LECTIO DIVINA
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
DOMENICA DEL LEBBROSO GUARITO
Tema: Gesù guarisce dal peccato che ci divide e ci reinserisce nella comunità degli uomini.
I Lettura: Lv 13,1-2.45-46
Dal salmo 31(32)- La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia.
II lettura: 1 Cor 10,31-11,1
Alleluia: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, dice il Signore ma i malati; io sono venuto a salvare i peccatori.” (cfr. Mt 9,12-13)
Vangelo: Mc 1,40-45
Colletta
Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, Tuo figlio, che è Dio ….
ANNOTAZIONI
v.40 – Lebbroso: La legge obbligava i lebbrosi a vivere fuori dai villaggi e a prendere precauzioni per non contaminare nessuno con la loro impurità ( cfr. Lv.13-14). La lebbra per l’antico vicino oriente costituiva quasi un grande simbolo attorno a cui si raccolgono paure, tabù e dogmi. Era quasi la metafora fondamentale del peccato e della discriminazione, del giudizio divino e della scomunica sociale. Nella mentalità ebraica il malato di lebbra era considerato fuori dalla salvezza, uno “scomunicato”, un cadavere ambulante, tanto che la tradizione giudaica lo equiparava al bambino nato morto (cfr. Nm 12,12) e la sua eventuale guarigione era considerata una vera e propria resurrezione. Secondo l’interpretazione teologica della retribuzione il malato di lebbra era considerato un grande peccatore (cfr. Sal 37(38), 4.6.19)
v.41 – Mosso a compassione: Letteralmente “avere viscere” di tenerezza nei confronti dell’angoscia disperata di quell’uomo(cfr. 6,34; 8,2;9,22).
-Stese la mano: E’ il gesto tipico del Signore liberatore nell’esodo (cfr. Es 4,4; 7,19;8,1;9,22-23; 14,16.26-27).
-Lo toccò: gesù viola le norme di purità rituale e va al di là e attraverso il contatto condivide il destino con quell’uomo, spezzandone l’isolamento totale.
-Lo voglio, guarisci: Nell’AT si trovano due guarigioni della lebbra (Nm 12,4;16: sorella di Mosè; 2 Re 5,8-14: Naaman il siro). Gesù al contrario di queste guarigioni non implora né propone vie liturgiche, se non quella successiva di attestazione ufficiale dell’avvenuta guarigione, ma guarisce con la sua autorità divina.
v.43 – Ammonendolo severamente: Indica un rimprovero aspro. L a via attraverso cui la folla deve conoscere il mistero di Gesù non è quella delle guarigioni, ma della croce.
v.44 – Presentati al sacerdote: Il sacerdote espletava la funzione ufficiale di garante della purità riacquistata e di riammissione nel contesto sociale e religioso. L’evangelista vuole sottolineare che Gesù, anche se rifiuta la concezione retributiva di Dio, rispetta le norme quando sono strumento pratico di relazioni sociali.
v. 45 – non poteva più: Dopo l’incontro con il lebbroso che ha purificato, Gesù ne prende il posto perché secondo la legge è diventato un “impuro”. Non può più entrare in luoghi abitati e in città come i lebbrosi, ma le folle vengono a Lui (Gv 12,32).
VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Vangelo: Mc 1,40-45
Le parole del Levitico lo dicono chiaramente: per tutti il lebbroso è un morto che cammina, è l’emarginato per eccellenza. E in aggiunta, come se non bastasse, è pure colpevole della propria ripugnanza: la malattia è un castigo per i propri peccati. Per tutti il lebbroso è uno da evitare e lui stesso deve gridare la sua condizione (“Immondo,
immondo!”) per mettere in guardia i possibili sventurati incrociati lungo le strade.
Per tutti, ma non per Gesù!
Il Rabbì di Nazareth non vede un immondo o uno scarto, ma un uomo e un fratello. C’è qualcosa di davvero magnifico in questo incontro, in quel toccare di Gesù che fa ricordare al lebbroso di essere vivo, di essere ancora una persona. E’ come se quel gesto folle del maestro strappasse il malato, prima ancora che dalla patologia, dalla sua solitudine. Prima di ritrovarsi cucita addosso una pelle lucente e fresca, il lebbroso si riscopre vivo e prezioso agl’ occhi di Gesù.
Mi incuriosisce e mi affascina la richiesta del lebbroso, perché è coraggiosa e timida allo steso tempo: “Se vuoi, puoi guarirmi!”. Egli supera la barriera sociale e si mette in relazione con Gesù, ha dentro un desiderio, non ha paura di
portarlo davanti al Maestro. Ma allo stesso tempo sembra quasi che non voglia disturbarlo: “Se vuoi...”. Certo, lui pensa che solo quelli che hanno il tagliando in regola possono accedere alle opere straordinarie di Dio, solo chi se lo merita, solo chi ha la fedina penale pulita. Quante persone ho incontrato in questi anni che ragionano proprio così: “Io che ho deluso tutti, come posso ancora pregare?”, “Io che non vivo più con mio marito, come posso entrare ancora in una chiesa e mettermi in ginocchio?”, “Io che non riesco a mantenere i miei impegni davanti a Dio, è giusto che continui ad annoiarlo con le mie preghiere?”... e così via. Dobbiamo davvero convincerci che il Vangelo è diverso, che il nostro Dio è differente! Non sono i meriti accumulati che mi danno libero accesso a Lui, ma il mio desiderio di incontrarlo riconoscendomi bisognoso. La mia povertà non è un ostacolo, ma la porta d’accesso alla Sua grazia e al Suo amore.
Gesù - il rabbi che conosce le nostre solitudini - non si accontenta di dire una parola guaritrice, ma lo tocca, frantuma la distanza e la solitudine. E poi invita al silenzio. Bellissimo! Il maestro non vuole passare per un maghetto o per un santone guaritore. Certo: i miracoli dicono che Gesù è il messia, che in Lui si incarna la potenza di Dio; ma solo sotto la Croce si potrà comprendere fino in fondo qual’è questa potenza e qual’è il vero volto di Dio che Gesù è venuto a rivelare.
Buona settimana
Don Roberto
SAN GIOVANNI CRISOSTOMO
«Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mc 1, 40). È grande la prudenza e la fede di questo
lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il discorso, né si fa strada tra la folla
degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal
monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi
piedi, con fede sincera e con una giusta opinione di lui.
Gesù non si accontentò di dire: «Lo voglio, guarisci!» ma contemporaneamente “stese la
mano e lo toccò» (Mc1, 14); la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti,
mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che
l’abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto
alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe
stato di immondo per i puri.
Il Signore infatti non era venuto solo per guarire i corpi, ma anche per condurre le anime
all’amore della sapienza. Perciò come altrove dice che non è più proibito mangiare senza
lavarsi le mani, e come istituisce quell’ottima legge che permette di cibarsi di qualunque
cibo, così agisce in questo caso per insegnare che bisogna curare l’anima mantenendola
pura, senza far caso delle esteriori purificazioni e temendo soltanto la lebbra spirituale che
è il peccato.
Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale infatti
non era corrotto, e la folla che ne era spettatrice non era guastata dall’invidia. Perciò non
solo non lo criticano, ma, presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua
inestimabile potenza che si manifesta nelle parole e nelle opere.