IV DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA (A)

IV DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA (A)
1Sam 16,1b.4.6 – 7; Dal Salmo 22 (23) ; Ef 5,8 – 14
GV 9, 1 – 41

TEMA: Purificazione - Luce

• In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».
C’è un uomo nato cieco. I discepoli di Gesù chiedono al loro Maestro se la causa di questa cecità è in un peccato della persona che è nata cieca, oppure dei suoi genitori. La fede vive quasi sempre mescolata con credenze, superstizioni, dicerie, voci tramandate dalla storia. Difficile è conservarla nella sua purezza. Impossibile diviene presso il popolo liberarla da ogni umana infiltrazione. I discepoli qui pensano secondo il sentire comune, la loro affermazione non è testimonianza di una verità di fede esistente nel popolo di Dio; essa neanche può essere dedotta dallo studio dell’Antico Testamento, che è la norma della loro fede.
• Rispose Gesù: « Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma perché in lui siano manifestate le opere di Dio.
Gesù risponde semplicemente che quanto accade, non sempre è riconducibile ad una causalità umana immediata. A volte c’è un mistero che deve compiersi; il perché di certe cose che avvengono lo conosce solo il Signore e solo Lui se ne può servire per compiere le sue opere, per manifestarle compiute in loro. La vita dell’uomo viene elevata, perché colmata di un mistero insondabile. Guardare la vita e vederla nel mistero significa darle un significato non umano, non carnale, non razionale, non scientifico, non di tradizione o di diceria umana e neanche depreziarla o svilirla, sì da renderla semplicemente vita vegetativa, o puramente meccanica. Questa visione misterica della vita sovente è carente anche nel cristiano. Oggi in modo speciale essa manca del tutto. Reinserire la vita nel mistero di Dio e della sua gloria è quanto è richiesto ai cristiani, che sono i depositari del mistero della vita, poiché sono i depositari della vita di Gesù che è il mistero nel quale ogni vita deve leggersi, vedersi, compiersi, eternizzarsi.
• Bisogna che compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo ».
Giorno e notte non sono da prendersi in senso fisico, o naturale, della luce del sole che brilla, o del calar delle tenebre che impediscono ogni visione. La notte è l’ora delle tenebre, l’ora della sua passione e morte, l’ora del principe di questo mondo. In quel momento Gesù non potrà operare. Finché quel momento non sarà giunto è invece l’ora della luce, è il giorno della verità, dell’amore, della giustizia, è l’ora e il giorno in cui bisogna rendere testimonianza e gloria al Padre. Tuttavia Gesù precisa che anche nell’ora delle tenebre egli rimane sempre ed è la luce del mondo. Anche in quell’ora misteriosa, di tenebre e non di luce, la sua vita, il suo morire, il suo soffrire sono luce per questo mondo, sono la luce del mondo. La verità è nella sua passione e morte, la verità non è negli uomini che questa passione e morte causano e vogliono. Loro sono nelle tenebre, loro sono le tenebre del mondo e agiscono come figli delle tenebre, quindi compiono il male ed il peccato. Gesù invece è la luce del mondo, vive da figlio della luce, si comporta sempre secondo verità, amore, compassione, misericordia, indica agli uomini qual è la vera via per entrare nella luce, per divenire luce del mondo anche nell’ora oscura in cui imperversano e regnano le più fitte tenebre.
• Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: « Va' a lavarti nella piscina di Sìloe che significa Inviato ».
Gesù compie un gesto contrario, un gesto di accecamento e di non risanamento. Nessuno che vuol guarire un altro, spalma del fango ricavato con della saliva sugli occhi. Il miracolo non è nel fango, ma nelle parole di Gesù. Il miracolo è anche nell’obbedienza del cieco nato al comando di Gesù. Gesù è l’inviato. Chi vuole guarire dalla sua cecità deve lavarsi, purificarsi in lui. Il fango è la condizione abituale dell’uomo e Gesù spalmandolo sugli occhi del cieco nato, manifesta e rivela qual è la condizione di ogni uomo. Ogni uomo cammina con il fango del peccato sugli occhi, e con gli occhi accecati dal peccato e dal male è impossibile vedere il bene, vedere la luce, vedere Lui luce del mondo. Per vedere bisogna lavarsi, purificarsi e ci si purifica solo in Lui, accettando Lui come guaritore dei nostri occhi dello spirito, dell’anima, della mente; si guarisce accogliendo la sua verità, la sua parola, ascoltando la sua voce; lasciandoci lavare dalla sua messianicità che è annunzio di giustizia, dono di grazia e di verità. Siloe è Gesù. Da lui dobbiamo correre, in lui immergerci, se vogliamo liberare i nostri occhi da quel fango che impediscono che la luce della verità penetri nel nostro cuore, la sola che ci consente di conoscere Dio e di ascoltare la sua vera voce.
• Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Quell’uomo ascoltò Gesù, andò alla piscina di Siloe, si lavò, si purificò, riacquistò la vista. Si compie per lui il miracolo. Ora ci vede. Torna dalla piscina di Siloe, ma non presso Gesù, torna a casa sua, dai suoi, da quanti lo conoscono.
• Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: « Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina? ». Alcuni dicevano: « È lui »; altri dicevano: « No, ma è uno che gli assomiglia ».
La gente non sa cosa pensare. Non sa del miracolo. Sa solo che c’è un uomo che non è più lo stesso uomo. Per alcuni quell’uomo nuovo è il cieco di un tempo, per altri uno che gli assomiglia. Dobbiamo precisare che l’incontro con Gesù e il dono della vista che egli ci fa, deve subito operare qualcosa attorno a noi; la gente deve notare la differenza tra un cieco ed un vedente, spiritualmente parlando. Può anche non sapere, può anche pensare che non si sia la stessa persona, però essa deve sapere che noi ora vediamo, o meglio che quell’uomo che sta di fronte ad essa è un vedente, che sia lo stesso, che sia un altro ha poca importanza; essenziale è che la gente percepisca che i nostri occhi sono aperti. Questa percezione, o visione della gente, è essenziale alla nostra testimonianza, poiché sarà dalla constatazione del nostro stato che è cambiato, che ci si può aprire a delle chiarificazioni, che possono senz’altro condurre alla fede altri che sono nel nostro stesso stato di un tempo. Ma se la gente non vede che noi vediamo, se essa vede che noi siamo ciechi, tutto si interrompe, tutto finisce, la testimonianza non ha senso, sarebbe un falso, poiché attesteremmo di essere vedenti, mentre in realtà lo siamo solo a parole, mentre nei fatti siamo gli stessi di prima.
• Ed egli diceva: « Sono io! ».
È il momento della testimonianza. La persona che essi vedono e la vedono vedente non è uno che gli assomiglia, è la stessa che prima non vedeva. Questa testimonianza è essenziale per la nascita della fede. Se si lascia l’altro nel dubbio, nell’incertezza, nella confusione, mai potrà nascere la fede. Ogni miracolo di Gesù deve essere il principio per la costruzione di una fede più matura e più adulta tra gli uomini; deve essere germe e seme di nuova fede; ma per questo occorre la testimonianza chiara ed inequivocabile di colui che prima era cieco e adesso ci vede.
• Allora gli domandarono: « In che modo ti sono stati aperti gli occhi? ».
La gente non si accontenta della testimonianza della sua cecità di prima e del recupero della vista del dopo, e quindi dell’identità della persona, che è la stessa, l’unica persona. Vuole sapere cosa è successo, come è successo, quando è successo? Anche questa volontà di sapere bisogna che venga esaudita, perché è proprio dalla giusta risposta, risposta naturalmente secondo la verità storica, che viene indicata alla gente la via perché anch’essa si apra alla fede in Cristo Gesù e perché aprendosi, riacquisti anch’essa quella vista della realtà spirituale, di cui l’uomo ha necessità assoluta.
• Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! lo sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista ».
