IV DOMENICA DI QUARESIMA (B)

IV DOMENICA DI QUARESIMA (B)
2 Cr 36,14 – 16.19 – 23 ; Dal Salmo 136 (137); Ef 2,4 – 10 ;
GV 3, 14 – 21;

TEMA: Tenebre - Luce

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo : “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Il serpente di rame nel deserto era segno di vita. Chi lo guardava dopo essere stato addentato da un serpente velenoso, guariva dal veleno di morte. Non era lo sguardo che sanava e guariva, era la fede nella parola pronunciata dal Signore.
Gesù è il Nuovo serpente, il serpente di Dio, issato sull’asta della croce per il mondo intero. Chi lo guarderà con fede, costui sarà guarito dal morso velenoso del peccato, sarà liberato dalla morte. Ma lo sguardo verso Gesù deve essere uno sguardo di fede, fede nella parola, ma anche fede nel suo mistero di morte e di risurrezione. Chiunque ha questa fede in lui viene risanato, guarito.
Che cosa è la fede se non l’accoglienza nel proprio cuore della parola di Dio? Gesù è la Parola di Dio, Lui bisogna accogliere in quanto parola di salvezza per restare in vita. Gesù bisogna accoglierlo nel momento del suo annientamento, quando egli sembra non poter fare più nulla per l’uomo, perché nell’impossibilità fisica, perché inchiodato e crocifisso. Un crocifisso non può fare niente, confidare in lui è la più grande delle stoltezze. Un crocifisso, un morto, non può essere principio di vita. Qui subentra la fede; poiché la parola di Dio afferma che chi guarderà quel crocifisso particolare, di nome Gesù di Nazarèt, avrà la vita eterna, chiunque crederà in questa parola, chiunque accoglierà la parola di quel crocifisso come l’unica parola di vita eterna, costui sarà salvato, costui entrerà e riceverà la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Il mistero di Gesù bisogna leggerlo tutto nel mistero dell’amore del Padre. Tutto quanto Gesù fa, parte dall’amore di Dio e in questo amore si consuma, si compie. Dio ama l’uomo, lo ama di un amore singolare, particolare, lo ama di un amore personale e poiché lo ama, per amore non ha rifiutato di dare il proprio figlio.
L’amore di Dio è gratuito nel suo dono, non è mai gratuito nei suoi frutti. L’affermazione della gratuità dell’amore di Dio anche nei frutti è l’eresia del nostro tempo, veleno di morte che uccide più che i serpenti velenosi nell’accampamento dei figli di Israele, più che l’ultima piaga d’Egitto, che fu la morte dei prigionieri, più ancora che l’invasione delle cavallette e la distruzione di ogni germoglio di vita sui loro passi, più ancora che una guerra sanguinosissima.
L’amore di Dio è gratuito perché elargizione della sua bontà e della sua misericordia. L’amore di Dio diviene nostro solo attraverso la fede nel suo Figlio unigenito. Credere nel suo figlio unigenito, significa credere nel suo mistero di morte e di risurrezione, che è prima di ogni altra cosa mistero di obbedienza, di amore del Padre fino alla morte e alla morte di croce.
Non muore, entra nella vita, solo colui che crede nell’unigenito Figlio di Dio, in quel Figlio che il Padre ha dato per la nostra vita eterna. Credere comporta l’accoglienza della parola di Gesù, che è parola di verità, che è annunzio di conversione e di ascolto del Signore che vuole dall’uomo un amore grande di obbedienza e di sottomissione alla sua volontà. Se questo non avviene, non c’è fede, l’uomo rimane nella morte, non vedrà la vita eterna, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio.
La via della vita eterna non è la pratica religiosa, è la fede nella parola; molti oggi non credono nella parola, vivono però una religiosità intensissima; molte volte tale religiosità viene anche incrementata, alimentata perché si diffonda di più e meglio ed abbracci molti più uomini e donne che per il passato. È giusto che ci si convinca che la via della vita eterna è invece la fede, fede in Gesù Signore, fede nella sua parola, fede nel suo mistero di morte e di risurrezione, che il fedele in lui deve proporsi di attuarlo e di compierlo alla perfezione nella propria.

