RISURREZIONE DEL SIGNORE (B)

RISURREZIONE DEL SIGNORE (B)
At 10,34 – 34 ; Dal Salmo 117 (118); Col 3,1 – 4 ;
GV 20, 1 – 9;

TEMA: Vedere – Credere

• Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Finito l’obbligo del riposo, il primo giorno dopo il Sabato, Maria di Magdala, che era presente alla crocifissione e quindi anche alla sepoltura di Gesù, di buon mattino, al buio, quindi prestissimo, si reca da sola al sepolcro. Il sepolcro è aperto, la pietra è ribaltata. Questa la prima testimonianza. Maria non entra nel sepolcro. Vede la tomba aperta. Da precisare in questa prima testimonianza che Maria è sola, non attende che le altre si sveglino, lei neanche ha dormito, attendeva il momento legale per potersi muovere e si muove. Ella deve correre al sepolcro, non può aspettare le altre, e se le altre non ci sono, ella può benissimo recarsi senza di loro. Sapremo in seguito perché tanta fretta e tanta ansia nel cuore di arrivare al sepolcro non appena era consentito muoversi, poiché il giorno del Sabato era vietato anche camminare per più di un certo numero di metri, circa 2 Km in tutto.

• Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: « Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! ».
La notizia non può restare nascosta. Bisogna avvisare i suoi discepoli ed ella si reca da Simon Pietro che era assieme all’altro discepolo, quello che Gesù amava, Giovanni. Da questa notizia sappiamo che Maria di Magdala era a conoscenza che Simon Pietro e l’altro discepolo erano assieme. Non sappiamo quando si siano ritrovati. Sappiamo tuttavia che Giovanni non fa menzione di Pietro presso la croce, dove erano presenti le tre “Maria” e il discepolo che Gesù amava. Di altri non si parla. Dal modo come riporta la notizia dobbiamo tuttavia pensare che ella avesse dato voce alle altre donne, o che queste si siano aggiunte in un secondo momento. Ella dice infatti: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Ella parla al plurale, quindi non è sola a sapere che la tomba è aperta e che la pietra è ribaltata. Sa anche che nel sepolcro il Signore non c’è. Quindi è da presumere che ella prima di correre verso Simon Pietro avesse avuto notizia, o perché ha visto personalmente, o perché le altre glielo hanno riferito, che Gesù non era nel sepolcro. Sappiamo ora che la tomba era aperta, che la pietra era ribaltata, che Gesù non è nel sepolcro. Loro non sanno cosa sia avvenuto e pensano che qualcuno abbia portato via il Signore. Questa la loro deduzione, o almeno la deduzione di Maria di Magdala.

• Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Non appena udita la notizia della tomba vuota, Pietro e l’altro discepolo si recano al sepolcro. Non sappiamo se prima di loro altri vi si siano recati. Questo lo ignoriamo. Sappiamo però che loro non attendono oltre, subito si incamminano verso il luogo della sepoltura di Gesù.

• Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
È qui precisato che Pietro e l’altro discepolo non vanno verso il sepolcro camminando, si recano correndo; viene anche detto che l’altro discepolo è più veloce di Pietro nella corsa e naturalmente arriva per primo. Non entra però nel sepolcro. Si china verso l’interno per vedere come stessero in verità le cose, e chinatosi vide le bende per terra. Erano le bende che miste all’unguento di mirra e di aloe portato da Nicodemo, erano servite per avvolgere Gesù. Gesù non è nel sepolcro. Abbiamo ora due testimonianze dell’assenza di Gesù dal sepolcro: quella di Maria di Magdala (e forse anche delle altre donne) e quella dell’altro discepolo.

• Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Simon Pietro intanto giunse anche lui al sepolcro e vi entrò. Dal di dentro si vede ogni cosa. Le bende sono per terra, ma il sudario non è insieme alle bende. Esso è piegato e messo in un luogo a parte. C’è in quest’ordine che si trova nel sepolcro una ulteriore testimonianza. Gesù non è stato certamente rubato, né portato via. Se fosse stato rubato, lo avrebbero preso così come esso era, mezzo imbalsamato per la sepoltura. Da questa testimonianza di Pietro e dell’altro discepolo è da escludere categoricamente la manomissione del sepolcro. Ciò che è avvenuto non è avvenuto per mano d’uomo, altrimenti non si spiegherebbe ciò che nel sepolcro è rimasto e come è rimasto.

• Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Dopo che Pietro fece le sue constatazioni dal di dentro del sepolcro, vide cioè come le cose stessero in realtà, entra anche l’altro discepolo, il quale si era fermato sulla porta, a differenza di Pietro questi vede e crede. Cosa vede e come vede? Cosa crede? L’altro discepolo vede la tomba vuota, vede la non manomissione da parte dell’uomo, vede l’ordine e la compostezza, va oltre tutto ciò che è rimasto e con gli occhi della sua mente si apre alla risurrezione di Gesù. Egli dopo aver visto il sepolcro così come era stato lasciato da Gesù si apre al mistero della risurrezione, egli crede che Gesù è risorto dai morti. Ma c’era bisogno della vista del sepolcro per credere, non era sufficiente la parola di Maria di Magdala che aveva loro annunziato che Gesù non era nel sepolcro e che non sapevano dove era stato posto? La fede è sempre segnata, accompagnata cioè dal segno. Se manca il segno, su che cosa essa si può fondare? Solo sulla parola di Dio, o Parola di Gesù, ma la Parola quando si compie lascia sempre il segno del suo avvenuto compimento e quindi Giovanni crede alla Parola di Gesù, crede che essa si è compiuta, ma lo crede dal segno che la Parola ha lasciato, la tomba vuota, le bende per terra, il sudario messo in un luogo a parte, ma piegato. La Parola da sola mai può essere creduta, per essere creduta deve essa compiersi nella storia, è nel momento in cui si compie che essa lascia il segno di credibilità, lascia quei segni che mette in condizione colui che la parola ha ascoltato di aprirsi alla fede. Questo deve significare per tutti la necessità che la predicazione debba sempre compiersi attraverso una parola che lascia il segno nella storia della sua efficacia, della sua potenza, della sua forza di trasformazione del mondo; una parola non segnata dalla vita di chi l’annunzia, che non si compie in chi la proclama non è una parola credibile. Il compimento di essa diviene il segno di credibilità e quando la parola è corroborata dal suo compimento essa opera e genera la fede nel cuore dell’uomo. Se Pietro e Giovanni avessero creduto senza osservare la storia, la loro fede sarebbe stata creduloneria, ma non fede, perché la fede ha bisogno, per sua intima natura, di quella ragionevolezza che viene dal suo farsi e dal suo compiersi nella storia. Non che ogni parola debba compiersi nella storia al fine di essere creduta, ma la parola nel suo insieme ha parti che necessariamente debbono compiersi nella storia e spetta a colui che crede far sì che esse si compiano, e parti che riguardano l’eternità. Poiché la Parola è una, se si compie la sua parte visibile, si compirà di certo la sua parte invisibile, a causa della non separabilità delle parti nella parola.

• Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Giovanni annota con molta saggezza e acume spirituale che i discepoli non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. Essi non avevano compreso la Scrittura, perché per loro l’idea, o la concezione del Messia era di vita e non di morte, era di gloria e non di abbassamento, era di esaltazione e non di umiliazione. Questa loro idea falsata del Messia faceva sì che mai avrebbero potuto applicare al Messia le Parole della Scrittura; sicuramente essa parlava di qualche altro, ma non certamente del Messia di Dio. Quando si legge la Scrittura a partire dalla storia e si riflette in essa l’idea della storia, la Scrittura rimane un libro sigillato per noi. Questa inversione dei ruoli, della Scrittura cioè che illumina la storia e la guida nei solchi della verità, e della storia invece che cammina per i fatti suoi, cercando nella Scrittura ciò che è di supporto alla propria idea, fa sì che si abbia sempre una visione distorta della verità rivelata. Sarà sempre la storia a governare l’interpretazione della Scrittura, anzi più che a governare a dettare l’utilizzo che bisogna fare di questa o quell’altra frase della Scrittura. Questo uso improprio della Scrittura si verifica anche quando si vorrebbe trovare in essa una risposta immediata alla storia da vivere. La Scrittura non è stata data da Dio per trovare le risposte immediate alla storia immediata; essa ci è stata data perché mettiamo tutta la nostra storia nella sua verità, tutta la nostra vita in tutta la sua vita. Perché questo accada è necessario conoscere la sua vita, e soprattutto conoscere in realtà ciò che il Signore ha voluto dirci attraverso la sua Parola. Questo non sarà mai possibile finché si penserà che la Scrittura sia un libro da consultare alla maniera degli “oracoli pagani”: per ogni evento da vivere un oracolo domandato. Dopo questa testimonianza di fede che nasce dalla visione della tomba vuota e del come le cose erano in essa predisposte, i discepoli se ne tornano a casa. A loro il sepolcro non serve più. Il sepolcro aveva loro parlato, li aveva rinviati alla Scrittura, la Scrittura aveva loro manifestato la risurrezione di Gesù. Se Gesù è risorto egli non è certamente nei paraggi del sepolcro, se ne possono andare e difatti se ne vanno. Anche questo è insegnamento per noi. Una volta che si è entrati nella verità della fede, quanto ci ha aiutato a penetrare nel mistero non ci serve più, può essere abbandonato, perché ha finito la sua missione. Questa regola non è per tutti uguale; ci sono alcuni che vivono un altro modo di rapportarsi alla verità storica, per intenderci al sepolcro vuoto, ed anche questa differente modalità di approccio è necessaria che noi rispettiamo. Il mistero di un’anima è sempre difficile da penetrare ed il Vangelo ci insegna che veramente è così. Se il Vangelo rispetta le vie di ognuno per entrare nel mistero di Gesù, anche noi dobbiamo imparare a rispettarle e mai deve accadere che la misura della fede di uno deve divenire misura per la fede di un altro.
Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò (M. Costantino di Bruno)
Man mano che si cresce nella fede, cambia anche il processo della sua più perfetta acquisizione. Le donne giugno alla fede nella risurrezione per testimonianza orale dell'uomo dalla veste bianca. Esse entrano nel sepolcro, vedono quest'uomo con caratteristiche soprannaturali, celesti, ascoltano la sua parola, credono in Gesù risorto. Vanno ad annunziare la risurrezione ai suoi discepoli, invitandoli a recarsi in Galilea. Lì vi sarebbe stato l'incontro di Gesù con il suoi discepoli.
Giovanni possiede una fede già forte, quasi matura. La vicinanza con Gesù lo ha portato ad ascoltare ogni sua parola, a riceve ogni sua confidenza. Gesù di certo gli avrà svelato il suo cuore. Il cuore del Maestro già iniziava a battere nel cuore del discepolo. A Lui Gesù aveva anche consegnato la Madre sua ai piedi della croce. Vi è fede e fede. Amicizia e amicizia. Discepolo e discepolo. Confidente e confidente.
Maria di Magdala si reca di buon mattino al sepolcro. Trova la pietra rotolata. Non entra. Pensa ad un trafugamento del corpo di Gesù e corre a dire ogni cosa a Pietro e all'altro discepolo, quello che Gesù amava, Giovanni. I due discepoli corrono verso il sepolcro. Giovanni è più giovane e giunge per primo. Si china, vede i teli posati là, ma non entra. Attende che giunga Pietro. Questi arriva ed entra nel sepolcro per primo. Nella tomba di Gesù tutto è un ordine stupendo. Non vi è alcun segno di furto. Vi è pace. Non vi è alcun caos. Gesù non è stato portato via.
Dinanzi alla pace che regna nella tomba, qual è la conclusione di Giovanni? Egli crede nella risurrezione di Gesù. Si apre alla fede nel Risorto. Chiediamoci: perché Giovanni non ha alcun bisogno di Parola per aprire il suo cuore al grande mistero avvenuto in Gesù Signore? Perché gli basta la pace del sepolcro per aprirsi alla fede? La risposta è nello spirito contemplativo, sapienziale, intelligente, saggio di Giovanni. Quando lo spirito di un uomo è senza pregiudizi, libero, aperto, soprattutto amante della verità e della giustizia, basta un piccolissimo segno per aprirsi alla grande fede.
Cosa è la fede nella sua realtà più misteriosa e arcana? Essa è spogliamento di se stessi, cambiamento di sostanza, mutamento di pensiero, abbandono della nostra mente, distacco dal nostro spirito, liberazione dalla nostra storia pere lasciarsi avvolgere da una verità che è fuori di noi. Se noi siamo prigionieri della falsità che è in noi, mai saremo pronti a cogliere i segni che il Signore sparge sul nostro cammino. Con la falsità nel cuore, neanche la Parola ci potrà aiutare e noi resteremo schiavi in eterno del male interiore che ci consuma. Giovanni non ha bisogno di Parola. L'ordine del sepolcro gli è sufficiente per sapere che Gesù è risorto e iniziare la sua vita partendo da questa verità. Gesù risorto in un istante diviene la chiave di interpretazione di tutta la Scrittura. Salmi, Profeti, Legge ricevono il loro vero significato. Tutto diviene comprensibile partendo da questa verità. Senza questa verità l'intera Scrittura rimane un libro incompiuto, un libro ermetico, un libro senza futuro. Cristo è il vero futuro della Scrittura e dell'umanità intera. Cristo è la chiave ermeneutica dell'universo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci questa chiave santa.
Spunti di riflessione:

- Che cosa mi porta a credere che Gesù è vivo, che è presente tra di noi, oggi, dando vita nuova a tutti coloro che glela chiedono?
- Come essere, oggi, testimone della Risurrezione?
- Sono passato per qualche esperienza di sconfitta e di morte? Che cosa mi ha dato nuova vita o che cosa mi ha restituito speranza e gioia di vivere? Che cosa affermo dentro di me quando dico: ‘Credo nella Risurrezione’?
- La Pasqua ci conduce a una tomba per farci entrare dentro e rileggere la nostra vita, facendoci fare un passaggio. Questo mi conduce a riflettere e capire concretamente, che significa "credere in Gesù il Risorto"? Quali difficoltà incontro? La resurrezione riguarda solo Gesù o è veramente il fondamento della mia fede?
- Il rapporto che vediamo fra Pietro, l’altro discepolo e Maria di Magdala è evidentemente di grande comunione attorno a Gesù. In quali persone, realtà, istituzioni oggi ritroviamo la stessa intesa d’amore e la stessa "comune unione" fondata su Gesù? Dove riusciamo a leggere i segni concreti del grande amore per il Signore e per i "suoi" che mosse tutti i discepoli?
- Quando osserviamo la nostra vita e la realtà che ci circonda a breve e a lungo raggio, abbiamo lo sguardo di Pietro (vede i fatti, ma rimane fermo ad essi: alla morte e sepoltura di Gesù) oppure quello dell’altro discepolo (vede i fatti e scopre in essi i segni della vita nuova)?