III DOMENICA DOPO PASQUA (C)


Scuola di Vita
III DOMENICA DOPO PASQUA (C)
At 5, 27b – 32.40b -41; Dal Salmo 29 (30) ; Ap 5, 11 - 14
GV 21, 1 – 19

TEMA : Consapevolezza - Evangelizzazione

• In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.
In questo epilogo vengono aggiunte le ultime disposizioni che Gesù diede in terra ai suoi discepoli, prima della sua ascensione al cielo con il suo corpo glorioso e risuscitato dai morti. Siamo in Galilea, nei pressi del mare di Tiberiade. Si trovano insieme quella sera: Simon Pietro, Tommaso, Natanaèle, Giacomo e Giovanni e altri due discepoli di cui non si dice il nome. Sette discepoli in tutto. Poiché non viene menzionato, il nome degli altri due ci è oscuro. Quando c’è un qualcosa d’importante, si citano coloro che in qualche modo servono a garantire la verità storica e poi tutto il resto si omette. La menzione in eventi particolari deve essere ridotta all’essenziale, deve servire solo a rendere l’evento storico e l’evento è storico quando è attestato da alcuni testimoni. Una volta che si è reso il servizio alla storia, la storia lo potrà rendere alla fede, senza che la storia ne soffra; non così potrebbe dirsi per la fede, la quale se ingabbiata nelle cose umane e della terra, potrebbe perdere di essenzialità e smarrirsi per non più ritrovarsi nelle umane faccende e vicende della vita.
• Disse loro Simon Pietro: « Io vado a pescare ». Gli dissero: « Veniamo anche noi con te ».
Simone quella sera decise di andare a pescare. Era un suo desiderio poter nuovamente gettare le reti nel grande lago di Genesaret. Gli altri che erano con lui lo seguono spontaneamente, liberamente, senza che da parte di Pietro vi fosse una qualsiasi azione di violenza, né psicologica, né tanto meno con atti di forza. Volendo leggere questo versetto alla luce dell’azione dell’uomo, ci sono diversi modi per convincere qualcuno a fare una determinata cosa. Il primo è senz’altro l’invito personale, o comunitario. Altra modalità anch’essa vigente e più incisiva dell’invito è quella di manifestare la propria intenzione e di lasciare libera la volontà altrui perché da sola decida ciò che vuole fare. Il mondo di oggi parla per decisione, per scelte personali, per esemplarità. Anche la missione della Chiesa deve essere operata secondo questa modalità, per attrazione. Questo avviene se c’è qualcuno forte, assai forte, capace di trasmettere questo impulso nuovo al mondo. Non dicendo nessuno con risolutezza che è pronto per andare a pescare, né lui né altri vi andranno mai; ognuno resterà con le mani in mano ed il mondo senza missionari. I santi ci hanno lasciato questa modalità e questa loro forza. Essi hanno deciso e tanti altri li hanno seguiti. Senza che essi dicessero una sola parola, attraendo con il loro esempio e con la loro fermezza nell’attuazione della parola di Gesù.
• Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
Vanno a pescare, purtroppo in quella notte non prendono nulla. Poiché la pesca di Pietro e degli altri è simbolo della pesca che Pietro e gli altri dovranno fare nel mare del mondo, non si può andare a pescare nel proprio nome, o nel nome della propria parola. Quando Gesù non è al principio e alla fine della nostra opera evangelizzatrice, quando lui non è il principio ispiratore della nostra missione, quando essa non è fatta nella sua benedizione, per un più grande rendimento di gloria al Padre suo che è nei cieli, la missione non dona frutti, niente può essere attratto verso la rete del Vangelo. Quando si parla di vuoto si intende una cosa sola: non si parla dei risultati umani che potrebbero essere anche tanti, si parla solo di anime condotte nella rete del cielo e consegnate a Cristo, perché Gesù le consegni al Padre suo. Se un’anima attraverso la nostra predicazione non confessa che Gesù è il Signore e che la sua parola è Parola di vita eterna, l’unica parola di vita eterna, la nostra predicazione, la nostra missione è vuota, la nostra rete è vuota, il nostro lavoro è vuoto, vano, inutile per il cielo.
• Quando già era l'alba Gesù stette sulla riva ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.
Gesù disse loro: « Figlioli, non avete nulla da mangiare?».
