SECONDA DOMENICA DI NATALE (B)

SECONDA DOMENICA DI NATALE (B)
Sir 24, 1 – 4. 12– 16; Salmo 147 (148) ; Ef 1, 3 – 6.15 – 18
GV 1, 1 – 18
TEMA: Incarnazione - Sapienza

• In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Da sempre la Chiesa si interroga chi è Gesù, non solo per se stessa, ma per l'umanità intera. Giovanni, l'Evangelista, ha dato la risposta, per tutti i tempi, per ogni uomo, per ogni cultura, per i secoli eterni. Gesù è il Logos, Colui che è presso Dio, che è da principio, che da principio è Dio. La divinità appartiene a Gesù più che l'umanità all'uomo; mentre all'uomo l'umanità appartiene per creazione da Dio, per un atto che è, sì, in Dio ma che si compie fuori di Lui; per ogni uomo c'è prima la non esistenza, poi nel tempo comincia ad esistere; esiste però non all'inizio, o prima, ma durante il tempo; per il Logos invece l'esistenza è per generazione, da Dio, ma è una generazione che rimane in Dio, poiché da Dio è generata la Persona, la natura è la stessa, l'unica, la sola, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. È una generazione eterna, cioè senza principio e senza fine temporali; è con principio eterno, cioè da sempre e per sempre. In principio, cioè da quando Dio esiste ed Egli esiste da sempre, Dio esiste come Padre, come Verbo, come Spirito Santo. Il Verbo, o Sapienza, o Parola, è da sempre e per sempre, in principio; ma egli non esiste se non in Dio, non esiste se non come Dio. Il Verbo è da sempre in Dio, ma Dio lui stesso. Egli da sempre è Dio, ma esiste come Verbo, come Sapienza di Dio, ma come sapienza esiste presso Dio, in Dio, ma in Dio o presso Dio egli esiste come Dio, non come un suo attributo, o una manifestazione della divinità del Padre. È già chiara la duplice esistenza personale di Dio e del Verbo, Dio è il Padre, il Verbo ancora non è stato rivelato come Figlio; ben presto verrà rivelato come Figlio unigenito del Padre. Per il momento interessa chiarire la sua eternità, la sua divinità, la sua distinzione dal Padre, ma anche il suo essere pienamente nel Padre.
• Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste.
La preesistenza del Verbo come Persona distinta da Dio, ma presso Dio e in Dio, viene nuovamente riaffermata. Essa è la prima verità, la verità delle verità, che rende vero tutto quanto verrà esposto su Gesù. Se il Verbo non fosse Persona, non fosse in Dio e presso Dio, non fosse distinto da Dio come Persona, tutto quanto verrà detto di Lui, sarebbe semplicemente vano. La fede in Gesù è fede in questa verità; chi dovesse negarla, negherebbe tutto il mistero di Gesù e quindi il mistero di Dio. Dio è Padre; ma anche Dio è Verbo; Dio è Spirito Santo, nell’unica natura divina. Il Verbo non può essere se non presso Dio, in Dio; ma non può essere che Dio. La seconda verità ci porta all’interno della creazione. Il Verbo non è creazione di Dio; Egli è il mediatore della creazione di Dio. Il Padre ha fatto ogni cosa per mezzo di Lui; niente di ciò che esiste è stato fatto senza di Lui. Cade con questa duplice verità ogni teoria che pensa, ha pensato, penserà il Verbo all’interno della creazione. Egli è fuori, lontanamente fuori, perché egli è principio inprincipiato della creazione, mediatore di essa e in tal senso egli ne è l’artefice. Questa verità ne richiama un’altra. Se la creazione è stata fatta per mezzo del Verbo, o della Sapienza eterna - poiché il Verbo è Sapienza Eterna generata dal Padre e sussistente in quanto Persona - ogni cosa creata porta l’impronta della Saggezza divina, del Verbo Saggezza Eterna. Niente nella creazione sopporta il caso, il disordine, l’incongruenza, la fatalità, nulla tollera il caos morale, spirituale, fisico, metafisico. Se il Verbo è il mediatore di tutto e tutto porta la sua impronta, è partendo da Lui che tutto si può comprendere, dalla sua Saggezza, dalla sua Eterna Sapienza. Quanti non sono in Cristo, quanti non sono uniti alla sua Verità, non conoscono, ignorano l’eterna saggezza che aleggia nelle creature, non sanno il fine di esse, né lo scopo della loro esistenza, e non conoscendo e ignorando, anche l’uso che se ne fa è un uso distorto, sbagliato, un uso senza saggezza, senza verità, senza sapienza. Il Verbo è necessario all’uomo non solo per avere la salvezza, ma anche per conoscere il Creatore, per sapere chi è l’uomo, perché è stato fatto, qual è il fine insito nella sua natura, ma anche qual è la legge che lo governa, quale l’interiore saggezza che lo muove, quale la verità della sua vita, perché esiste e come deve condurre la sua esistenza, ma anche quando essa inizia, quando finisce, se finisce, e dove termina. Nel Verbo l’uomo diviene razionale; senza del Verbo è illogico, irrazionale, superficiale, astratto, immediato, perché non conosce l’intima essenza di sé e del creato nel quale è stato posto a vivere dal Verbo di Dio. Questa verità è talmente vera, che la storia attesta e manifesta la stoltezza perenne nel quale l’uomo conduce la sua vita senza Cristo. In fondo le opere dell’uomo, anche se apparentemente sembrano essere dotate di saggezza, altro non fanno che rivelare la loro interiore stoltezza, a causa dell’uso stolto che di esse viene perennemente fatto e perché sovente create anche per un fine di stoltezza. Su questo bisognerebbe riflettere e meditare; solo così si potrà aiutare l’uomo ad uscire dalla sua stoltezza ed entrare nella Sapienza Eterna del Verbo che è in Dio e presso Dio, Dio lui stesso.
