XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (C)
2 Re 5,14 – 17; Dal Salmo 97 (98) ; 2Tm 2,8 - 13
LC 17,11 – 19
TEMA: Richiesta - Gratitudine
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi,che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce : «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Il fatto storico in sé possiamo classificarlo come evento ordinario, quotidiano per Gesù. Ogni giorno c’è qualcuno che chiede la grazia di una guarigione, il miracolo per una qualche malattia. Oggi sono in dieci che si presentano a Gesù. Sono lebbrosi, che si fermano a distanza, secondo la legge, e gridano a Gesù di avere pietà di loro. Da precisare che in questa occasione i dieci lebbrosi chiamano Gesù Maestro. Riconoscono in lui il datore della verità di Dio prima che il guaritore dei loro corpi. È assai significativa questa loro confessione di fede in Gesù. D’altronde dovrebbe essere questa la forma della confessione della fede. Gesù è Maestro, Maestro di luce vera, di autentica verità, di manifestazione pura e santa della volontà di Dio. Egli è il Maestro della verità del cielo portata integralmente e totalmente sulla terra e portata nelle sue parole e nella sua vita.
Tutto quanto egli fa e dice manifesta e rivela la verità di Dio che abita corporalmente in lui. Ma a questo Gesù, che è confessato come Maestro, viene chiesto anche il miracolo della guarigione dei corpi. La fede di questi uomini è perfetta. Gesù è venuto per illuminare la mente della divina verità, ma in lui agiscono i poteri divini e quindi può guarire anche un corpo affetto dalla piaga, inguaribile allora, della lebbra.
Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti».
Mandandoli dai sacerdoti, Gesù implicitamente concede loro la grazia della guarigione. A quei tempi erano i sacerdoti che dovevano constatare la guarigione dalla lebbra e riammettere il sanato nella comunità degli uomini.
E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si prostrò davanti a Gesù,ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Infatti, mentre essi andavano furono sanati. Ma cosa succede ora. Nove spariscono. Di essi si perdono le tracce. Mentre uno, vedendosi guarito torna indietro lodando Dio a gran voce. Questo lodare Dio è una confessione implicita dell’origine divina della missione di Gesù. Se Gesù è capace di tanto, lo è perché in lui c’è Dio. Poiché è Dio che opera in Gesù, è anche Dio che bisogna lodare, benedire, esaltare nei secoli perché ancora una volta ha pietà e misericordia del suo popolo. Ministro e dispensatore di questa grazia divina è Gesù, che il lebbroso guarito ringrazia.
Nell’atto del ringraziamento c’è una confessione implicita... lo riconosce come uno strumento di Dio per la manifestazione della sua gloria. La Sacra Scrittura sempre riconosce come autore di ogni cosa il Signore che sta nei cieli, tutti gli altri sono suoi strumenti per la manifestazione della sua grandezza, per il compimento della sua volontà. Nel ringraziare lo strumento, si ringrazia l’autore, ma anche si riconosce allo strumento una sua propria partecipazione di volontà e di cuore, senza la quale mai l’opera sarebbe stata compiuta. C’è pertanto una implicazione necessaria dello strumento e se lo strumento non collabora, non coopera con l’autore, che è sempre Dio, l’opera non si compie, il suo regno non viene né annunziato né edificato tra gli uomini. Chi ringrazia Gesù è un Samaritano, uno straniero, uno considerato un nemico.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?».
Gesù vuole che la riconoscenza sia data a Dio attraverso il suo cooperatore nell’ordine della salvezza. Gesù vuole cioè che come il miracolo è stato ottenuto da Dio tramite lo strumento umano, così anche tramite lo strumento umano, lo stesso che ha compiuto la guarigione, si innalzi a Dio un inno di gloria e di ringraziamento.
C’è pertanto una unità operativa tra Dio ed il suo inviato nel compiere il miracolo e deve esserci una unità di rendimento di gloria al Signore per il miracolo ottenuto. Strumento e via è sempre il suo cooperatore nell’ordine della salvezza. C’è pertanto una sola mediazione ed un solo mediatore nella persona attraverso la quale il prodigio si è compiuto. Come Dio opera attraverso il mediatore e la preghiera è salita a lui attraverso la preghiera del mediatore, anche se la preghiera era stata rivolta al mediatore, così anche l’inno di gloria e di ringraziamento deve salire a Dio attraverso colui dal quale Dio è disceso nel cuore e nel corpo dell’uomo.