Gli apostoli avevano lavorato, non avevano preso nulla, erano senza il loro sostentamento quotidiano. Gesù viene sempre in aiuto all’uomo, per insegnargli che c’è una via che egli deve sempre percorrere se vuole trovarsi a suo agio, se vuole che il suo lavoro sia fruttuoso. I discepoli non lo riconoscono. Non si accorgono che è lui. Eppure avrebbero dovuto accorgersene dal suo linguaggio, dalla sua parola dolce, piena di attenzione, ricca di tanto amore. Gesù, infatti, chiamandoli figlioli, chiede loro se hanno qualcosa da mangiare. C’è un interessamento da parte di “quello sconosciuto” verso i discepoli del Signore, una particolare attenzione d’amore, che avrebbe dovuto porre un interrogativo al loro cuore. Quando si parla il linguaggio della carità, e dovunque questo linguaggio viene ascoltato, allora lì non c’è solamente un uomo, lì c’è qualcuno che sicuramente cammina con Dio, c’è qualcuno con il quale vi è anche Dio, perché solo Dio è amore. Ma questo è un discorso che spesso si fa a posteriori, perché nell’attimo in cui ci si trova di fronte, difficilmente si riesce a pensare sulla verità di chi ci sta dinanzi.
• Gli risposero: « No ».
Alla domanda essi rispondono con un no, senza altro aggiungere. Loro non hanno nulla da mangiare. Ci si potrebbe anche chiedere il significato misterico di questa domanda di Gesù e della risposta dei suoi discepoli. Ma in questo caso si potrebbe semplicemente dire che senza Gesù, senza la presenza di Gesù, in mezzo ai suoi discepoli, essi non avranno mai nulla da mangiare, si intende del cibo spirituale, poiché sarà sempre Gesù che dimora in loro e con loro, a fornire quanto è necessario per il sostentamento del loro spirito e della loro anima. Senza la presenza perenne di Gesù con i suoi discepoli, essi mai potranno sfamare il mondo, perché non hanno nulla da dare quanto a beni spirituali. Essi devono dare il pane della Parola e il Cibo Eucaristico, che è il Corpo e il Sangue di Gesù e se Gesù non è in loro, non agisce per mezzo di loro, se Gesù non è diventato il loro cibo spirituale, la loro acqua, il loro pane, il loro vino, come potranno essi dare il cibo al mondo? Devono necessariamente andare incontro a Gesù, perché Gesù sia il principio vitale della loro anima, del loro cuore, della loro mente.
• Allora disse loro: « Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete ».
Viene dato ai discepoli un suggerimento. Voi non avete preso nulla, perché non avete gettato la rete dalla parte destra della barca; se ora la gettate dalla parte destra, troverete di sicuro. Tutto questo racconto è misterioso. Misteriosa è la domanda di Gesù, misteriosa è anche questa via indicata loro per trovare di che sfamarsi, misteriosa e anche l’obbedienza e l’ascolto del consiglio dello “sconosciuto”. Ancora una volta sorge la questione fondamentale. Perché i discepoli di Gesù intrattengono un dialogo con uno sconosciuto, con uno che si presenta mentre loro sono a pesca e per di più in una qualche difficoltà? Perché lo ascoltano, perché rispondono, perché gettano la rete proprio dalla parte destra secondo le sue indicazioni? Chi scrive il Vangelo è Giovanni e se lui ha riservato il fatto della pesca miracolosa, che in altri vangeli è all’inizio dell’incontro di Gesù con il loro Maestro e Signore, sicuramente avrà un significato molto più arcano, più trascendente, totalmente soprannaturale. Quale esso sia, è difficile poterlo decifrare, a causa di questa relazione che finora è tra “uno sconosciuto” e i discepoli di Gesù. È chiaro, evidente che i discepoli non hanno riconosciuto che quell’uomo era Gesù. Questo è un dato essenziale. Altro dato essenziale è che tra lui e i discepoli di Gesù c’è un incontro da cuore a cuore, con quest’uomo si trovano, si intendono, dialogano, parlano, lo ascoltano. Forse Giovanni vorrà dirci che quando si andrà per il mondo allora non bisogna pensare che tutti siano cattivi, gente di cui diffidare, perché anche nello sconosciuto e nello straniero ci può essere un cuore capace di amare, anche se manca della perfezione dell’amore che solo loro potranno dare a condizione che non siano intenti a pescare, a fare il loro primitivo mestiere, mentre dovranno essere tutti sempre pronti a pescare uomini a Dio? Forse vorrà anche dirci che nel dialogo con i discepoli, è lo sconosciuto a porre domande, a dare indicazioni, mentre essi sono muti dinanzi a lui eppure anche essi avevano una ricchezza nel cuore e di questa ricchezza nulla trapela perché per loro in quel momento non era questa la loro preoccupazione, quella di parlare dello loro esperienza con Gesù risorto che essi avevano visto e dal quale erano anche stati alitati con lo Spirito Santo e arricchiti con il potere di rimettere i peccati? Una cosa è certa. Il racconto avrà sicuramente un significato misterico, che va oltre il semplice dialogo e il semplice incontro e il semplice consiglio di gettare la rete dalla parte destra.
• La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.
L’ascolto della parola dello sconosciuto opera il miracolo. La rete è ricolma di una gran quantità di grossi pesci.
• Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: « È il Signore! ».