• In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
Il Verbo per l'intera Creazione, ma anche per la non Creazione, cioè per Dio stesso, è la Vita, la sua Vita; Dio è Vita perché dona la Vita e la Vita la dona Eternamente al Figlio; Dio è Amore perché eternamente ama il Figlio e questo Amore e questa vita donata al Figlio ritorna a Lui come Vita e come Amore nello Spirito Santo che è la terza Persona della Santissima Trinità. Quanto avviene all'interno di Dio si protrae per creazione all'esterno di Lui. La vita e l'amore per creazione attraverso il Verbo e lo Spirito si riflettono su ogni creatura, specie nell'uomo, il quale può rimanere in vita, può amare, solo se avviene in lui lo stesso movimento di vita e di amore che è in Dio, solo se c'è questo riflesso di ritorno di amore e di vita attraverso il Verbo e lo Spirito verso il Padre Celeste. Ma l'uomo perdette la sua vita, bisogna ridargliela e chi può dare la vita se non colui che all'interno di Dio è la vita? Chi può operare il ritorno della vita in Dio se non colui che in Dio è il principio del ritorno dell'amore e della vita nel Padre? Il Verbo viene nel mondo, viene come vita, dall'alto della croce la effonde come dono di grazia, la effonde attraverso il suo Santo Spirito, colui che deve creare la vita nel cuore, ma anche colui che deve far sì che vi sia il movimento di ritorno della nostra vita, della vita ricevuta, verso il Padre, perché da questo movimento di accoglienza e di ritorno della vita in Dio, l'uomo entri nel possesso eterno della vita e in essa cresca fino alla sua maturazione, fino alla perfezione, che è la perfetta e totale accoglienza della vita, di tutta la vita, ed il suo ritorno al Padre dei cieli, in un rendimento di gloria e di benedizione. Questa è la ragione eterna per cui Gesù è l'unico salvatore del mondo; Lui è l'unico, il solo che possiede la vita, è l'unico ed il solo che consente a Dio di vivere in un movimento di generazione e di amore. Senza il Verbo anche Dio sarebbe senza vita e senza amore, Dio mancherebbe all'interno di sé del principio eterno dell'amore e della vita. Questa l'eterna essenza del Verbo. Non solo il Verbo è il mediatore nella creazione di Dio; della creazione egli è la vita. Questa affermazione riguarda non tanto la Redenzione, quanto la stessa creazione. Prima che il mondo fosse il Verbo era la vita; quando Dio volle creare il mondo attraverso di Lui, per suo mezzo, il Verbo è già la vita del mondo. La vita dell’universo creato è partecipazione, per creazione, della vita che è l’essenza stessa del Verbo. Fuori del Verbo non c’è vita ed ogni vita bisogna attingerla nel Verbo, poiché essa è solo in Lui. Chi se ne distacca, chi lo ignora, chi lo rinnega, chi lo rifiuta, chi se ne sta fuori, non riceve la vita, rimane nella non vita e la non vita è semplicemente morte. Il Verbo è necessario all’uomo, più che l’aria, più che l’acqua, più che il fuoco, più che il sole, più che il vento, più che lo stesso pane. Senza tutti questi elementi non c’è Vita sulla terra; ma senza questi elementi l’uomo potrebbe trovare una qualche forma di vita, anche se assai piccola, o insignificante, senza il Verbo c’è semplicemente il nulla per l’uomo, la non esistenza, l’insipienza, il caos, la morte. Ogni giorno la storia testimonia la non vita di quanti sono lontani dal Verbo, e non importa per qual motivo si è lontani da Lui. La vita si manifesta come luce. La luce è uno dei simboli portanti della struttura del 4° Vangelo. Cosa è esattamente la luce e perché essa è sinonimo di vita? Perché la vita è la luce degli uomini? La luce è la prima creatura di Dio, la prima opera del Verbo-Luce. Vita e Luce sono una unica realtà, poiché la vita è luce e la luce è vita. Dio è luce eterna e questa luce eterna è vita. La luce è anche la volontà di Dio manifestata e nella volontà di Dio manifestata è la vita. La vita è nella Sapienza e la Sapienza è la vita degli uomini. Tutto ciò che nell’Antico Testamento era