E gli disse: «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».
Gesù dona la causa di questa guarigione e di ogni altra: questa causa è la fede. La fede per Gesù è via di salvezza nell’anima, nello spirito e nel corpo. La fede riconosce Dio come onnipotente e Creatore, colui che può tutto; ma anche la fede riconosce in Gesù colui che può tutto in nome di Dio.
Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!
Gesù è sempre in cammino verso Gerusalemme. Il Padre lo attende, perché è da lì che Lui dovrà lasciare questo mondo per fare ritorno nel Cielo. Nella Città Santa la speranza di Cristo Gesù si sarebbe compiuta, realizzata. Il Padre lo avrebbe glorificato ed innalzato fino al Lui, nel Paradiso, per farlo sedere alla sua destra. Verso questa gloria imperitura, divina ed eterna Gesù cammina, senza attardarsi.
Oggi dieci lebbrosi gli vengono incontro. Si fermano a distanza e gridano la loro invocazione. Chiedono di essere liberati dalla lebbra. Gesù compie il miracolo in un modo unico. Esige da loro una grande fede. Da lebbrosi li manda dai sacerdoti perché siano essi - secondo la Legge del tempo - a constatare la guarigione e ad ammettere nuovamente i guariti nella comunità. Il lebbroso infatti era escluso da ogni luogo abitato, a motivo della pericolosità del suo male. La lebbra è malattia contagiosa.
Loro non dubitano. Si incamminano per recarsi dai sacerdoti. Lungo il tragitto vengono guariti, purificati, sanati. Nove di essi proseguono per la loro strada, uno ritorna indietro, si reca da Gesù per ringraziarlo. Prima vuole manifestare la sua gioia al suo Benefattore. Poi, con il tempo, si sarebbe recato dai sacerdoti, perché constatassero la sua purificazione. Un giorno prima un giorno dopo nulla avrebbe cambiato alla sua vita. Il ringraziamento è per lui obbligatorio. Diviene la prima cosa da fare. Dal sacerdote si può andare anche domani, dopodomani. Si va quando si desidera che si venga reintrodotti nella comunità. Vivere un altro giorno o più giorni senza reintegrazione non è né un danno e né un male. Non ringraziare Dio attraverso Gesù è scarsezza di riconoscenza, è attestazione di ingratitudine, è insensibilità di fede, è mancanza di vera umanità. Dio attraverso Lui ti ha liberato dalla tua malattia e tu non ti degni neanche di dirgli grazie, di invitarlo a lodare il Signore per il grande beneficio ricevuto. La fede è purissima umanità, ma è anche saggezza e intelligenza divina.
Vivere un comando, un ordine, senza intelligenza, saggezza, privi di una qualsiasi umanità, è attestazione che nulla si è compreso della fede. Prima si loda e si benedice Colui che ti ha sanato attraverso la persona che è stato suo mediatore di guarigione. Poi si possono assolvere gli altri doveri. Se non si dona priorità a Dio, è segno che noi siamo ai margini della verità, della giustizia, della stessa umanità. Viviamo la nostra fede chiusa nel nostro egoismo e tutto facciamo per noi stessi. La fede vera invece è amore, rispetto, comunione, sensibilità spirituale, alto senso di umanità, visione perfetta di ogni cosa. Essa è ricordo eterno di ogni bene ricevuto, preghiera ininterrotta di lode e di benedizione per il Signore nostro Dio, autore, fonte e origine del bene. La fede è guardare ogni cosa con gli occhi di Dio e mai secondo le regole umane.