A questo momento il discepolo che Gesù amava dice a Pietro che quello sconosciuto altri non è che il Signore. Lo sconosciuto è riconosciuto come il Signore per il fatto che la sua parola si compie, si avvera. Lui aveva detto di gettare la rete dalla parte destra della barca perché così avrebbero sicuramente trovato e così avviene. Dal compimento della Parola, il riconoscimento di Gesù. Proviamo a spostare il ruolo dei soggetti che si trovano sul mare di Galilea in questo primo mattino di una notte passata in un lavoro vano. Il lavoro è sempre vano quando non sortisce gli effetti per il quale viene posto in essere. Pensiamo che lo sconosciuto sia il discepolo di Gesù che deve presentarsi dinanzi al mondo. Quale sarà la metodologia più idonea perché lui sia creduto dal mondo, sia riconosciuto come un inviato di Dio? Bisogna entrare in dialogo con gli uomini con una parola che sia, prima, carica di dolce carità, di un amore intenso, di un interessamento per gli uomini, i quali sono affannati, delusi, stanchi, scarichi di ogni tensione spirituale, tutti intenti a ricolmare la nullità della loro opera che risulterà sempre incolmabile. Il mondo accoglierà la loro parola, se essi si sono resi credibili attraverso il loro amore, la loro misericordia, il loro interessamento alla vita reale, concreta, alle loro quotidiane difficoltà. La parola che essi diranno e che il mondo ascolterà dovrà essere una parola potente, capace di sconvolgere la loro mente ed il loro cuore. Questa parola è la parola di Gesù, la parola del Vangelo. Con questa parola i discepoli di Gesù dovranno presentarsi al mondo, se vorranno attrarlo a Gesù. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse la veste ai fianchi, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
Pietro non vuole rimanere neppure un attimo lontano da Signore, vuole correre presso di lui. Lui Gesù lo amava e lo ama ed ora è venuto il tempo di manifestargli tutto il suo amore. Quell’attimo del tradimento deve scomparire dalla sua mente. Per questo egli si getta in mare, dopo essersi in qualche modo vestito, perché si era spogliato, al fine di poter lavorare meglio e senza eccessivo sudore.
• Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
Gli altri discepoli invece pensano a portare barca e pesci a terra. Poiché la rete non era stata ancora tirata in barca, essa venne trascinata quasi fino a terra. Viene anche specificato che barca e reti erano quasi in prossimità della terra; si erano inoltrati nell’acqua solo un centinaio di metri. Questa precisazione indica la potenza della parola dello sconosciuto, che è poi parola di Gesù. Ci viene significato dall’Evangelista la potenza della parola con la quale bisogna che il discepolo del Signore si presenti nel mondo. Che il mare fosse senza pesci lo dimostra il fatto che essi lo hanno girato in lungo e in largo per tutta la notte senza prendere nulla, ritornano a terra con la rete vuota. Che sia la potenza della parola a riempire la rete lo manifesta il fatto che essi appena si erano inoltrati qualche metro per poter gettare comodamente la rete, subito la rete si è riempita, senza eccessivo lavoro. Tutto diviene facile con l’annunzio della Parola del Vangelo e con la fede di chi questa parola propone.
• Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
A volte si vorrebbe la salvezza come un’opera creatrice di Dio, della sola sua onnipotenza, come il pesce sul fuoco che Gesù fa trovare ai suoi discepoli già pronto. Questo lo può fare lui e di fatto potrebbe anche farlo, secondo il suo imperscrutabile disegno d’amore. Ma a nessun uomo è data questa potestà, perché è solo potestà di Dio. Al discepolo del Signore è data invece l’altra potestà che è quella di condurre il mondo a Dio attraverso il suo quotidiano lavoro, attraverso la sua giornaliera fatica, poiché l’apostolato deve essere vera e propria opera di salvezza. Rinviare tutto su Dio, senza che noi portiamo a termine con coscienza e con responsabilità il mandato affidatoci, che è quello di gettare la rete in mare dalla parte destra, è grave peccato di omissione con la conseguente perdita di anime che mai potranno essere portate nella rete del cielo senza la nostra opera di annuncio della parola.
• Disse loro Gesù: « Portate un po' del pesce che avete preso ora ».
Sulla tavola del cielo devono esserci pesci pescati dagli apostoli del Signore e pesci che il Signore direttamente salva lui attraverso la sua grazia. Lui sa cosa fare e come farlo, anche noi dobbiamo sapere sempre cosa fare, come farlo, quando farlo. Ci sono anime che Gesù ha affidato alla nostra opera e queste anime che il Padre ci ha consegnato noi dobbiamo portarle a Gesù. Quante anime il Signore ha affidato a ciascuno di noi? Esse non sono sicuramente poche, sono moltissime.
• Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci.