significato nella legge, nella sapienza, nei comandamenti è solo figura della nuova realtà che è il Verbo eterno. È Lui la Sapienza, Lui è la Parola del Padre, Lui la sua Volontà manifestata e portata a compimento nella perfezione, Lui è la Vita divina che deve illuminare ogni uomo. Egli è tutto questo come Verbo, prima della Creazione del mondo, durante la creazione e in essa. Ancora una volta viene messo in evidenza come tutto il creato abbia bisogno del Verbo per esistere, per possedere la vita, poiché ogni vita è manifestazione per creazione della sua essenza eterna. Il Verbo è la Vita del Padre; senza il Verbo il Padre sarebbe senza vita, poiché non avrebbe in sé la capacità e la forza dell’autodonazione, che pur rimanendo nella sua natura e mai uscendo da essa, è quella generazione eterna, nell’oggi, che fa sì che il Padre sia Padre perché ha donato la Vita al Figlio e il Figlio sia Figlio perché ha ricevuto la vita dal Padre. Poiché il Verbo è la vita del Padre, egli presso Dio è anche la vita del mondo. Ogni vita, fuori di Dio, nell’universo intero, è partecipazione per il Figlio e nel Figlio, per creazione, della vita che il Padre ha dato a Lui.
• la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta.
Con queste parole si lascia l’eternità, l’essenza eterna del Verbo, che è vita degli uomini ed è luce, e si entra nella storia. La prima verità della storia è: Il Verbo, luce e vita degli uomini, splende nelle tenebre. Le tenebre sono il mondo, inteso come male, come emancipazione morale da Dio. Poiché solo nel Verbo eterno del Padre è la luce e la vita, nel momento in cui il mondo ha deciso e decide di stare lontano da Dio, immediatamente precipita nelle tenebre e nella morte. Se la vita e la luce non vengono attinte nel Verbo, non c’è nessun altro che possa darle. Lui solo è la Vita e la Luce. La seconda verità sancisce la tremenda e triste realtà nella quale noi viviamo: la luce splende, ma le tenebre non l’hanno accolta. L’hanno rifiutata, non sanno cosa farsene.
Questa affermazione è assai grave, pesante. Essa dice tutta la realtà nella quale ogni giorno ci troviamo ad esistere e cioè in un mondo in cui regnano le tenebre. Ma le tenebre regnano non perché la luce non sia capace di diradarle, ma perché le tenebre preferiscono rimanere tali, perché non vogliono accogliere la luce. Da ciò deriva che il male del mondo, ogni male è un rifiuto di luce, una non accoglienza, ma anche che il male è solo frutto della volontà dell’uomo.
C’è nel mondo la possibilità reale di sconfiggere le tenebre e quindi la non vita, che è morte e devastazione, sofferenza e dolore, mostruosità e nefandezze di ogni genere. Tutto questo impero di tenebre può essere sconfitto, lo sarà se l’uomo accoglierà la luce che è il Verbo eterno del Padre. Questa la verità sull’esistenza umana, questa la nostra vera storia. Possiamo, ma non vogliamo, non volendo neanche possiamo; di questo siamo responsabili perché abbiamo chi può e vuole essere nostra luce e nostra vita.

• Venne un uomo mandato da Dio : il suo nome era Giovanni.
Viene qui precisato il ruolo di Giovanni il Battista nei confronti del Verbo: egli è uomo mandato da Dio; il suo è pertanto vero ministero profetico. Lui è vero uomo di Dio, con una missione particolare, definita nel tempo e nei contenuti.

• Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli è testimone; deve rendere testimonianza alla luce che splende nel mondo. Lui deve condurre i suoi contemporanei alla fede nella Luce che brilla nelle tenebre.
In questo versetto è da precisare che il Verbo è considerato come presente nel mondo già con la sua carne. Siamo pertanto nella storia. Giovanni deve indicare presente nel mondo il Verbo fattosi carne e aiutare la fede dei suoi contemporanei. Questa la sua missione. Egli è pertanto in funzione della Luce e della fede nella Luce. Una volta manifestata la luce e creata la fede in essa, egli finisce e scompare, termina la sua missione e la sua vita.
