padre le sue due volontà: quella umana e quella divina. Avendole consegnate al Padre, esse sono a sua piena e totale disposizione, per compiere il servizio dell’amore; anche il corpo di Gesù è stato consegnato tutto al Padre perché se ne serva lui per manifestare la sua gloria. In Gesù non c’è nessun filtro all’azione del Padre, tutto, indistintamente tutto quanto il Padre vuole, lo fa attraverso Gesù, sicché si può dire che non è Gesù che opera, non è Gesù che parla, ma è il Padre in lui. Questo può avvenire perché Gesù si è spogliato delle sue due volontà e non possedendo più volontà se non per aderire e per compiere la volontà del Padre suo, quanto Gesù fa è opera del Padre, è parola del Padre, è insegnamento del Padre, è presenza del Padre, solo che è nel suo corpo e attraverso il suo corpo, che è così manifestazione e rivelazione della Paternità di Dio.

• Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
Gesù vuole che i suoi discepoli abbiano una fede certa, sicura, incrollabile e questa fede riguarda la relazione che esiste e si vive tra lui e il Padre. I suoi discepoli devono credere che Gesù è nel Padre e il Padre è in Gesù. Devono crederlo perché è Parola di Gesù e loro ormai dovrebbero sapere che tutte le parole di Gesù sono vere; ma se ancora non si sono radicati con il loro cuore e la loro mente nella verità delle parole di Gesù, restano le sue opere che attestano questa verità, quella cioè dell’abitazione di Gesù nel Padre e del Padre in Gesù. Credere che Gesù è nel Padre e il Padre è in Gesù è essenziale alla fede in Cristo, poiché è questo essere l’uno nell’altro il fondamento dell’essere stesso di Dio e di Gesù, ma è anche il fondamento della Messianicità e quindi della Redenzione, della Rivelazione e della verità della Parola di Gesù. Essendo Gesù nel Padre e il Padre in Gesù, tutto quanto Gesù compie ha origine divina, viene dal Padre, nel quale egli abita; ma anche essendo il Padre in Gesù, tutto quanto il Padre compie ha uno sbocco nell’umanità di Gesù e quindi questa è la manifestazione autentica di Dio, della sua volontà, ma anche della sua operatività. Ecco perché se non vogliono credere questa verità perché Gesù l’ha proclamata, i suoi discepoli devono crederla perché essa è attestata dalle opere di Gesù, che sono la manifestazione dell’essenza del Padre che dimora tutta nell’umanità del Verbo. Poiché il Padre è nel Figlio, vive nel Figlio, opera nel Figlio, parla nel Figlio, tutta la rivelazione di Gesù è garantita dalla presenza del Padre, essa è del Padre, anche se fatta dal Figlio. In tutta la storia sacra solo Gesù dice questa Parola ed essa è vera, perché il Padre lo ha attestato con la sua risurrezione. Proprio perché il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre, la potenza del Padre lo ha risuscitato e lo ha innalzato accanto a sé nella gloria.
• In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
Con questa solenne affermazione Gesù dona a chi crede in lui il potere di compiere le opere che lui compie, anzi di farne di più grandi. Questa la promessa. Il principio di fede che regge questa promessa è lo stesso che reggeva il suo potere di operare grandi miracoli e cioè la dimora del Padre in colui che crede nel nome di Gesù. Gesù va al Padre, siede alla sua destra, sulla terra ci dovrà essere sempre colui che lo rende presente e lo rende presente operativamente colui che crede. Costui manifesterà che Dio abita in lui, lo stesso Dio che abita in Cristo Gesù. Ma se Dio abita in lui, vi abita anche Gesù, poiché il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre dall’eternità e per l’eternità, nel tempo il Padre era nel Figlio nella sua carne. La Chiesa anche se è il prolungamento di Cristo nel tempo, in se stessa considerata non è soggetto-persona, pertanto non può essere l’abitazione di Dio. Essendo una realtà comunionale e non una entità personale, essendo altresì la comunione fatta di persone concrete, reali, di corpo e di sangue, sono queste persone la presenza di Dio nel mondo, ma per esserlo devono essere membri della Chiesa, suoi figli. Ebbene Gesù abita in coloro che credono in lui come lui credeva nel Padre