Il testo evangelico dice che le anime affidate alla Chiesa e che essa deve portare nella rete del paradiso sono tantissime, una grandissima quantità. La Chiesa è il prolungamento di Gesù, la sua perenne incarnazione mistica nei cuori. Se non si entra in questa fede, che è poi fede nell’incarnazione di Gesù, la missione della Chiesa non si svolge e se non si svolge la rete resta vuota, resta vuoto il cielo. Questo deve essere perennemente chiaro allo spirito, al cuore, alla mente, all’anima di ogni discepolo di Gesù. Costui deve sempre sapere che c’è una straordinaria quantità di anime che è stata affidata alla sua opera evangelizzatrice e se lui non la compie, quelle anime rischiano di perdersi, di non entrare nel paradiso, a causa dell’omissione. Poiché questa omissione è peccato dinanzi a Dio, il missionario dovrà rendere conto al Signore di ogni anima che si perde. Ognuno morrà per il suo peccato; il missionario morrà anche per il peccato di quanti sono stati lontani da Dio, di quanti hanno disprezzato il Signore, lo hanno tradito ed abbandonato a causa della sua opera non svolta.
• E benché fossero tanti, la rete non si squarciò.
Nella rete del cielo ogni anima vi può entrare ed essa mai si spezzerà, anzi sono sempre pochi i pesci che sono presi dalla sua rete; anche questa dovrebbe essere convinzione del credente, del discepolo del Signore. Se lui si radicherà in questa certezza che sono molti di più quelli che rimangono fuori a causa della sua omissione, che quelli che entrano dentro, allora egli potrà iniziare un vero proficuo lavoro a beneficio della salvezza. La rete del cielo è capace, capacissima di contenere tutte le anime. Il Vangelo parla di questa straordinaria abbondanza, ed è veramente grande l’abbondanza dei redenti, di coloro che attraverso la missione della Chiesa entreranno nel cielo. Questo deve anche preservarci dal cadere in tentazione e a pensare che la nostra opera è vana, che niente per noi si compie, che tutto è infruttuoso. L’evangelista ci dice che quando noi operiamo secondo la parola di Gesù il frutto certamente seguirà, e seguirà nell’abbondanza, anzi nella grande abbondanza. Anche questa deve essere certezza di fede in chi vuole iniziare a lavorare con il Signore.
• Gesù disse loro: « Venite a mangiare ».
Dopo il lavoro la ricompensa. Dio è il Dio delle giuste ricompense. Dopo che avremo lavorato con onestà, con serietà, avremo operato in conformità al comando ricevuto, verrà anche per noi il tempo della gioia, l’ora di sederci assieme a Gesù per gustare il riposo di mangiare assieme a lui nella mensa del cielo. Questo riposo ci è dato solo dopo aver svolto il nostro quotidiano lavoro; fino a quel tempo dobbiamo vivere di speranza, che è poi la forza della fede e della carità. Sapere che anche per noi verrà il tempo di potersi sedere accanto al Signore e restare in eterno con lui, deve spingerci ad un lavoro sempre più intenso e sempre più coraggioso, come il suo che non esitò di andare incontro alla morte e alla morte di croce, per consegnare tutto il mondo al Padre suo che è nei cieli.
• E nessuno dei discepoli osava domandargli: « Chi sei? », poiché sapevano bene che era il Signore.
C’è in questa frase tutto il significato del silenzio adorante che bisogna gustare sia su questa terra, sia nel cielo, quando si sta alla presenza di Gesù. Dal silenzio nasce quella adorazione profonda del cuore e dello spirito, è il Signore che deve parlare e non l’uomo. Essi sanno, non chiedono, attendono che sia Lui a parlare, perché la sua parola ha un valore infinito, una potenza che scuote il cuore e lo rimuove da ogni imperfezione, una carica tale da cancellare il passato e mettere l’uomo sulla via dell’assoluta novità, che è poi la novità di Dio e del suo amore.
• Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.
Gesù per ora non parla, non è ancora venuto il tempo di riprendere la parola. Gesù conosce i tempi e i momenti, sa quando è giusto e quando è inopportuno parlare. Ora è solamente il tempo in cui i discepoli devono attendere a ricomporre le loro forze. Poi verrà il momento in cui dovrà dire le sue ultime parole, prima di lasciare questo mondo e le dirà in modo formale, dottrinale, tutti dovranno capire che quelle sono le parole del Maestro e che hanno un valore perenne. Anche questa è metodologia di Gesù. Sapere aspettare, sapere discernere, sapere cosa è giusto che nel momento venga operato è la cosa più santa, più saggia per un uomo. Quando un uomo vive di saggezza, di conoscenza dei tempi e dei momenti, quando sa svolgere la sua opera con autorità di Maestro, allora le cose di Dio vengono svolte secondo verità e giustizia. Gesù fa ogni cosa secondo il cuore del Padre e il cuore del padre sa quando si devono fare le cose, per essere fatte secondo giustizia e verità.
• Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
L’Evangelista tiene a sottolineare che questa è la terza volta che Gesù si manifesta, almeno secondo il suo racconto, nel suo vangelo. La prima volta il giorno di Pasqua, la seconda volta otto giorni dopo, la terza volta qui sul mare di Galilea. Dobbiamo tuttavia precisare che queste apparizioni che egli racconta sono rivolte direttamente ai suoi apostoli e solo ai suoi apostoli, che Giovanni chiama i suoi discepoli. Gli altri Vangeli parlano di altre apparizioni, ma non sono rivolte direttamente agli Apostoli, ai dodici, o meglio agli undici, poiché, dopo l’uscita dal cenacolo di Giuda, sono rimasti in undici. Anche Giovanni ha già lui direttamente raccontato l’apparizione di Gesù a Maria di Magdala, che è la prima apparizione, in assoluto. Ma questa da lui non viene menzionata ed il motivo è assai semplice. In queste tre apparizioni Gesù dona ai suoi discepoli il completamento della verità, dei poteri, delle modalità attraverso cui essi dovranno svolgere la missione nel mondo. E questo è assai importante; ecco perché lui enumera le apparizioni, poiché per ogni apparizione c’è un dato nuovo, di verità e di amore, di grazia e di santità, di cui i discepoli dovranno sempre ricordarsi. In tal senso queste tre apparizioni completano quanto Gesù aveva già rivelato di se stesso e del Padre e della missione che il Padre gli aveva affidato. Come si può riscontrare le tre apparizioni sono tutte finalizzate al conferimento della missione da parte di Gesù ai suoi discepoli, esse non sono semplicemente delle apparizioni, ma sono soprattutto e principalmente Vangelo, poiché annunzio di una verità e dono di una grazia, conferimento di poteri particolari e speciali attraverso i quali la Chiesa di Dio dovrà sempre esistere, se vorrà essere la Chiesa di Gesù nel mondo. Per questo esse sono importanti e per questo è necessario che ci si ricordi anche del numero, poiché ognuna ha una sua particolare manifestazione e conferimento di un dono di grazia nella verità di Dio.
• Quand'ebbero mangiato Gesù disse a Simon Pietro: « Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro? ».
Ora è il momento di Pietro. Egli non potrà passare alla storia come colui che ha rinnegato il Signore. Questo peccato dovrà essere cancellato ed espiato e questo potrà avvenire solo per opera di Gesù. La Chiesa non deve ricordare il peccato dei suoi figli; essa deve pensare e sapere che ogni peccato può essere perdonato, ogni colpa cancellata, ogni pena estinta, ogni momento può essere un momento di novità e questa novità solo l’amore di Gesù che dimora in un cuore la può operare. C’è pertanto un dialogo che deve essere posto e di fatto viene posto da Gesù al cuore che ha peccato, che si è pentito, perché chiaramente appaia il pentimento ed il perdono. Ma anche appaia in piena luce la novità di vita, il nuovo essere di chi ha peccato che si fonda interamente sull’amore per il Signore. Giovanni ci vuole insegnare che ogni peccato potrà essere vinto da un amore più grande, assai grande, un amore che diventa nostra vita, nostra relazione, nostro modo di essere e di operare nella storia e nelle infinite relazioni che noi stringiamo con i fratelli. Gesù chiede a Pietro se lo ama più di costoro. Costoro sono i discepoli del Signore. In questa prima domanda viene posto a nudo il cuore di Pietro; gli altri non devono pensare che Pietro non ami il suo Maestro, essi devono sapere che Pietro ama il suo Maestro più di loro, più dell’amore che c’è nel loro cuore. Viene così ristabilita la parità mentale tra Pietro e gli altri, Non perché Pietro abbia sbagliato non ama il Maestro, non perché loro non abbiano sbagliato essi amano il Maestro più di Pietro. Essi ora sanno che Pietro ama il Maestro più di loro e questa conoscenza o certezza pone la parità nell’amore, che non potrà essere misurato da un peccato commesso, o da un peccato non commesso. L’amore può sempre essere rimesso nel cuore. Questa verità dovrà essere vita della Chiesa, altrimenti si cadrà facilmente nel giudizio, nella condanna, nella svalutazione, nell’umiliazione, e soprattutto nella superbia. Gesù con la domanda posta a Pietro mette tutti nella santa umiltà. Nessuno potrà d’ora in poi gloriarsi dinanzi a Pietro, o protestare il suo amore più grande di quello di Pietro e quindi avanzare in nome di questo amore delle pretese di governo o di potestà più grandi.
• Gli rispose: « Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene ».