Le opere di Dio sono tutte perfette. Egli sa chi, come e in quale tempo suscitare e nel tempo dona anche la durata. Poi il mistero di salvezza deve continuare attraverso Colui che gli deve dare compimento e perfezione. Nella storia della salvezza si entra in un tempo preciso e bisogna anche uscire in un tempo preciso. La grandezza dell’uomo di Dio sta appunto in questo: sapere cosa fare, quando farlo, come farlo e quando finisce il tempo di farlo, perché bisogna lasciare spazio al mistero che deve essere portato innanzi, continuato da altri, da quanti il Signore sceglierà perché lo portino a compimento nella storia.

• Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Viene ancora una volta precisato che Giovanni non era la luce; egli è solo testimone della luce.
Ci si chiede perché questa puntualizzazione. Il motivo è assai semplice. Nessuna confusione deve regnare tra Cristo e gli altri. Solo Cristo è la luce; gli altri non sono la luce; solo Cristo è la vita, gli altri non sono la vita. Questo dovrebbe farci riflettere sul ruolo delle religioni nei confronti di Gesù. Nessuna religione è la luce e la vita; se esse hanno una funzione, essa consiste precisamente nell’indicare e nel rendere testimonianza alla luce e alla vita. Ogni religione leggendo se stessa sotto i fari della luce e della vita che è il Verbo di Dio dovrebbe confessare la sua povertà e indirizzare alla luce vera e alla vita vera.
Questo non si fa; neanche si aiuta a che questo possa accadere. Non si aiuta perché la luce e la vita da Cristo sono passati ai suoi discepoli e se questi realmente non sono luce e non sono vita, il mondo non le vede, perché essi non splendono come luce, non illuminano come vita nuova. In questo sta la responsabilità cristiana; in certo senso è anche lo scandalo. Ma anche se lo scandalo cristiano non esistesse, ci sarebbe sempre quel rifiuto, quella non accoglienza da parte delle tenebre.
Questo deve anche convincerci che il ruolo del cristiano nel mondo deve essere e rimanere uno solo: lo stesso che fu di Cristo. Brillare nel mondo come vera luce e vera vita, splendere e illuminare della verità che discende da Dio, ma splendere e illuminare come Cristo con la propria vita che era tutta una manifestazione, una epifania della luce eterna attraverso la sua carne.

• Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
L’eternità si fa storia, la luce si fa carne. È questa la venuta di cui si parla. La luce è vera; essa illumina ogni uomo. Da precisare ancora una volta che la luce vera illumina ogni uomo in quanto Verbo, in quanto Sapienza, in quanto Vita del Padre e questo vale per tutta la storia e tutta la creazione, prima e dopo l’incarnazione.

• Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Siamo nella creazione; la presenza del Verbo è operante dal primo istante; il mondo fu fatto per mezzo di lui. Da precisare in questo versetto che chi non riconosce la luce, o il Verbo, è il mondo. Il mondo diviene pertanto sinonimo di tenebre. Tenebre e mondo sono la stessa cosa. Il mondo è tenebra non perché così è stato fatto da Dio, ma perché così esso ha voluto farsi e si è fatto a causa della ribellione e dell’insubordinazione al suo Creatore e Signore. Ancora una volta viene messo in chiaro il rapporto che c’è tra il Verbo e il mondo: rapporto di artefice ed opera; ma anche il rapporto che c’è tra il mondo e il Verbo: l’opera rifiuta e non riconosce il suo Artefice, il suo Autore. Ieri, oggi, domani.
• Venne fra i suoi, e i suoi non l'hanno accolto.
Anche il popolo del Signore, che lo attendeva da secoli non lo ha accolto. Non lo ha accolto perché non lo ha riconosciuto. Per il Verbo, per la Luce, per la Vita non c’è posto né nel mondo, né tra i suoi; c’è questo rifiuto e questa non accoglienza, questa non conoscenza che porterà il Verbo di Dio sulla croce. La croce è la manifestazione del rifiuto del mondo e dei suoi.
