III DOMENICA DEL TEMPO AVVENTO (B)

III DOMENICA DEL TEMPO AVVENTO (B)
Is 6, 1 – 2.10 – 11 ; Da Lc 1,46-50.53-54 ; 1Ts 5, 16 - 24
GV 1,6-8.19-28
TEMA: Conversione

• Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Viene qui precisato il ruolo di Giovanni il Battista nei confronti del Verbo: egli è uomo mandato da Dio; il suo è pertanto vero ministero profetico. Lui è vero uomo di Dio, con una missione particolare, definita nel tempo e nei contenuti.

• Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli è testimone; deve rendere testimonianza alla luce che splende nel mondo. Lui deve condurre i suoi contemporanei alla fede nella Luce che brilla nelle tenebre.
In questo versetto è da precisare che il Verbo è considerato come presente nel mondo già con la sua carne. Siamo pertanto nella storia. Giovanni deve indicare presente nel mondo il Verbo fattosi carne e aiutare la fede dei suoi contemporanei. Questa la sua missione. Egli è pertanto in funzione della Luce e della fede nella Luce. Una volta manifestata la luce e creata la fede in essa, egli finisce e scompare, termina la sua missione e la sua vita.
Le opere di Dio sono tutte perfette. Egli sa chi, come e in quale tempo suscitare e nel tempo dona anche la durata. Poi il mistero di salvezza deve continuare attraverso Colui che gli deve dare compimento e perfezione. Nella storia della salvezza si entra in un tempo preciso e bisogna anche uscire in un tempo preciso. La grandezza dell’uomo di Dio sta appunto in questo: sapere cosa fare, quando farlo, come farlo e quando finisce il tempo di farlo, perché bisogna lasciare spazio al mistero che deve essere portato innanzi, continuato da altri, da quanti il Signore sceglierà perché lo portino a compimento nella storia.

• Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Viene ancora una volta precisato che Giovanni non era la luce; egli è solo testimone della luce.
Ci si chiede perché questa puntualizzazione. Il motivo è assai semplice. Nessuna confusione deve regnare tra Cristo e gli altri. Solo Cristo è la luce; gli altri non sono la luce; solo Cristo è la vita, gli altri non sono la vita. Questo dovrebbe farci riflettere sul ruolo delle religioni nei confronti di Gesù. Nessuna religione è la luce e la vita; se esse hanno una funzione, essa consiste precisamente nell’indicare e nel rendere testimonianza alla luce e alla vita. Ogni religione leggendo se stessa sotto i fari della luce e della vita che è il Verbo di Dio dovrebbe confessare la sua povertà e indirizzare alla luce vera e alla vita vera.
Questo non si fa; neanche si aiuta a che questo possa accadere. Non si aiuta perché la luce e la vita da Cristo sono passati ai suoi discepoli e se questi realmente non sono luce e non sono vita, il mondo non le vede, perché essi non splendono come luce, non illuminano come vita nuova. In questo sta la responsabilità cristiana; in certo senso è anche lo scandalo. Ma anche se lo scandalo cristiano non esistesse, ci sarebbe sempre quel rifiuto, quella non accoglienza da parte delle tenebre.
Questo deve anche convincerci che il ruolo del cristiano nel mondo deve essere e rimanere uno solo: lo stesso che fu di Cristo. Brillare nel mondo come vera luce e vera vita, splendere e illuminare della verità che discende da Dio, ma splendere e illuminare come Cristo con la propria vita che era tutta una manifestazione, una epifania della luce eterna attraverso la sua carne.

• Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: « Tu chi sei? ».
In questi primi capitoli si insiste nel presentare la figura di Giovanni. Poi egli scompare dalla scena, il posto deve essere tutto per Gesù. Presentato Gesù e fatto conoscere al mondo, Giovanni sparisce e di lui non si dice più nulla, né come è morto, né quando. La morte di Giovanni diviene per l’Evangelista un fatto privato, e tale lo fa rimanere, perché nulla venga tolto alla persona, alla missione e all’opera di salvezza di Gesù Signore.
Poiché Giovanni battezzava e predicava e il popolo lo credeva come vero profeta, vero uomo di Dio, i Giudei vogliono sapere chi in realtà egli sia e per questo mandano dei sacerdoti e dei leviti ad interrogarlo. La domanda è assai precisa, netta: “Chi sei tu?”. Indipendentemente dai loro ragionamenti tortuosi e ambigui, al di là di una loro possibile conversione o non conversione alla manifestazione della sua identità ed anche di Colui che già era presente ma ancora non conosciuto, interessa qui mettere in evidenza chi Giovanni non è, chi invece è Gesù. Letto così il passo si riveste di un significato tutto cristologico e viene salvato dalla mera curiosità, interessata o meno, dei Giudei.

• Egli confessò e non negò. Confessò: « lo non sono il Cristo ».
La prima affermazione di Giovanni è tutta finalizzata all’affermazione di ciò che lui non è. Giovanni il Battista non è il Cristo, non è lui il Messia di Dio, il Salvatore del mondo.
Anche in questa risposta, in apparenza così semplice, Giovanni il Battista sa vedersi e si vede in funzione di Cristo, del Messia di Dio. Poiché la sua missione era e consisteva proprio nell’annunziare e nel manifestare Gesù, qui egli lo fa in un modo indiretto. Voi cercate il Messia; io non sono il Messia che voi cercate. Direttamente dice chi lui non è, indirettamente dice chi lui è, manifesta e indirizza altrove l’indagine. Se loro veramente cercano il Messia, devono cercarlo altrove, perché lui non è il Messa di Dio, lui non è il Cristo, l’unto del Signore.

• Allora gli chiesero: « Che sei dunque? Sei tu Elia? ». « Non lo sono » disse. « Sei tu il profeta? ». « No » rispose.
Giovanni non è Elia. Ognuno nell’economia della salvezza è se stesso, mai potrà essere un altro, anche se a volte potrebbe essere rivestito della stessa missione e della stessa forza. Giovanni ha lo spirito di fortezza di Elia, ma non è Elia. La sua missione è differente, diversa.
Giovanni non è neanche il profeta che doveva venire, quello promesso da Dio a Mosè. Il profeta atteso sarebbe stato pari a Mosè, e avrebbe dovuto essere ascoltato da tutto il popolo. Giovanni è altra persona.
È giusto insistere sull’identità personale di ognuno dinanzi a Dio. Sapere chi si è, cosa si è stati incaricati di fare, il tempo e la durata della missione, il luogo ove svolgerla è essenziale nel mistero della salvezza. Sapere che si è unici dinanzi a Dio anche questo dona significato alla nostra missione, perché dà risalto e importanza alle altre missioni.

• Gli dissero allora: « Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso? » . Rispose:
I giudei che lo interrogano non si accontentano di sapere chi Giovanni non è. Essi vogliono sapere chi in verità egli sia. Lui ha suscitato un movimento di ascolto, di conversione, le autorità sono inquiete, non sanno cosa pensare, come comportarsi. Da qui la loro insistenza. Devono pur dare una risposta a quanti li hanno inviati.
Ancora non è palesemente manifesta l’opposizione delle autorità; Giovanni in fondo è semplicemente un profeta; egli predica la conversione al popolo; un po’ di conversione fa anche bene. Non fa bene sfidare il potere religioso, o creargli dei fastidi, farlo passare come un potere senza potere. Ma non è questa la missione di Giovanni e quindi i Giudei lo lasciano fare. Tuttavia sono curiosi, ma anche attenti e vigilanti. Se un qualcosa dovesse insorgere e intaccare la loro autorità, allora senz’altro essi sarebbero intervenuti. Con Giovanni possono rilassarsi. La sua predicazione è rivolta al popolo, non a loro direttamente; è rivolta a quanti andavano per ascoltarlo e i capi difficilmente sarebbero andati da lui, mai si sarebbero sottomessi alla sua predicazione. Loro non avevano bisogno né della sua parola, né del suo invito alla conversione.