Gesù lo sa che Pietro ama il Maestro. Soprattutto Pietro sa che il Maestro conosce il suo cuore, egli sa che lui lo ama, anche se nella sua vita c’è stato uno sbandamento, a causa sempre di quella sicurezza che lo animava e che sovente lo faceva sbagliare. Questa risposta è assai importante perché una vita senza la certezza che Gesù sa cosa c’è nel nostro cuore, non è possibile viverla. Ognuno di noi deve avere questa certezza, questa scienza. Gesù conosce il mio cuore e sa che io non mento. L’amore che Pietro attesta di avere per il Maestro non è fondato sulla sua Parola, è manifestato sulla certezza che Gesù ha di questo amore. Tu, Signore, me lo chiedi, io te lo dico, ma tu lo sai. Qui si fonda la verità, non su quello che noi diciamo, ma su quello che Gesù sa ed egli sa che Pietro ama il Signore più di tutti loro.
• Gli disse: « Pasci i miei agnelli ».
A questa prima affermazione di un amore più grande, Gesù conferisce a Pietro il potere di pascere i suoi agnelli. Gli agnelli sono i figli delle pecore, sono tutti coloro che vengono alla fede generati dalla Parola che gli Apostoli avranno fatto risuonare per il mondo. Pietro è, con queste parole, costituito Pastore universale di tutto il gregge di Dio. Questo non significa che egli dovrà pascerlo da solo, lo farà assieme agli altri, ma è lui che dovrà sempre vigilare che il gregge rimanga nella verità e nella grazia di Gesù. Una pecora da sola potrà sempre sbagliare e di fatto molte pecore da sole e singolarmente hanno sbagliato, ma sopra di esse ha sempre vigilato Pietro, perché gli agnelli fossero sempre nutriti della verità la più pura e della grazia la più santa.
• Gli disse di nuovo, per la seconda volta: « Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene? ».
Gesù chiede nuovamente a Pietro se gli vuole bene, se lo ama. La domanda serve a Pietro, serve anche agli altri. Serve a Pietro perché prenda coscienza di se stesso e smetta di sentirsi sempre sicuro di sé; nulla è sicuro nella storia di un uomo, sicuro è solo chi cammina con il timore del Signore, ma il timore del Signore è dono attuale di Dio, che di volta in volta bisogna impetrarlo nella preghiera umile e fiduciosa, rivolta con insistenza e senza mai stancarsi a colui dal quale ogni dono discende nei cuori. Serve agli altri, perché anche loro devono stare attenti, mettersi sempre in umiltà. Non perché uno non abbia peccato, è impeccabile. È impeccabile solo chi cammina con il Signore, ma per camminare con il Signore è necessario che il Signore si abbia sempre nel cuore, il quale, per essere degna dimora di Dio deve rimanere sempre nell’umiltà la più grande; deve sempre restare nella coscienza della sua peccabilità. L’uomo è sempre peccabile, peccherà sempre se Dio non abita in lui con la sua verità e con la sua grazia. È sufficiente che Dio abbandoni l’anima per un solo istante e l’altro è già precipitato nei peccati più orrendi e più abominevoli.
• Gli rispose: « Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene ».
Pietro risponde ancora una volta fondando il suo amore non sulla sua coscienza, ma sulla scienza che Gesù ha di lui. Il Signore lo sa; tu lo sai che io ti voglio bene.
• Gli disse: « Pascola le mie pecorelle ».
In seguito a questa manifestazione del suo amore, Gesù conferisce a Pietro la potestà di pascere le sue pecorelle. Sono le pecore Madri, sono gli stessi discepoli presenti, sono tutti coloro che succederanno loro. Ogni pecora di Gesù dovrà lasciarsi pascere da Pietro, costituito Pastore di ogni agnello e di ogni pecora. Questo è il primato che Gesù ha conferito a Pietro e nella sua Persona ad ogni suo successore. Anche ogni successore delle pecore deve sapere che è suo dovere farsi pascere da Pietro, altrimenti se lui si distaccherà dalla verità e dalla grazia di Pietro, lui morirà, non sopravviverà, poiché fuori dei pascoli di Pietro, non c’è nutrimento per loro, ogni altro nutrimento è veleno di morte.
• Gli disse per la terza volta: « Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene? ».
Ma Gesù non si ferma nelle sue richieste d’amore nei confronti di Pietro. Tre erano state le negazioni, tre dovranno essere le sue protestazioni pubbliche di amore. Questo perché la riparazione sia completa ed il peccato interamente rimosso e cancellato dalla sua mente e dalla mente dei discepoli di Gesù.
• Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, e gli disse: « Signore, tu conosci tutto, tu sai che ti voglio bene ».