• A quanti però l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
Dinanzi al Verbo che viene ognuno è chiamato personalmente ad assumersi la propria responsabilità. L’accoglienza è della persona, non è della famiglia, non della tribù, né del casato, né tanto meno del popolo o della nazione. Coloro che l’accolgono divengono la nuova famiglia di Dio, perché il Verbo a costoro ha dato il potere di diventare figli di Dio. Con la fede nel nome di Gesù si esce dal mondo e si entra nella famiglia di Dio, si entra a far parte dei suoi figli. Trattasi di vera e propria figliolanza, che non è per generazione, ma per adozione, ma è vera e propria figliolanza. Dio ci accoglie come suoi veri figli e ci rende partecipi dei suoi beni eterni, oltre che del dono della sua Paternità. Si diventa figli di Dio per la fede e si rimane tali finché si rimane nella fede nel nome di Gesù; non appena si esce dalla fede in Lui, si perde nuovamente la figliolanza e si ritorna nelle tenebre, nel mondo. È la fede che ci conserva nella figliolanza, se questa si perde, se il Verbo non si accoglie, anche se si è diventati sacramentalmente figli di Dio, questo non giova a nulla per quanto concerne i beni futuri e i frutti nel tempo presente che Dio elargisce a quanti credono nel nome del Verbo. Da qui l’impegno personale di rimanere nella fede, di conservarla, di professarla, di operare in conformità ad essa e questo impegno è della persona e sulla persona bisogna fare leva, perché metta tutto il suo impegno a che ogni suo pensiero, opera, riflessione, azione sia sempre frutto e manifestazione dell’accoglienza del Verbo e della fede nel suo nome. Poiché l’accoglienza del Verbo è necessariamente accoglienza della sua essenza divina, che è Sapienza, Parola di Verità, colui che accoglie e che crede, accoglie la Parola e crede in essa, facendola diventare vita della sua vita ed essenza della sua essenza.
• i quali, non da sangue, né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Con questo versetto si rompe definitivamente con il passato e si inizia il nuovo cammino della fede. La generazione è da Dio e si compie mediante l’accoglienza del Verbo, per la fede nel suo nome. Notare come vengono esclusi in questo processo di nuova nascita il sangue, la carne e l’uomo; costoro non hanno alcun potere in ordine alla nuova nascita dall’alto, da Dio, costoro sono come inesistenti. Questo deve volere significare come il nuovo essere è solo frutto della fede e mangia questo frutto e di esso di nutre solo colui che è stato generato da Dio. Al momento di questa nuova generazione avviene come un allontanamento, una separazione, una scissione con il mondo circostante; c’è l’abisso della fede e il suo frutto che divide e separa; ci si trova in due mondi differenti, ma anche opposti, inconciliabili; l’uno, chi crede, è nel mondo della luce e della vita, l’altro, chi non crede, nel mondo della non vita e delle tenebre. Questo non è manicheismo; è il modo di esistere dell’uomo sulla terra, ma anche nell’eternità, con una differenza; mentre oggi il passaggio dall’uno altro mondo è possibile e la via rimane la fede o la non fede nel nome di Gesù; nell’altro mondo viene definitivamente sancito, in eterno, senza alcuna reversibilità, lo stato di chi ha creduto e di chi non ha creduto, tra chi si è lasciato generare da Dio e in questa generazione è vissuto e chi ha conservato la generazione del sangue, della carne e dell’uomo o in essa è rimasto, o vi è ritornato, dopo essere stato generato da Dio. L’accoglienza del Verbo e la fede nel suo nome devono essere l’essenza dell’uomo nuovo, di quanti sono stati generati da Dio. Se da questa essenza si cade, rimane l’involucro cristiano, fatto di riti o di celebrazioni, anche sacramentali, ma questi non fanno la differenza tra chi crede e chi non crede; la differenza la fa l’accoglienza del Verbo come principio di vita e di luce e la fede nel suo nome, come rottura con lo spirito del mondo, del sangue, della carne, della volontà d’uomo.
• E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
Nella creazione Dio aveva fatto l’uomo a sua immagine, a sua somiglianza lo aveva creato. Tra Dio e l’uomo c’era sempre l’abisso creaturale. Dio era Dio, l’uomo era uomo, anche se portava scritta nel suo essere una certa impronta della divinità. Di questa creazione il Verbo era stato insieme l’artefice ed il mediatore ed ogni cosa creata rifletteva Lui, la sua Vita, la sua Luce, la sua Sapienza.