Dio,infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Gesù non è venuto nel mondo come giudice di esso; è venuto come suo Salvatore, Redentore. Come il mondo è stato creato per mezzo di Gesù ed è venuto alla luce per sua opera; ora esso deve tornare nuovamente in vita per opera di Gesù. La creazione avvenne per opera del Verbo, la redenzione avviene per opera del Verbo fattosi carne; la creazione si è compiuta come solo gesto di amore, la redenzione si compie nell’amore sofferente, nel dono della vita di Gesù al mondo intero.
Gesù è il dono di Dio per la nostra salvezza; questa la verità dell’incarnazione. Il mondo si salva solo passando attraverso la fede. La fede bisogna farla germogliare nel cuore; essa germoglia solo con la semina della parola di Gesù unitamente allo Spirito del Signore, che è portato sempre dalla santità di chi la parola semina nei cuori. Neanche la parola del vangelo deve essere una parola di condanna; essa è e deve rimanere parola di salvezza e come tale deve essere annunziata e proclamata. Allora non ci sarà giudizio per l’uomo?

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
Il giudizio ognuno se lo fa lui stesso. Dal momento che non crede in Gesù lui è già condannato, è condannato perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio.
Il pensiero di Gesù, che è poi pensiero di Dio, è assai semplice, se lo si comprende nella verità che promana dallo Spirito del Signore. Solo la parola di Gesù è vita eterna per l’uomo, solo essa è la verità della salvezza; chi rifiuta la parola, chi non crede nella verità annunziata da Gesù, si pone fuori della salvezza, anzi rimane schiavo del suo regno di morte. Non entra nel regno della luce chi non accoglie la parola, perché solo la parola è la porta che permette di passare dalle tenebre alla luce, dall’odio all’amore, dall’egoismo alla carità, dalla solitudine alla comunione, dalla morte alla vita.
Se la parola è la sola via di salvezza, allora non resta che annunziare solo essa, essa proclamare per mare e per terra, per colli e per monti, per deserti e per città. Cristo e la parola sono una cosa sola; chi crede nella parola crede in Cristo e chi crede in Cristo deve credere nella parola. Se uno dice di credere in Cristo, ma non crede nella parola, costui è un bugiardo, un mentitore, la verità di Dio non è in lui, perché lui ha separato ciò che Dio ha fatto una cosa sola, una realtà unica ed indissolubile. Cristo è parola di Dio, la parola di Dio è Cristo; la fede deve essere in Cristo e nella Parola, deve essere nella Parola di Cristo. Purtroppo siamo ancora assai lontani dal concepire la parola di Gesù come la porta della salvezza e mille altre parole invadono la mente dell’uomo e la occupano con un assedio perenne.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.
Viene qui rivelato il motivo della non fede in Gesù. Gesù è la luce del mondo, la verità è la luce di Gesù. Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, la menzogna alla verità. Ma qual è il motivo di questa scelta? Il motivo è nelle opere malvagie nelle quali l’uomo vive ed intende rimanere.
Una piccola puntualizzazione si impone ed è giusto che venga compreso il pensiero di Gesù nella sua interezza di rivelazione. Chiunque fa il male, chi non cammina nella luce, a poco a poco diviene una cosa sola con le tenebre, si fa tenebra anche lui. Quando questo processo di intenebrimento raggiunge il punto del non ritorno, allora diviene impossibile per l’uomo passare nella luce, ritornare nella verità.
Quando c’è una opposizione alla luce, essa scaturisce sempre da un cuore che compie opere malvagie, che non cammina nella rettitudine di coscienza e nella santità delle intenzioni. Anche se noi non lo conosciamo, è il peccato personale nel quale uno vive la causa, il fondamento, il principio della sua opposizione alla luce, della sua non volontà, o cattiva volontà, di restare nelle tenebre e di opporsi con violenza alla luce che brilla nel mondo a causa di Gesù.