Pietro vive un momento di sofferenza, non dubita di Gesù, vede ancora una volta il suo peccato, si vede nell’atrio della casa del sommo sacerdote, rivive per un attimo quei momenti tristi della sua vita e per questo si addolora. Si addolora anche perché affiora alla sua mente il pensiero che il Maestro dubiti, non sia convinto delle sue parole. Ancora una volta c’è in Pietro tutta la sua umanità che si mostra, ma la nostra umanità ci accompagnerà sempre sulla via verso Dio, possiamo modificarla, possiamo correggerla, possiamo fortificarla, ma sarà sempre la nostra umanità e non un’altra che ci spingerà in avanti. Possiamo sottometterla a noi a condizione che in essa vi mettiamo un forte amore per Gesù. Ed è questo amore che Pietro ha messo in essa dopo il suo triplice rinnegamento, con questo amore egli riesce a superare quel momento di tristezza, di dubbio e di amarezza e manifestare al Maestro tutto il suo amore. Tu lo sai, Signore, che io ti amo, perché tu sai tutto e niente e nessuno può ingannarti. Tu conosci il mio cuore e sai che in esso non c’è alcuna falsità. Ciò che è sulle mie labbra è anche nel mio cuore ed esso ora è tutto per te. Pietro ora sa che è possibile superare se stessi, vincersi, liberarsi, sa anche qual è la via: non essere mai sicuri di sé, dubitare sempre, restare sempre in umiltà, pensare anche che qualcosa di noi non sia poi tanto sicuro presso Gesù come noi potremmo immaginare, quando non siamo umili, sottomessi, miti e mansueti di fronte a lui.
• Gli rispose Gesù: « Pasci le mie pecorelle.
Ora che Pietro sa come si sta dinanzi a Gesù, sa anche come si sta dinanzi alle pecore. Se lui dovrà prendere il posto di Gesù, dovrà anche comportarsi come Gesù si sta comportando nei suoi riguardi. Gesù ha perdonato; il governo delle pecore si fonda essenzialmente sul perdono, ma anche sul grande amore, sulla fiducia dopo il peccato. Ora può pascere definitivamente tutte le pecore e tutti gli agnelli del gregge del Padre suo. Per pascerle bene si dovrà sempre ricordare di questo dialogo d’amore e di responsabilità vissuto in questo primo mattino presso il lago di Genesaret, o Mare di Galilea.
• In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
In questo versetto Gesù predice a Pietro quale sarà la sua fine, ma anche gli predice che lui non scapperà più, non rinnegherà più il Signore. Come nel cenacolo dinanzi alla sicurezza di Pietro, gli aveva preannunziato che lo avrebbe rinnegato tre volte nella stessa notte, prima del canto del gallo; ora a causa di questa sua umiltà, di questa insicurezza, di questo turbamento del suo cuore, del dolore che ha provato alla terza domanda di Gesù, dinanzi al nuovo cuore di Pietro, Gesù gli preannunzia la sua fine. Pietro sarà cinto come Gesù è stato cinto, sarà portato come Gesù è stato portato, sarà ucciso come Gesù è stato ucciso. Questa volta veramente Pietro darà la vita per il suo Maestro, potrà darla perché egli non è più quello di prima. Il suo peccato è stato la sua più grande scuola, alla scuola del suo rinnegamento ha imparato che bisogna confidare solo in Dio, nella sua grazia, mai in se stessi, nelle proprie forze. Per grazia di Dio è possibile seguire Gesù, non per possibilità umane.
• Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.
Pietro avrebbe un giorno glorificato il Maestro con il martirio, con l’offerta della sua vita. È parola di Gesù e sicuramente si compirà, come si è compiuta l’altra parola che Gesù aveva detto a Pietro nel cenacolo.
• E detto questo aggiunse: « Seguimi ».
Ora che Pietro è entrato nella verità e nella grazia, che per lui è umiltà del cuore e timore del Signore, che creano in lui insicurezza nei mezzi umani, ma fortezza di Spirito Santo nei mezzi divini, di grazia, egli può seguire il Maestro, prima non avrebbe potuto seguirlo e di fatto non lo ha seguito. Per seguire il Maestro occorre che il cuore, lo spirito, l’anima entrino nella verità e nella grazia di Gesù. Con la verità non solo si conosce Dio, si conosce se stessi, si conosce cosa è la natura umana, cosa essa non può fare da sola in ordine al bene, si conosce la propria fragilità e debolezza, si conosce la povertà di se stessi, si conosce la nullità delle proprie forze e quindi l’inconsistenza delle proprie decisioni di bene. Con la grazia invece si riceve ogni capacità dallo Spirito del Signore e quindi si è pronti a seguire il Signore. La verità e la grazia devono sempre essere sostenute da un grandissimo amore per Gesù, amore che fa sì che con Lui si diventi una sola vita, un solo desiderio, una sola volontà, una sola obbedienza, un solo moto del cuore. In questa identità di essere e di pensiero, in questa conformità di amore e di obbedienza la vita di Gesù diviene la vita del discepolo, il quale è capace di attuarla tutta intera nella sua propria missione. La vocazione del discepolo diviene pertanto il compimento in lui della vita del Maestro, ma la vita del Maestro è il compimento della volontà del Padre. Questa è la vocazione. Ora che Pietro ha visto la vita del Maestro e l’ha vista per intero, ora che la verità di Dio e la sua grazia sono interamente nel suo cuore, egli può seguire il Maestro. Ora anche il Maestro lo può chiamare, gli può dire: “Seguimi”.
Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?
Nei pressi di Cesarea di Filippo Pietro, mosso dal Padre, confessa chi è Gesù: "Il Cristo, il Figlio di Dio, il suo Messia". Gesù, perché anche Lui è mosso dal Padre, stabilisce Pietro come pietra di stabilità, fondamento, roccia sulla quale lui edificherà la sua Chiesa per tutto il tempo della storia. Finché luna e sole brilleranno nel cielo, sempre la Chiesa di Cristo sarà edificata su Pietro. In fondo è come se Dio, per mezzo di Gesù, facesse a Pietro, la stessa promessa fatta dal profeta Natan a Davide: "Finché sole e luna illumineranno i cieli, sul tuo trono siederà sempre un tuo figlio". Mai Dio avrebbe cambiato fondamento. Pietro è il solo per sempre. Nessuno potrà mai dire: "Il Signore ha ripudiato Pietro come ha ripudiato Saul ed ha posto come suo fondamento un'altra persona". Questo mai avverrà. Pietro mai sarà privato di questa promessa.

Dopo la risurrezione Gesù chiede a Pietro che faccia un'altra professione. Questa volta non sulla verità di Cristo Signore, ma sul suo amore per Cristo Signore. Pietro deve attestare dinanzi a tutti che Lui ama Gesù più di tutti. È su questa professione di amore che riceve Pietro un secondo mandato. Lui dovrà sempre pascere pecore ed agnelli, apostoli e discepoli. Per questo lui sempre dovrà brillare per un amore sempre più grande per Gesù. Dovrà vivere un amore che supera ogni altro amore. Se non amerà Gesù più di tutti gli altri, o cadrà dall'amore, pascerà lo stesso pecore e agnelli, ma da mercenario, non da vero pastore. Senza vero amore sarà impossibile dare la vita per pecore e agnelli, come Gesù darà la vita per pecore e agnelli. Si noti bene: l'amore non è verso le pecore, ma verso Gesù. Lui dovrà sempre amare Gesù più di tutti gli altri.

Pietro dovrà essere una perenne sorgente di amore purissimo per Gesù Signore. Il mondo intero, nutrendosi di questo amore, sarà attirato a Cristo Gesù e lo amerà per tutti i giorni della sua vita. È grande il mistero di Pietro. Questa verità va messa nel cuore. Chi vuole amare il gregge di Cristo, deve amare Cristo più di tutti gli altri. Il gregge si ama in modo indiretto, allo stesso modo che lo amava Cristo Signore. Gesù amava il Padre e nel Padre amava il gregge del Padre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amare Gesù sempre.

Spunti di riflessione:
- “Uscirono e salirono sulla barca” . Sono disposto, anch’io, a compiere questo percorso di conversione? Mi lascio risvegliare dall’invito di Gesù? O preferisco continuare a rimanere nascosto, dietro le mie porte chiuse per paura, come erano i discepoli nel cenacolo? Voglio decidermi a venir fuori, a uscire dietro a Gesù, a lasciarmi da Lui inviare? C’è una barca pronta anche per me, c’è una vocazione d’amore che il Signore mi ha donato; quando mi deciderò a rispondere veramente?
- “…Ma in quella notte non presero nulla” . Ho il coraggio di lasciarmi dire dal Signore che in me c’è il vuoto, che è notte, che non ho nulla fra le mani? Ho il coraggio di riconoscermi bisognoso di Lui, della sua presenza? Voglio rivelare a Lui il mio cuore, il più profondo di me stesso, quello che cerco continuamente di negare, di tenere nascosto? Il mio essere cristiano mi permette di affidarmi a Cristo quando sono nella "notte" e di risvegliarmi al mattino nella "serenità" di aver capito quale strada intraprendere?
- “Gettate la rete dalla parte destra” .. Ho il coraggio di fidarmi di Lui, finalmente, o voglio continuare a fare di testa mia, a prendere le mie misure? La mia rete, voglio gettarla a Lui?
- “Simon Pietro … si gettò in mare” . Voglio, anch’io, gettarmi nel mare della misericordia, dell’amore del Padre, voglio consegnare a Lui tutta la mia vita, la mia persona, i miei dolori, le speranze, i desideri, i miei peccati, la mia voglia di ricominciare?
- “Mi ami tu?” . Come faccio a rispondere a questa domanda? Chi ha il coraggio di proclamare il suo amore per Dio? Ci sono occasioni in cui posso dare testimonianza credibile dell'amore che Dio ha manifestato per me in Cristo Gesù? Come le valorizzo?
- “Pasci le mie pecore… Seguimi” .Voglio accogliere la missione che il Signore mi affida? Voglio rispondere alla sua chiamata e voglio seguirlo, dove Egli mi condurrà? Quando porto ai fratelli la Parola porto il Vangelo di Cristo o il mio vangelo?