Ora l’abisso si colma, il distacco creaturale svanisce, il Verbo si fa, diviene carne. Dopo la creazione, la prima novità di Dio, l’incarnazione è la seconda novità, la terza è la risurrezione gloriosa, la quarta il dono dello Spirito Santo, la quinta novità è l’uomo che in Cristo, per mezzo dello Spirito, diviene dio per elezione, viene elevato alla dignità di figlio di Dio e in certo qual modo divinizzato. Nel Verbo che si fa carne l’umanità viene assunta e diviene parte costitutiva della Persona del Verbo, pur restando nella sua integrità e completezza di anima e di corpo. La teologia e la successiva riflessione diranno che nel Verbo, che è Persona e natura divina, la natura umana è in unione personale, volendo significare che ormai la Persona del Verbo che è preesistente all’incarnazione, adesso esiste ed esisterà in eterno come Verbo incarnato, come Verbo che si è fatto carne e in tal modo la natura umana è divenuta parte costitutiva, essenziale, connaturale di Dio. Come nel Verbo la natura divina gli è connaturale e il Verbo non esiste se non nell’unica natura divina, che è del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, così gli è connaturale la natura umana, che è sì singola, sua propria, ma è sempre la nostra natura umana. La natura umana è così connaturale a Dio, da potersi dire nel Verbo l’uomo è Dio e Dio è l’uomo, il vero uomo è il perfetto Dio e il vero Dio è il perfetto uomo. È nell’incarnazione il principio della salvezza, è in questa unità di Dio e dell’uomo la possibilità della Redenzione. Senza l’Incarnazione Dio sarebbe rimasto solamente Dio e l’uomo solamente uomo e quindi nessuna salvezza sarebbe stata possibile. Ora invece che Dio è l’uomo e l’uomo è Dio nell’unica Persona eterna del Verbo, la redenzione e la salvezza sono possibili, la natura umana può essere redenta, il mondo salvato, l’uomo elevato alla dignità di Figlio di Dio, nella natura umana di Gesù. Il Verbo che si fece carne, venne anche ad abitare in mezzo a noi. Già nell’Antico Testamento Dio aveva voluto abitare in mezzo al suo popolo. Nel deserto c’era la tenda del Convegno che era la dimora di Dio con gli uomini. Nel Regno fu costruito il Tempio di Gerusalemme che era il luogo della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Ma questa presenza era solo spirituale, nella carne il Verbo è presente invece di una presenza reale, poiché nella carne abita la pienezza della divinità, abita la Seconda Persona della Santissima Trinità; non solo vi abita, la carne è carne sua, gli appartiene come propria; ormai lui è carne e lo è in modo irreversibile; in eterno il Verbo abita nella carne, la carne è la sua tenda, la sua dimora, la sua natura, il suo essere. Questa è l’eccellente novità dell’Incarnazione.

• e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Questa grandezza vide Giovanni, videro gli Apostoli, vede la Chiesa guidata dallo Spirito; la sua è una gloria divina, è la gloria dell’essere egli stesso Dio. Viene ora specificata quale è la relazione tra il Padre e il Verbo. Questi è l’unigenito del Padre, quindi suo Figlio. Si è figli per generazione; nella generazione umana, il Padre dona la natura umana al figlio, la dona dalla sua natura, ma non gli dona tutta la sua natura, per cui tra il padre e il figlio vi sono due nature differenti, pur trattandosi di un’unica natura umana, concretamente padre e figlio vivono in due nature e in due persone differenti, distinte, separate. Il Verbo che è dalla stessa natura divina, come Persona è distinto e separato dal Padre, come natura invece la natura del Padre e la natura del Figlio è unica, la sola, la stessa che per il Padre è la medesima per il Figlio e per lo Spirito Santo. Questo è il dogma, la verità sulla Beata Trinità, nella quale le Tre Persone sono un’unica e sola sostanza o natura divina. Questo è il mistero dei misteri e qui la ragione umana si arrende, lascia il posto alla fede e alla celebrazione del mistero nella liturgia della lode e del ringraziamento. Il Verbo fattosi carne è pieno di grazia e di verità. Egli è la grazia e la verità; per ora è sufficiente affermare e ribadire quanto qui è detto. A suo tempo si comprenderà cosa sia esattamente la grazia e la verità che Gesù è venuto a riversare sulla terra. È in questa sua pienezza la redenzione del mondo, perché il mondo si salva se si lascia trasformare dalla grazia e dalla verità, di cui Gesù è pieno.
• Giovanni gli dà testimonianza e proclama: « Era lui che io dissi: Colui che viene dopo di me mi è avanti a me, perché era prima di me ».
Giovanni, uomo mandato da Dio per rendere testimonianza alla Luce, grida il suo primo annunzio: è Gesù l’uomo di cui egli aveva precedentemente parlato. E cosa aveva detto? Gesù, che storicamente viene dopo di Lui, per essenza, per natura, per missione è prima di lui, e quindi anche se temporalmente appare dopo di lui, gli è già passato avanti. Giovanni riconosce e testimonia che Gesù ha una origine ben diversa dalla sua; la sua è semplicemente una origine umana; Gesù invece ha una origine divina, celeste; egli è prima, ma il “prima” non è da intendersi solo temporalmente parlando, esso è un prima eterno. Gesù viene dall’Eternità; lui invece viene dal tempo. Questa la differenza tra lui e Gesù. Ma Gesù gli è passato avanti anche temporalmente, poiché si è compiuto per lui il tempo di presentarsi ad Israele e al mondo come il Messia di Dio e quindi necessariamente deve passare avanti a Giovanni, il quale deve rimanere colui che indica presente nel mondo Gesù come il suo Messia ed il suo Redentore.
• Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto : grazia su grazia.
Ancora una volta lo sguardo è rivolto in assoluto al Verbo incarnato e lo si vede come il datore della grazia; non solo, ma anche come l’autore della grazia che in lui abita in pienezza e questa grazia si riversa in modo sempre più abbondante e sempre più ricco. Grazia su grazia sta a significare che il Verbo vuole veramente arricchirci della sua pienezza e quindi riversa su quanti credono nel suo nome una abbondanza di grazia sempre nuova, sempre diversa, ma sempre piena. È per questa abbondanza che l’uomo si rinnova, viene rigenerato, è condotto sulla via della santificazione, può rispondere alla sua vocazione, può obbedire a Dio e compiere la sua volontà. Lasciarsi avvolgere dalla grazia del Verbo deve essere pertanto volontà di colui che ha avuto e che ha fede nel suo nome. Con la pienezza della grazia di Gesù si può vincere il mondo, lo si può orientare verso il Cielo, lo si può condurre su sentieri di giustizia e di verità. Questa certezza deve sempre accompagnare il cristiano, se vuole incidere con efficacia nel mondo nel quale egli è chiamato ad essere sale e luce, sapienza e saggezza di verità e di vita eterna.
• Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Viene qui accennata la differenza tra Gesù Cristo e Mosè. Per Mosè venne la legge, che è la conoscenza della volontà di Dio. Con lui l’uomo sa cosa Dio vuole dalla sua creatura. Con Gesù Cristo invece non solo l’uomo conosce ciò che Dio vuole da lui, ma è anche rigenerato come uomo nuovo, viene cioè ricondotto nella verità, in quella verità del suo essere, che aveva perduto il giorno del peccato nel giardino dell’Eden. Per mezzo di Gesù Cristo l’uomo rientra nella sua verità, viene rigenerato, rifatto, ricomposto nella sua essenza e quindi rinnovato; e tutto questo avviene per grazia, per il dono dello Spirito che è stato riversato ed è riversato su di lui. Dopo il dono della grazia e della verità che vennero e vengono a noi per mezzo di Gesù Cristo, l’uomo può compiere la volontà di Dio, può osservare la nuova legge, che sono le Beatitudini, come compendio di tutto il Vangelo, può offrire la sua vita a Dio in riscatto e per la remissione dei peccati, questa la grazia e la verità dell’uomo nuovo. Solo per cattiva volontà si può rimanere nell’uomo vecchio o nella conoscenza della sola legge. Attraverso l’accoglienza e la fede nel nome di Gesù la storia cambia, perché cambia la natura dell’uomo, cambia il suo essere, tutto avvolto e trasformato dalla verità, tutto conquistato e reso nuovo dalla grazia dello Spirito che è stato riversato abbondantemente su quanti hanno invocato ed invocano il nome di Gesù il Nazareno.
• Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Gesù viene qui presentato come il mediatore della conoscenza del Padre. Nessuno conosce Dio, perché nessuno l’ha mai visto, nessuno ha abitato presso di lui, ha dimorato con lui. Di Mosè è detto semplicemente che egli vide le spalle di Dio, ma non il suo volto. Gesù non solo vede il Padre, egli è nel Padre e il Padre è in Lui; egli è nel seno del Padre, nell’intimo del suo essere e per questo può rivelarcelo in pienezza, può dirci esattamente chi Lui è e cosa vuole da noi. Essere nel seno del Padre è lo specifico di Gesù, possiamo dire che è la sua stessa natura, la sua essenza divina. Lui solo può parlarci di Dio, lui solo ce lo può rivelare. Lui che è Dio e presso Dio, adesso viene presentato come colui che è in Dio, nel suo seno, nella sua essenza divina e quindi egli conosce Dio dall’interno, dal profondo del suo essere, e conoscendolo ce lo può manifestare. Tutti gli altri hanno sentito parlare di Dio, ma la parola ascoltata non è tutta l’essenza di Dio e tante volte non è neanche la sua vera essenza. Molte sono le falsità in quanti parlano di Dio per sentito dire. Per Gesù invece tutto è diverso; parlare del Padre è parlare di se stesso, del suo essere in Dio, del suo essere dal Padre, della sua figliolanza, del suo amore, della sua misericordia, della sua verità. Dio non è conosciuto perché non è stato visto; ma anche non è conosciuto perché non ascoltato. I profeti e gli amici di Dio che avevano parlato nel suo nome e avevano in parte comunicato la sua volontà non sempre erano stati accolti come amici e messaggeri di Dio; ma anche quando sono stati accolti, difficilmente si conservò la verità divina delle loro parole; ben presto furono trasformate dalla superbia dell’uomo e come conseguenza altro non vi fu se non l’oblio del vero Dio e la sua non conoscenza. Ma sempre quando Dio non si vede e le sue parole vengono trasformate si perde l’esatta conoscenza di Dio; quello che noi crediamo sia Dio, altro non è che un idolo, l’idolo dei nostri pensieri e della nostra mente.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (M. Costantino di Bruno)
Il Prologo del Vangelo secondo Giovanni è sintesi mirabile e completamento perfettissimo di tutta la rivelazione su Gesù contenuta in ogni pagina dell'Antico Testamento, dei Vangeli, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere di San Paolo, della Lettera agli Ebrei, delle Lettere Cattoliche, dell'Apocalisse.