Per intercessione di Gesù Dio aveva concesso la guarigione ai dieci lebbrosi. Sempre per la mediazione di Gesù il Padre sarebbe dovuto essere ringraziato, lodato e benedetto. Prima viene il ringraziamento a Dio. Poi la constatazione della guarigione da parte delle autorità costituite. L'ordine con cui si fanno le cose, rivela l'ordine della mente, del cuore, dello spirito, dell'anima. La priorità che si dona a ciò che si fa manifesta i nostri interessi, mette in evidenza il nostro modo di essere e di pensare. I dieci lebbrosi non pensano al loro benefattore. Si dimenticano di Lui. Sono ingrati e irriconoscenti. Non lo amano. Hanno bisogno di Lui solo per ottenere il miracolo.
Colui che ritorna indietro sa come si agisce nella vita. Si chiede e poi si ringrazia. Il ringraziamento è la prima opera da fare dopo aver ottenuto. Tra il ricevere e il ringraziare non deve trascorrere neanche un attimo. Anche perché Gesù stesso deve ringraziare il Padre al quale il miracolo è stato chiesto. Gesù non può ringraziare se non viene informato della grazia concessa e realizzata. È questo il motivo per cui è giusto ritornare indietro, ringraziare e solo dopo incamminarsi verso i sacerdoti. Colui che ama, sa queste cose e le osserva. Chi invece non ama, anche se le conosce, mai le osserverà, proprio perché non ama e nulla gli interessa degli altri. Chi non ama pensa solo ai suoi particolari interessi. Gesù dal nostro amore deve essere posto sempre al primo posto. È Lui il primo interesse della nostra vita, perché è Lui il primo nostro amore, Lui la fonte della nostra gioia, Lui la sorgente perenne della nostra santità.
La fede di nove di essi è però imperfetta. È una fede di richiesta attraverso il Mediatore. Non è però ancora fede di ringraziamento attraverso il Mediatore. Richiesta e ringraziamento devono salire a Dio attraverso il Mediatore, sempre. Non vi è relazione tra Dio e l'uomo se non nel Mediatore Gesù Signore. Lui è Mediatore universale: nella conoscenza, nella sapienza, nella parola, nella richiesta di grazia, nel ringraziamento, nella lode, nella benedizione, nella grazia e nel perdono, nella giustizia e nella verità. Mai vi potrà essere vera relazione tra noi e Dio se non in Lui, con Lui, per Lui. Chi è di retta e vera fede è il Samaritano che ritorna e chiede a Gesù di ringraziare il Padre per la grazia ottenuta dalla sua intercessione. Questa sì che è fede perfetta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede perfetta.
Spunti di riflessione:
- Vivere con gratitudine è segno della presenza del Regno in mezzo a noi. Come trasmettere agli altri l’importanza di vivere nella gratitudine e nella gratuità?
- Sei cosciente che il tuo esistere è indissolubilmente legato all’esistere degli altri?Comprendi che la tua realizzazione avviene sempre con il concorso degli altri?
- Con il tuo modo di pensare e di vivere favorisci la crescita e la realizzazione degli altri?
- Cosa è mancato agli altri nove? Cosa manca a noi che con fede sincera innalziamo a Dio le nostre preghiere e le nostre richieste di liberazione? Cosa manca quando pure sperimentiamo di essere sanati da Dio nelle nostre piaghe quotidiane?
- Gesù passa sempre dalla nostra vita, siamo pronti ad accoglierlo?
- Ho il coraggio di mettere a nudo il mio male, il mio peccato, che è la vera malattia?
E ora ascolto l’invito di Gesù: “Alzati e mettiti in viaggio”. Dopo questa esperienza non posso stare fermo, chiudermi nel mio mondo, nella mia tranquilla beatitudine e dimenticarmi di tutti. Devo alzarmi, uscire fuori, mettermi in cammino. Se il Signore ha beneficato me, è perché io porti il suo amore a miei fratelli. La gioia dell’incontro con Lui e della guarigione dell’anima non sarà mai vera, se non è condivisa e messa a servizio degli altri. Mi basta un attimo, per farmi venire in mente tanti amici, tante persone più o meno vicine che hanno bisogno di un po’ di gioia e di speranza. Perché, allora, non mi muovo subito? Posso fare una telefonata, mandare un messaggio, scrivere anche solo un bigliettino, oppure posso andare a trovare qualcuno, fargli compagnia e trovare il coraggio di annunciare la bellezza e la gioia di avere Gesù come amico, come medico, come salvatore. Il momento è adesso.