• «lo sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
Giovanni si riconosce profeta dell’Altissimo. Si dichiara voce di uno che grida nel deserto.
La sua missione è quella di preparare la via al Signore che sta per venire. In senso storico l’affermazione di Giovanni è da intendersi come invito alla conversione, a ritornare al Signore, a cambiare vita. Questo invito sempre era rivolto dai profeti al popolo di Dio.
In senso stretto invece le parole di Giovanni, tratte dal profeta Isaia, hanno un significato di compimento, di verità, di realtà già presente ed operante. Egli deve preparare la via al Signore che sta per venire, che è già venuto, che è in mezzo a loro e che lui deve far conoscere, deve rivelare.

• Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: « Perché dunque tu battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? ».
I farisei, pensando di trovarsi di fronte ad un “semplice” uomo di Dio, che si era presa un’autorità che non gli competeva - lui infatti non era né il Cristo, l’Unto del Signore atteso, né Elia, che avrebbe dovuto annunziare l’imminente venuta del Messia di Dio, né tanto meno il profeta promesso a Mosè - apertamente gli dicono che non ha alcun diritto di battezzare.
Sempre l’uomo commette questo errore. Invece di guardare all’opera e alla verità di essa, anziché considerare ed esaminare le parole che vengono dette e perché vengono dette, egli fa sempre una questione di autorità, come se la verità fosse semplicemente legata all’autorità. Tra autorità e verità c’è un abisso; l’autorità non è sinonimo di verità, né tanto meno ha il carisma della verità (nella Chiesa cattolica autorità e verità si identificano nel Sommo Pontefice e nel Collegio dei Vescovi in comunione e sotto l’autorità del Sommo Pontefice secondo l’insegnamento della Lumen Gentium e della dichiarazione della Nota previa dello stesso documento).
Negli altri casi l’autorità e la verità non coincidono per istituzione, coincidono per santità, poiché la verità è il frutto dello Spirito che abita nel cuore che cerca Dio e lo segue con assoluta fedeltà. Ciò significa che ogni uomo deve essere attento alla voce dello Spirito che parla attraverso chi gli è fedele e si lascia modellare da lui; significa anche tanta umiltà nell’uomo da poter sempre riconoscere la voce dello Spirito ovunque egli si manifesta ed è all’opera.
Riconoscere la voce dello Spirito implica e richiede cammino e progresso nella grazia santificante; domanda volontà ferma e risoluta di ricercare il Signore ovunque egli rivela la sua volontà e secondo le modalità della rivelazione. Giovanni è profeta di verità, ma senza autorità in Israele; la sua autorità è la verità che egli annunzia. Poiché è senza autorità per i farisei, egli non può intraprendere vie nuove, indicare metodi e forme di conversione. Questo l’errore dell’uomo, questa la mortale confusione, questo anche il freno che la storia pone allo Spirito, il quale sovente parla, parla più di quanto noi osiamo immaginare e tuttavia l’uomo non lo ascolta perché non è sufficientemente umile da accogliere la sua voce anche da un uomo senza autorità, da una creatura senza istruzione o senza posto di potere tra coloro che si sono impadroniti del sacro e pensano di poterlo manovrare a loro piacimento, a loro uso e consumo.

