XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)
Sap 1,13 – 15; 2.23 - 24 ; Dal Salmo 29 (30); 2 Cor 8,7.9.13 – 15 ;
MC 5, 21 – 43 ;

TEMA : Speranza – Vita

• In quei giorni, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
Evidentemente la folla ha bisogno, sente fame di verità, desiderio di conoscenza, anelito di salvezza. Gesù ama restare in luoghi appartati, isolati. Non ama il chiasso dei paesi o delle città. Sono luoghi questi dove difficilmente l’uomo si mette in condizione di poter ascoltare, riflettere, meditare. Il quotidiano con il suo travaglio e le sue preoccupazioni non lasciano spazio allo spirito per potersi riprendere, ristorare un poco. Gesù lo sa e aiuta l’uomo a ritrovarsi.

• E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza:
Non solo il popolo va a chiedere; anche i notabili e coloro che sono capi della comunità si presentano a Cristo Gesù; anche costoro hanno bisogno del suo aiuto. Non c’è uomo al mondo che non abbia necessità di Cristo. Tanti uomini anche oggi ricorrerebbero a Cristo, se il cristiano compisse bene la sua vocazione, fosse cioè immagine vivente del Signore Gesù.

• “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani perché sia salvata e viva”.
C’è una malattia in atto e con una gravità assai palese, evidente; siamo quasi alla fine. Dove l’uomo non arriva, non è umiliante ricorrere a chi può dare la salute. Il ricorso ai taumaturghi è prassi dell’umanità. E’ segno di un desiderio ardente verso la conservazione della vita, per la quale, essendo il bene più grande, tutto viene offerto e a tutti si ricorre pur di poterla conservare nella sua forma migliore.
E’ in questo desiderio che bisogna analizzare il ricorso alla superstizione e ad ogni forma di magia; come è anche in esso che bisogna inquadrare l’altra grande piaga che affligge buona parte dell’umanità, che ricorre ad ogni mezzo e a tanti mezzi, oggi in rapida diffusione, al fine di conoscere qual è la sorte di colui che non c’è più. Si vorrebbe saperlo in vita, ma anche si vorrebbe instaurare un contatto fisico, corporeo, di visibilità e di ascolto.
La Chiesa ha un solo rimedio contro questo ricorso alla superstizione, alla magia, allo spiritismo: l’educazione ad una fede forte, robusta, capace di offrire la propria vita al Signore e quella dei propri cari, al fine di farla divenire redenzione per la salvezza del mondo. Dove c’è carenza di fede, c’è incremento della superstizione; dove la fede è forte e tenace, regna l’affidamento totale a Dio in vita e in morte, per se stessi e per gli altri.
Bisogna ricordare che la nostra santissima fede ha il suo fondamento in una vita offerta e in una risurrezione spirituale, che non è ritorno alla vita di prima, ma entrata in possesso della vita del dopo. E’ un lavoro immane, poiché bisogna creare una nuova mentalità sia sul valore della vita umana, sia sulla sua offerta, sul suo dono da consegnare al Signore perché altra vita venga sparsa nei solchi del mondo e della storia. La Chiesa è maestra di verità, educatrice nella retta fede. E’ il suo primo lavoro, a volte dovrebbe costituire l’unico lavoro. Il culto, senza l’educazione e l’insegnamento, può essere anch’esso compreso e interpretato come magia. Il Vangelo è verità, alla verità ci si converte, ma la verità si annunzia e si insegna.

• Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Viene riferita qui una circostanza di cronaca, un passaggio assai necessario, per comprendere il dopo. Gesù è attorniato dalla folla, quasi stretto in una morsa umana.
Il perché di questo accorrere a lui è stato già manifestato antecedentemente.

• Ora una donna, che aveva perdite di sa e aveva molto sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando,
C’è un’affermazione basilare. Non si tratta di suggestione, e neanche di un male passeggero. Il male è persistente, non solo, in più nessuna opera umana è stata capace di porvi un rimedio stabile. Il testo precisa che vi fu un peggioramento. Nessun medico era riuscito a guarirla, pur avendo essa consumato tutte le sue sostanze.
Questo è giusto che si dica per la troppa faciloneria con la quale a volte si grida al miracolo. In verità molto spesso è solo ed esclusiva suggestione, oppure si tratta di cose assai lievi, che da sole vengono e da sole se ne vanno. La donna non si trova in questo stato. La scienza umana nulla ha potuto, neanche alleggerirla un po’, la sua malattia andava sempre più aggravandosi, senza speranza in una qualche possibile soluzione positiva.

• udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello.
C’è in questo versetto l’affermazione della diffusione della voce buona su Gesù. Chi riceveva una qualche grazia spirituale o materiale, lo diffondeva. Chi versava in qualche malattia spirituale o materiale accorreva, con speranza e con fede di porre fine al suo stato pietoso. Questa donna, da quanto aveva sentito, sa che basta solo toccare Gesù; il solo contatto fisico, sia pur per brevissimi istanti o momenti, avrebbe senz’altro operato la guarigione.
Questo sta a significare quanto sia importante riferire secondo verità sul bene ricevuto. Dalla notizia può nascere una fede più grande della nostra, può avvenire quel miracolo che dona la salvezza sperata, ma anche può la notizia condurre a fare dei buoni discepoli del Signore. Narrare con stile, secondo verità, con gusto e con convincimento le opere di Dio su di noi è anche questa via di evangelizzazione.
Capita purtroppo che spesso noi parliamo di quanto il Signore ha operato negli altri, raramente in noi stessi. Ma questa non è via per la fondazione della fede altrui. La fede si diffonde da persona a persona, narrando le meraviglie che il Signore ha fatto per noi e prendendoci la responsabilità di vita e di morte di quanto noi diciamo agli altri. Dare alla fede un fondamento personale è cosa santissima, poiché produce frutti di conversione di espansione del regno di Dio tra gli uomini.

• Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”.
E’ spiegata la motivazione del gesto della donna. Essa è mossa dalla fede. Ripetiamo: fede nata in lei per l’ascolto. Altri erano stati guariti al solo contatto con Gesù.

• E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che guarita da male.
Il miracolo si compie all’istante, subito. Chi lo riceve lo avverte. Perché vi sia vero miracolo non solo occorre il subito, occorre anche l’irreversibilità. La guarigione deve essere istantanea e irreversibile, per sempre. In più occorre che ci sia l’umanamente impossibile. Cose tutte che si verificarono con la donna, assieme ad una forte fede, naturalmente.

• E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi mi ha toccato le mie vesti?”.
Gesù avverte nello Spirito Santo la fede della donna. Il miracolo era avvenuto e per questo vuole conoscere colei che glielo aveva strappato. Vuole sapere chi lo ha toccato con fede.

• I discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno e dici: chi mi ha toccato?”.
I discepoli non comprendono, non sanno, ignorano il tutto e per questo si meravigliano che Gesù avesse detto: “Chi mi ha toccato?”. Tutti ti toccano, materialmente, non con fede.
E’ anche questa una puntualizzazione di cronaca, vitale per noi. Gesù è in mezzo a noi, presente, vivo, nel suo corpo sacramentalizzato. A volte lo si tocca solo materialmente (spiritualmente attraverso le sacre specie), ma non lo si tocca con fede. Tutti lo toccano, ma non con vero spirito di adesione, di profondo convincimento nella sua onnipotenza. E’ il rischio del nostro incontro con il Signore, quello di non mangiarlo, di non berlo con fede, con una grandissima fede. Facciamo un incontro umano, ma non soprannaturale, di vita, di speranza, di sollievo. Eppure oggi abbiamo la stessa, identica, presenza di Gesù. Che il Signore ravvivi la nostra fede e la renda capace di guarire la nostra vita dalla perdita del nostro sangue, poiché il sangue è la vita, in cose futili e vane.

• Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
Gesù vuole dare un insegnamento da questa circostanza e attende che la donna si faccia avanti. Vuole vedere se la donna manifesta il suo male e soprattutto la sua fede.