L’esperienza è testimone che quanti si oppongono alla verità del cielo, possono anche fingere di farlo con sane e buone ragioni di ordine morale ed anche spirituale; la loro finzione dura poco, il tempo di scoprire le opere malvagie verso le quali sono inclini e alle quali si dedicano con assiduità, come se fosse il loro quotidiano lavoro. L’esperienza attesta che la parola di Gesù è vera; ma la parola di Gesù attesta che nella negazione della verità di Dio c’è sempre un peccato che bisogna cercare, poiché è solo esso la causa del rifiuto della luce. Il peccato è tenebra e chi dimora nelle tenebre rifiuta la luce, si oppone ad essa. Poiché luce e tenebre non possono convivere nella stessa persona, sono l’una in contrapposizione all’altra, l’una la negazione e la distruzione dell’altra.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.
Viene qui ribadito il concetto precedentemente espresso, ma sotto altra angolazione. Chi fa il male, chi nel male trascorre i suoi giorni odia la luce, si oppone ad essa, vorrebbe e vuole distruggerla.
Oltre che odia la luce, neanche vuole venire alla luce. Se lui lascia vivere e prosperare la luce, questa prima o poi svelerà le sue opere malvagie; se lui viene alla luce, le opere malvagie verranno al chiaro.
Poiché lui ormai si è radicato nel male, con il male vive e convive, non gli resta che una sorda opposizione alla luce, un combattimento per la sua totale distruzione. Possiamo dire che queste parole di Gesù descrivono il momento della sua crocifissione, quando il male, o meglio coloro che facevano il male, hanno odiato a tal punto la luce da distruggerla, appendendola al legno della croce.
Quella di Gesù era una luce divina, una luce eterna; nonostante la sua malvagità, l’uomo non è riuscito di distruggerla; essa è risorta ed ora vive e brilla nel mondo senza più alcuna possibilità che possa venire distrutta dall’uomo.

Infatti chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.
Al contrario, colui che opera la verità, che la verità cerca e brama, viene alla luce, dalla luce si lascia avvolgere. Egli vuole che sia manifesto che le sue opere sono di luce, di verità, di bontà, sono fatte in Dio e secondo Dio.
Ancora una volta il discorso, anche se in modo inverso, è riportato sulla natura dell’uomo: natura di bene, che opera il bene, che vuole il bene. Costui, essendo un ricercatore di verità, un appassionato della luce eterna che discende da Dio, non appena intravede una luce più potente egli la segue, l’accoglie, la fa sua.
Egli è già di Dio. Accogliendo la luce potente che discende dal cielo, manifesta e rivela il suo desiderio di essere tutto del suo Signore, da qui il desiderio sempre più grande di inabissarsi nella luce divina e divenire luce nella luce e verità nella verità.
Potrebbe anche esserci una ricerca apparente della luce, mentre in realtà l’uomo preferisce rimanere nelle sue tenebre. Questo può accadere e di fatto accade più di quanto non si pensi. In questo caso niente timore: luce e tenebre non possono convivere; se la luce è vera, ad essa nessuna ombra di falsità resiste ed ognuno se ne ritornerà per la strada di tenebre dalla quale è venuto e che mai ha lasciato. Se invece la luce non è vera, ma solo apparenza, allora la commistione e la convivenza è possibile, anzi è un fatto certo; ma la convivenza non è tra luce e tenebre; essa è tra falsa luce e tenebra mascherata in luce. Questa coabitazione è possibile ed essa anche resiste; l’altra invece no. Non è possibile una tale convivenza, anche se all’inizio c’è la finzione, l’inganno, il sotterfugio, l’equivoco e l’ambiguità. Queste cose mal sopportando la vera luce, a poco a poco se ne distaccano e si ritorna nella separazione netta tra tenebre e luce.