Prima che Giovanni scrivesse questa prima pagina del suo Vangelo, ognuno avrebbe potuto introdurre qualche falsità nel mistero di Gesù. Dopo che Giovanni ha scritto, nessuna falsità è più possibile. Il mistero è presentato nella sua verità di eternità e di tempo, di creazione e di redenzione, di rivelazione e di incarnazione, di dono di verità e di grazia, di attestazione dell'unicità di Gesù Signore.
Ora sappiamo chi è realmente Gesù: è l'Unigenito Eterno del Padre, il Suo Verbo Divino, il Mediatore Increato della creazione, la Luce e la Vita degli uomini. È la Verità e la Grazia, la Rivelazione del Padre. È il Dio Incarnato. È il Dio che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Quanti lo accolgono entrano nella Luce e nella Vita. Sono generati da Dio. Quanti non lo accolgono rimangono nelle tenebre e nella morte. Vivono solo la generazione secondo carne e sangue di peccato.
Dinanzi a questa sublime rivelazione della verità e identità del Verbo di Dio che è Cristo Gesù, nessuno potrà avere più dubbi, incertezze, ambiguità, confusioni, inadeguatezze. L'onestà intellettuale lo richiede. La correttezza morale lo esige. Dinanzi a questa manifestazione della vera essenza, natura, sostanza umana e divina di Cristo Gesù, si può credere, non credere, si può rifiutare o accogliere, nessuno però potrà dire cose diverse su Gesù, in nome della Scrittura, della Rivelazione, della Parola, del Vangelo, della fede, della Tradizione, della teologia, del Magistero, della filosofia, della ragione. Se lo facesse, non sarebbe onesto intellettualmente, moralmente, spiritualmente, mentalmente. Questa pagina ci dice anche che nessuno mai potrà parlare secondo verità di Dio se non conosce Cristo Gesù. Senza la rivelazione di Gesù, il Dio di cui si parla è annunziato in modo o incompleto, o imperfetto, o erroneo, o falso, o lacunoso, o ereticale.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, aiutaci a confessare Cristo Gesù in pienezza di grazia e di verità. Angeli e Santi del Cielo, liberateci da ogni errore e falsità.
Spunti di riflessione:
- Tutto ciò che esiste è un’espressione della Parola di Dio, una rivelazione della sua presenza. Sono sufficientemente contemplativo per poter ricevere e sperimentare questa presenza universale della Parola di Dio?
- Cosa significa per me essere chiamato figlio di Dio?
- Le nostre discussioni tengono presente sempre ciò che il Signore ci fa conoscere attraverso il Vangelo e la Sacra scrittura?
- Riconosciamo in Gesù la piena manifestazione dell’amore del Padre? Lo ringraziamo per questo?
Dio vive tra le nostre case. Anche nel nostro cuore?
- Osserva le due parti del mondo, il cielo e la terra: chi potrà mai descrivere lo splendore del cielo? chi riuscirà a illustrare la fecondità della terra? Chi potrà degnamente celebrare la successione delle stagioni e la forza vitale delle sementi?
- Noi diventiamo la parola che ascoltiamo e accogliamo. Amo sostare in silenzio per vedere e far maturare la parola che mi abita e mi orienta ? Qual è la parola che ora più mi abita ?
- Quali sono le oscurità che ancora mi abitano e condizionano le mie scelte? Come vincerle?
- La mia è una fede di consegna a Qualcuno o solo di pratiche esteriori?
- Credo nella bellezza e nella necessità di un progetto di Dio in me da realizzare in piena libertà e consapevolezza ?
- Cosa significa per te diventare figlio\a di Dio? Nella tua vita pratica hai coscienza che Dio non si merita, ma che si può solo accogliere come dono da donare ?
- Gesù non ti chiama tanto ad obbedire a una legge esteriore ma accoglierlo e diventarne somigliante. Cosa significa per te concretamente ? Quali passi sei chiamato\a a fare per realizzare questo in te?