• E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
Bisogna riconoscere quanto il Signore ha fatto per noi e dare a Dio ciò che è di Dio. E’ suo diritto, è dovere di giustizia dare al Signore ciò che gli appartiene, pubblicamente, anche se il miracolo è avvenuto nel silenzio del cuore e nel segreto di un gesto.
Anche in questo dobbiamo noi ancora crescere, e di molto. Siamo infatti abituati a conservare nel cuore quanto il Signore ha operato per noi. Così facendo non narriamo le opere di Dio e la fede non si espande sulla terra. La fede nasce dalla narrazione dell’opera del Signore; chi non narra è semplicemente un egoista che non dona agli altri l’indicazione della fonte per la loro vita, ma è anche un ingrato, perché non attribuisce a Dio ciò che è suo e in una maniera pubblica e palese.
Se tutti coloro che sono stati beneficiati dal Signore avessero gridato al mondo il dono ricevuto, avremmo certamente un salto qualitativo e quantitativo nella crescita della fede. Purtroppo il cuore è troppo angusto e ristretto perché si possa trovare spazio in esso per la narrazione delle opere di Dio, per manifestare ai fratelli bisognosi e sofferenti la via della loro salvezza. Io ho incontrato il Signore e mi ha guarito. Mi ha guarito per la mia fede. L’ho confessato e proclamato Signore della mia vita.

• Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.
Ciò che era accaduto attraverso un moto dello spirito di Cristo e della donna, ora avviene attraverso la manifestazione della volontà di Gesù. Gesù ratifica il miracolo, lo convalida, gli dona vera ed autentica certificazione di guarigione. Tu sei guarita non perché mi hai toccato, ma perché io ho voluto che tu mi toccassi. Nulla che parta solo dall’uomo. Ogni miracolo trova la sua origine nella volontà di Dio, il quale sa e vuole. Dobbiamo stare pertanto molto attenti a quel moto di immanentismo che racchiude tutto in noi, anche se fosse in una fede grande e perfetta, questa non è da sola sufficiente ad operare il miracolo, che è sempre dono voluto e conosciuto, quindi opera della Volontà e della Saggezza di Dio in colui che glielo chiede con fede.
Questo perché sia fugato ogni dubbio ed anche il pericolo di un automatismo nella ricerca del miracolo. Io ho pregato, ho creduto ed il miracolo non mi è stato concesso. Non ti è stato concesso perché esso non dipende solo da te e dalle tue necessità, nasce dalla Volontà e dalla Sapienza di Dio, il quale pur volendo, è sempre governato dalla saggezza la quale gli indica l’unica via santa sulla quale incamminare l’uomo al fine di raggiungere la sua salvezza eterna. Ora questa via a volte passa per il miracolo, altre volte per la negazione di esso. Quando la fede è vera, autentica, genuina, essa chiede il miracolo, ma anche pone tutta la persona nel mani di Dio, il quale opererà secondo il suo imperscrutabile disegno di salvezza e la legge sapiente del suo amore.

• Stava ancora parlava, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”.
Nel frangente giunge la notizia della morte della figlia del capo della sinagoga. Ormai Cristo non serve più. Mentre era in vita e finché sarebbe rimasta, anche tenuemente legata ad essa, il Maestro avrebbe potuto fare qualcosa. Ora che la fanciulla è morta, lo si può licenziare.
E’ questa una fede a metà. Cristo Gesù può qualcosa, ma forse non può tutto. A volte pensiamo di Cristo sullo stesso modello della nostra fiducia che riponiamo negli uomini. Sovente in quanti fanno uso della magia e della superstizione si nota che alcune cose le possono, e quindi le fanno, altre non le possono e le tralasciano, senza però dirlo agli interessati. Trovano la scusa della lunghezza e della difficoltà.
Quando si incontra Cristo invece nulla di tutto questo. Il miracolo di Gesù è sempre imminente. Lo abbiamo veduto nel caso della guarigione delll’indemoniato di Gerasa, posseduto da una legione di spiriti immondi. Né ci sono difficoltà di altro genere. L’unica difficoltà non viene dal Cristo Gesù, viene dall’uomo, dalla sua poca fede.
Eppure, contraddizione delle contraddizioni, quando si ricorre a quanti fanno uso della magia e della superstizione, ci si va con una fede illimitata. Si crede che essi possano tutto. La non capacità o non onnipotenza è invece proprio in loro, mentre in chi vi ricorre c’è una grandissima fede. Con Cristo, che è Onnipotente per natura e per grazia, essendo Dio e Uomo, nell’unica persona divina, si pensa ad una sua non onnipotenza; si crede che ci siano delle cose difficili per lui. Egli non può tutto. Può qualcosa. E’ questa purtroppo la storia quotidiana dell’uomo. Da chi non può va con una fede forte; ma rimane deluso; da chi può, a volte si presenta con una fede debole e rimane inascoltato, inesaudito, a causa della sua poca fede.
Ancora una volta si impone il discorso sulla retta fede che deve possedere il cristiano. Ma non può esserci retta fede se non c’è retta conoscenza della verità. La verità deve donarla tutta intera la Chiesa. E’ questo il suo compito ed il suo mandato.

• Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”.
Gesù vuole una fede perseverante, forte, che non si arrenda dinnanzi all’umanamente impossibile. Anche questo è un grande insegnamento per noi. Sovente cominciamo nella fede, ma poi, quando le difficoltà aumentano, essa viene meno, ci abbattiamo, pensiamo che Dio non sia capace, non vi riesca, non lo voglia. Non sappiamo, o fingiamo di ignorare che tutto è possibile per chi ha fede.

• E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Di alcuni avvenimenti assai importanti Gesù non vuole testimoni oculari. Pietro, Giacomo e Giovanni sono stati scelti da lui come testimoni per il futuro della fede. Saranno essi che un domani dovranno informare i discepoli su alcuni momenti vissuti nel nascondimento dal Maestro, perché la storia non permetteva che fosse altrimenti. E questo per un motivo assai prudenziale. La sua missione mai sarebbe dovuta uscire dalla via tracciata dal Padre suo. Questa risurrezione e le poche altre sono solo un segno ed una anticipazione di quella che sarà la risurrezione finale.

• Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte.
Ognuno si rapporta con la morte secondo la misura della propria fede. Quasi sempre, mancando una fede assai profonda nel cuore, il dolore si trasforma in amarezza se non in disperazione per il troppo attaccamento alla vita. Per altri in una occasione di lucro, di guadagno, della realizzazione di un qualche interesse; per alcuni infine c’è solo distrazione e disattenzione dinnanzi ad essa. La mente ed il cuore sono altrove. Questo mistero non li interessa.

• Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”.
Gesù dona alla morte il suo vero, autentico significato. Essa è un addormentarsi nel Signore nell’attesa del risveglio eterno. La gente questo non lo sa, non vuole saperlo, non lo comprende, né vuole penetrarne il mistero. E per questo fa strepito e piange. Oh se il cristiano sapesse veramente cosa è la sua morte, la farebbe diventare in Cristo momento di grande espiazione della colpa, ma anche darebbe allo spirito quella pace perché lo aiuterebbe a vederla nella sua giusta dimensione: un addormentarsi nel Signore in attesa di essere da lui risvegliati a vita nuova ed eterna. Questa speranza il cristiano deve portare nel mondo, questa speranza diffondere, ma anche accogliere e farne la ragione della propria esistenza.

• Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina.
Chi è senza fede non può che deridere chi ha fede. E Gesù è deriso. Lo si deride perché non distingue la morte dal sonno. Ma chi è degno di derisione è il mondo che non sa la differenza tra il sonno della morte e l’altra morte, quella eterna, che si abbatterà su di loro.

• Presa la mano della bambina, le disse: “Talita Kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico, alzati!”.
Il risveglio dalla morte avviene in modo assai semplice e naturale, veramente come se la bambina fosse avvolta dal sonno del corpo. E’ proprio della potenza di Dio vivere i più grandi miracoli con la sola forza della parola. Quanta differenza con i miracoli di risurrezione narrati dall’Antico testamento. Lì la forza bisogna impetrarla da Dio e quindi si richiedeva la grande preghiera carica a volte di una ritualità e una gestualità, che non sono la causa del ritorno nel corpo dell’anima, ma solo la forma esterna di una intensa preghiera al Padre dei cieli.

• Subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni.
La risurrezione non è fatto apparente, è avvenimento reale. La bambina ritorna alla vita di prima.