Ancora un ultimo appunto è necessario che venga fatto. Il mondo molte volte convive con il sacro. Quando questo accade significa una cosa sola: il mondo non si è rivestito di verità, è rimasto mondo; il sacro invece ha abbandonato la verità che lo ha posto in essere e si è conservato semplicemente formalità, modalità esterna, guscio, e vuota religiosità; in questo svuotamento del sacro della sua verità, verità che discende dal Cielo e ci è comunicata attraverso Gesù e la sua Parola, la commistione è possibile, ma essa è solo un connubio tra due forme di mondo; un mondo sacrale senza Dio e un mondo senza verità e senza Dio, senza neanche le forme esterne del sacro, verso le quali egli non crede, ma se ne serve perché chi le propone le ha anche lui svuotate del loro significato di salvezza e di vita eterna.
Chi crede in lui non è condannato (M. Costantino di Bruno)
Gesù rivela a Nicodemo qual è il grande progetto di amore del Padre per la salvezza non di un popolo, ma di tutti i popoli, non di un tempo, ma di tutti tempi. La salvezza di Dio esce dagli angusti confini del popolo del Signore per abbracciare il mondo intero. In tal senso si compie la Parola detta da Dio ad Abramo e confermata alla nascita di Gesù dal Vecchio Simeone, sempre ribadita nel corso della storia da tutti i profeti.
«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18). «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).
Nulla è più errato dal pensare che Gesù sia solo dei cristiani. I cristiani sono coloro che hanno creduto in Lui e vogliono lasciarsi salvare da Lui, gustando la sua vita eterna, che è data a chi crede in Lui. Gesù è il dono di salvezza per il mondo. Il cristiano pecca gravissimamente contro il dono del Padre se nasconde Cristo al mondo o anche lo disprezza - come sta accadendo ai nostri giorni - o escludendolo dalla storia della salvezza o riducendolo ad uno dei tanti “salvatori” che sono apparsi e appaiono nel mondo. Come Dio, il solo vero Dio, è il Creatore di ogni uomo. Così il Cristo, il solo vero Cristo, è il Salvatore che il solo vero Dio ha preparato per l'umanità. Dare Cristo al mondo è l'opera missionaria del cristiano. Se non dona Cristo, è responsabile in eterno per tutti coloro che si perdono per la sua gravissima omissione. Conosceva la via della vita, la luce preparata da Dio per tutti i popoli e non l'ha data loro. Per questo orrendo peccato di omissione, frutto nel cuore cristiano di vera possessione diabolica di ogni suo pensiero, il mondo sta andando alla rovina e anche i cristiani hanno perso il loro punto di riferimento nella giustizia e verità che è Cristo Signore.
Altra verità riguarda le modalità di avere e possedere Cristo come nostro Salvatore, Redentore, Datore della vita eterna. La sola modalità è la fede in Lui. Ma cosa significa credere in Lui? Accogliere la sua Parola e farla divenire nostra casa perenne. Si crede in Cristo, convertendoci alla sua Parola, scegliendola come nostra sola Legge di vita. Si crede alla Parola, si obbedisce alla Parola, si cammina nella Parola, si è in Cristo, si vive di Lui e per Lui. Si è in possesso della vita eterna. Non si accoglie la Parola, non si è in Lui, si rimane nella nostra morte. Il rifiuto di Cristo non ci condanna a morte. Noi siamo già condannati a morte per i nostri peccati. Con il rifiuto ratifichiamo e rendiamo eterna la nostra morte. Invece per la fede in Lui, usciamo dal sentiero della morte, ci poniamo sulla via della vita. La via è Cristo e si percorre in Lui, dimorando nella Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.
Spunti di riflessione:
- Vivo le virtù della fede, della speranza e della carità (teologali) attraverso l'ascolto della Parola, crescendo nella verità e testimoniando l'amore di Cristo Salvatore?
- Mi apro alla fede nel nome del Figlio unico di Dio generato dallo Spirito?
- Cosa comporta per la mia vita quotidiana credere in Lui?
- Il cammino quaresimale che sto percorrendo mi attira verso Dio? Mi fa fare la verità?
- Cristo sta spiegando da dove può avere inizio nuovamente la vita... Come può un uomo rinascere quando è vecchio? Come può un popolo rinascere quando ha perso tutto? Come può la vita ricominciare?