• Giovanni rispose loro: « lo battezzo nell’ acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non son degno di slegare il legaccio del sandalo ».
La risposta di Giovanni è chiarissima e distintissima. Egli battezza, ma il suo è semplicemente un battesimo di acqua, è solo un segno di conversione. La sua acqua purifica il corpo di quanti si sottomettono al suo rito, come segno di una purificazione interiore avvenuta attraverso la conversione. Nulla di più; se qualcosa avviene nel cuore avviene perché c’è volontà di ravvedimento, c’è desiderio di cambiare vita ed è per questa volontà e per questo desiderio che l’uomo viene purificato dal suo peccato e immesso in un cammino nuovo di vita secondo giustizia e verità.
In mezzo a loro c’è Colui che essi cercano, ma loro non lo conoscono, non sanno chi esso sia. Egli è dopo di Giovanni, temporalmente, non per dignità o per eternità; per dignità e per eternità, per nascita dall’alto egli è assai prima. Ebbene, quest’uomo che voi attendete, che voi non conoscete, è talmente grande che io, che sono ritenuto grande dal popolo, non sono neanche degno di sciogliere il legaccio del sandalo.
Giovanni non si reputa degno neanche della dignità di servo, poiché erano i servi che scioglievano i legacci dei sandali. In questa sua affermazione non bisogna vedere semplicemente un gesto profondissimo di umiltà; c’è più che umiltà in Giovanni, in lui c’è il senso della verità e la verità che separa lui da Gesù è infinita, come è infinito il Verbo che si è fatto carne. Giovanni vede la carne, ma considera il Verbo della Vita e dinanzi al Verbo della Vita egli vede il suo Signore e Dio e quindi egli non degno di sciogliere a Dio il legaccio del sandalo.
Quella di Giovanni è vera, autentica, reale confessione di fede, è purissimo attestato di una cristologia che già vede nella Persona di Gesù il suo mistero eterno.

• Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Viene qui precisato il luogo, ove i farisei lo interrogarono. Siamo in Betània, al di là del Giordano. Siamo relativamente vicino a Gerusalemme. Viene anche specificato cosa stesse facendo Giovanni quando lo interrogarono: egli era lì per battezzare ed anche per predicare. Predicava e battezzava.
A lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo (M. Costantino di Bruno)
Giovanni non è il Cristo. Il Cristo è l'unto del Signore. L'unto di Spirito Santo, secondo la profezia di Isaia: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi" (Cfr. Is 11,1-9). Giovanni non è Elia. Elia è il profeta forte, risoluto, fermo nella fede. È il combattente delle battaglie di Dio contro ogni idolatria ed empietà. Malachia annunzia la sua venuta: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio" (Mal 3,23-24). Giovanni non è il profeta, Colui che il Signore avrebbe mandato un giorno e che sarebbe stato in tutto simile a Mosè: "Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: "Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia". Il Signore mi rispose: "Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò" (Dt 18,15-22).
Giovanni è voce di uno che grida nel deserto. La profezia questo annunzia: "Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Cfr. Is 40, 3-11).
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Se Giovanni ha suscitato tanto clamore e lui è solo voce che prepara la via al Signore, cosa sarà il Signore che sta per venire, che è già in mezzo a loro? Se Lui, che appare agli occhi del mondo così grande da essere creduto Messia del Signore, non è neanche degno di slegare il laccio del sandalo a colui che viene dopo, cioè al Messia di Dio, quanto divinamente e umanamente grande sarà il Servo del Signore? È giusto che fin d'ora tutti sappiano che dinanzi al Signore che viene lui è pallidissima figura.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità su Gesù.
Spunti di riflessione:
- Quale punto ha richiamato di più la mia attenzione e che più mi piace nell’atteggiamento di Giovanni?
- Tre volte Giovanni definisce se stesso con affermazione negativa: non sono il Messia, non sono Elia, non sono il Profeta. Queste tre negazioni, che cosa affermano sulla persona di Giovanni?
- Usando una frase dell’Antico Testamento per dire chi egli è, Giovanni devia l’attenzione da se stesso su Gesù. Che cosa ci dice questo su Giovanni e su Gesù? Che cosa afferma Giovanni sul battesimo? Come si distingue il battesimo di Giovanni dal battesimo di Gesù?
- Perché mai Gesù disse: Giovanni è il più grande, ma il più piccolo del Regno è più grande di lui?
- Come tutto questo può aiutarci a preparare la festa del Natale?
- Usciamo dai nostri “nascondigli” per lasciarci illuminare dalla Luce del natale per poter rinascere da Dio e, diventare figli nel Figlio, come vivere ogni giorno il Natale?
- La missione di Giovanni può essere un simbolo di quella di ogni cristiano: non prendere il posto di Gesù, ma passare la vita aprendogli il cammino, aprendo il cammino alla sua causa, il Regno. Sono un buon precursore del Regno, che Gesù annunciò? Spiano montagne, riempio profondità, apro cammini?