• Essi furono presi da grande stupore.
Lo stupore è solo dinnanzi alla presenza del soprannaturale nella nostra vita, di fronte alla vicinanza del divino. Questi uomini percepiscono che non ci si trova semplicemente dinnanzi ad un uomo. C’è in Gesù di Nazaret qualcosa che lo innalza infinitamente al di sopra di ogni uomo e di tutti gli uomini. Non c’è paragone con altri. Lui è solo ad agire in questo modo. C’è un Altro, ma questi è Dio. La conclusione deve condurre e di fatto condurrà alla divinità di Gesù. Solo Dio può agire come Dio. La relazione tra il Padre e Gesù verrà a poco a poco specificata fino a definirla e coglierla come figliolanza eterna.

• E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Gesù non vuole che si divulghi il fatto. Lo richiede la fedeltà alla sua missione. La vita normale comporta anche il sostentamento, bisogna nutrirsi per poter continuare a vivere. Gesù vuole che si dia da mangiare alla bambina. La ripresa di questa attività è l’altro segno evidente del completo ritorno alla vita del corpo. Tutte le funzioni del corpo sono nel loro pieno funzionamento. Nessun dubbio di una qualche messa in scena o di qualche apparente ritorno in vita. Veramente la bambina è risorta. La sua vita può ora svolgersi nella sua normalità e quotidianità di gesti e di contenuti.

Non temere, soltanto abbi fede! (M. Costantino di Bruno)
Oggi il Vangelo mette il nostro cuore dinanzi a tre modalità di credere nell'onnipotenza di Gesù Signore. Un padre chiede a Gesù che vada a casa sua a dare la guarigione alla sua figlioletta che sta morendo. Quest'uomo crede che Gesù è capace di guarire il corpo dalle malattie. Crede e chiede. Il Signore ascolta il grido di questo padre afflitto e privo di ogni umana speranza e si incammina con lui. Una donna afflitta da una inguaribile malattia vive invece una seconda modalità. Lei crede che a Cristo neanche si debba chiedere. Basta solo un contatto fisico, anche con il suo mantello, e lei di certo sarebbe guarita. Dove nessun medico è riuscito, con Gesù tutto si sarebbe risolto in un istante. Così lei crede. Così è. Lei tocca il suo mantello e la sua malattia scompare. Gesù chiede alla donna che renda pubblico il miracolo. La sua è una fede che non può restare nascosta. Il mondo deve conoscere cosa è capace di fare Gesù con il suo corpo. Domani milioni e milioni di persone non solo toccheranno il corpo vero, reale, sostanziale di Gesù Signore. Di esso anche si nutriranno, perché Gesù lo darà come suo alimento. Ora se solo toccando il lembo del mantello la donna è guarita, vi sarà forse miracolo impossibile per colui che lo mangia con la stessa fede? Dovremmo tutti riflettere quando ci si accosta all'Eucaristia. Il corpo di Cristo è vera onnipotenza di trasformazione di tutta la nostra vita. Va però preso con vera fede. Mentre Gesù è in cammino verso la casa di Giàiro, la sua figlioletta muore. C'è ancora spazio per Cristo Gesù o la sua onnipotenza si arresta dinanzi alla morte? Per alcuni il Maestro non serve più. Dinanzi ad un freddo cadavere anche Lui si deve mettere da parte. Gesù conosce se stesso. Sa chi Lui è e rassicura Giàiro dicendogli di non temere e di avere soltanto fede. Quando si dice a qualcuno di avere fede, si deve essere certi della verità di ogni nostra parola. All'altro viene chiesto di fondare la sua vita sulla parola che noi gli diciamo. È questa la terza modalità della vera fede.
Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che la nostra parola sia sempre degna di vera fede.
Spunti di riflessione:

- Cosa significa per me oggi “lasciarmi stringere” da una folla?
- Nel confronto con l’altro quanto mi metto in gioco? L’emarginazione sociale e religiosa della donna: quali volti concreti scorgo dietro lo sguardo di lei?
- Come si esprime la nostra fede? Come la coltiviamo?
- Quali difficoltà incontriamo nell'armonizzare la nostra esperienza di fede? Come cerchiamo di superarle?
- Quali impegni vorremmo prendere per cercare una migliore qualità della nostra fede comunitaria e familiare?