suo, ma credere significa compiere la volontà del Padre, ascoltare la sua voce, eseguire i suoi comandi. Ora chi esegue il comando di Gesù e vive solo per ascoltare la sua parola, che è poi parola del Padre, costui ha la potestà di fare i miracoli, i segni, e di farne anche di più grandi di quelli che ha fatto lo stesso Gesù. La fede in Gesù che è sempre fede nella sua parola e nel suo mistero, che è ascolto di quanto egli ha detto, costituisce un uomo luogo dell’abitazione di Gesù. Gesù abita in colui che crede, in colui che ascolta, in colui che obbedisce. Che Gesù abiti in lui lo attestano le opere che lui compie e se non ci sono le opere, Dio non abita in lui, perché Gesù non abita in lui. L’uomo è solo con se stesso, non è con Dio, non è con Cristo Gesù, quando non crede.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me (M. Costantino di Bruno)
La fede che gli Apostoli hanno in Dio deve essere anche fede in Cristo Gesù, senza alcuna differenza. Cristo Gesù è nel Padre. Il Padre è in Cristo Gesù. Il Padre vive totalmente in Cristo. Cristo vive totalmente nel Padre. Non vi è separazione, allontanamento, distacco, incomprensione, distanza. Cristo e il Padre sono una cosa sola. Lo sono sul piano operativo ed anche dell'unità di natura. La differenza è solo nella Persona: Il Padre è Padre perché ha generato Cristo Gesù nell'eternità. Gesù è il Figlio Unigenito del Padre che si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo. Anche sul piano della volontà sono una cosa sola.
Il Padre parla e il Figlio ascolta. Il Padre vuole e il Figlio obbedisce. Il Padre comanda e il Figlio realizza ogni mistero d'amore e di verità del Padre. Per questa obbedienza perfetta, senza neanche il limite della morte cruenta sulla Croce, Gesù può dire che chi vede Lui vede il Padre. È realmente così: Cristo Gesù è la perenne teofania umana del Padre. Chi ascolta Gesù ascolta il Padre. La Parola di Gesù è Parola del Padre. Anche le opere di Gesù sono opere del Padre. Basta vedere Cristo e si è dinanzi alla presenza del Padre. Questo mistero di unità, perfettissima comunione si compie solo in Cristo Gesù. Nessun altro uomo realizza questa unità. Neanche la potrebbe realizzare, perché ogni altro uomo è semplicemente un uomo. Cristo è Dio nella sua natura e Persona. Lui è Persona divina della stessa sostanza del Padre. Non due sostanze, ma una sola. Non una sola Persona, ma due: il Padre e il Figlio che vivono in unità eterna con lo Spirito Santo, la Terza Persona della Beata ed unica Trinità.
Gesù vuole che la stessa unità, comunione, obbedienza, carità, ascolto che vi è tra Lui e il Padre vi sia anche tra i Discepoli e Lui. Lui è la voce del Padre sulla nostra terra. Loro dovranno essere la voce di Gesù. Lui è l'opera del Padre in mezzo al suo popolo. Loro dovranno essere l'opera di Gesù nel mondo intero. Lui vive di totale obbedienza al Padre suo. Anche loro devono vivere di piena e perfetta obbedienza a Gesù Signore. Questa unità e comunione sarà vera se loro con Gesù formeranno un solo corpo. Non due corpi, ma uno solo. Formeranno un solo corpo se si lasceranno trasformare da Cristo e rivestiranno la sua santità, che è obbedienza ad ogni suo volere e compimento di ogni sua Parola. Trasformandosi in Parola vivente di Gesù, loro realizzeranno quest'unità e compiranno le stesse opere di Gesù.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci una cosa sola con Gesù.
Spunti si riflessione:

- Quali tracce del volto di Dio Padre, rivelato da Gesù, traspaiono in questi dodici versetti?
- Cosa ci rivela questo brano del vangelo sul rapporto di Gesù con il Padre?
- Che cosa questi versetti ci dicono sul nostro rapporto con Gesù e con il Padre?
- Quali sono "le opere maggiori"che potremo realizzare secondo le parole di Gesù?
- Gesù disse: "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti". Cosa significano queste affermazioni per noi oggi?
- Quale problema o desiderio traspare nelle domande di Tommaso e di Filippo?
- Cristo è la via, la verità la vita. Cerco altre vie per la mia realizzazione? Affido al Signore la mia vita nella certezza che lui solo è la pienezza di vita per me?