Viene qui riportato fedelmente il fatto storico. Quanto Gesù ha fatto, quanto lui stesso ha fatto. Gesù gli ha spalmato gli occhi con del fango, lui è andato alla piscina di Siloe, secondo il comando di Gesù, si è lavato ed è tornato che ci vedeva. Al fatto storico non serve altro; chi narra semplicemente il fatto così come si è verificato, rende testimonianza; la testimonianza è proprio nel riferire ciò che è avvenuto, senza nulla aggiungere e nulla togliere. La fede ha bisogno di questa essenzialità, ma anche di questa fedeltà. La semplicità e la fedeltà conquistano i cuori, rendono credibile chi riferisce, perché è proprio della semplicità l’agire di Dio, mentre la complessità è dell’uomo, ma nella complessità non c’è Dio e quindi quanto viene riferito è invenzione o aggiunta dell’uomo. Cosa è più misteriosa, più complessa, più divina e più eterna, ma anche più umana e più soprannaturale della vita di Gesù? Eppure essa è narrata dagli Evangelisti in una semplicità sconcertante ed è proprio questa semplicità che attesta la sua verità. Il Vangelo è vero perché è semplice, è semplice perché è la vita di Dio fattosi uomo. L’evento più grande è narrato nella più grande semplicità, anzi alla grandezza estremamente grande corrisponde la semplicità estremamente semplice. Non c’è contraffazione da parte dell’uomo, quindi è essenzialmente vero, più che vero, verissimo.
• Gli dissero« Dov'è colui? ».
Chi interroga il cieco nato che ora ci vede vorrebbe sapere dove è Gesù attualmente. Dal nome con cui Gesù viene chiamato, si deve desumere che si tratta questa volta dei Giudei e non certamente di quei vicini che lo conoscevano. Solo per i Giudei Gesù non ha nome, egli è quel tale. A tanto arriva il loro disprezzo per Gesù.
• Rispose: « Non lo so ».
In verità lui non può saperlo. Non lo sa perché non conosce Gesù di vista. Lo ha incontrato da cieco. Poi non è più ritornato dov’era Gesù. Da vedente non lo ha ancora conosciuto. Veramente egli non sa dove attualmente Egli si trovi.
• Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.
Quanti lo interrogano sono certamente amici dei farisei, illustri osservanti della legge del Signore. Essi notano che Gesù ha infranto la legge del Sabato, poiché in quel giorno aveva sputato a terra, aveva fatto del fango e con quel fango aveva toccato gli occhi del cieco nato.
Sono veramente scrupolosi questi amici dei farisei. Ma sono estremamente ipocriti, vergognosamente ipocriti. Dinanzi alla gioia di un uomo che aveva riacquistato la vista, dinanzi al grande miracolo che essi vedono e constatano con i loro occhi, di che cosa vanno ad interessarsi? Che quel giorno era un Sabato e di Sabato non si possono fare neanche miracoli. Veramente così in basso era caduta la dignità della persona umana! E pensare che secondo la loro fede la persona era stata creata ad immagine e a somiglianza di Dio e che essa era prima di ogni cosa e sopra ogni cosa e che tutto è stato fatto da Dio per la persona, a suo beneficio, compresa la legge per il Sabato, che era stata data per la persona, mai contro di essa. Tanto può la cecità spirituale. Essi sono l’immagine perfetta del cieco nato, con una differenza che il cieco era nato così fisicamente, loro sono nati così spiritualmente e vivono in un ambiente di assoluta cecità spirituale.
• Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista.
Il cieco nato ancora una volta viene interrogato perché racconti come abbia riacquistato la vista. Vogliono sapere non la realtà storica e le sue modalità, ma cosa lui pensi di Gesù, o meglio dell’autore del miracolo. Il racconto che vogliono intendere è ben mirato. Loro non si interessano al miracolo, si interessano a trovare capi d’accusa per poter lapidare Gesù in modo legale, senza sotterfugi o alcunché di simile. Questa è vera scaltrezza. È quell’ipocrisia di cui loro sono veramente maestri. Fingono di voler sapere una cosa, mentre in realtà è altro che loro amano conoscere e vogliono conoscerlo perché possano compiere il loro piano e la loro strategia di morte contro Gesù.
• Ed egli disse loro: « Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo ».
Ancora una volta ripete fedelmente quanto gli è capitato, quanto è avvenuto attorno a lui e su di lui. Nulla si aggiunge e nulla si toglie.
• Allora alcuni dei farisei dicevano: « Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato ».
L’opera di Dio provoca sempre una spaccatura tra gli uomini, li divide, li separa; ma Cristo non è stato definito come il segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori? I primi affermano che Gesù non viene da Dio, non è il suo inviato perché non osserva il Sabato. Non è vero che Gesù non osservasse il Sabato, non osserva il Sabato secondo la loro interpretazione, non secondo la volontà di Dio. Secondo la volontà di Dio egli è un osservante perfetto del Sabato, il quale è stato dato all’uomo, per non fare lavori servili, per non lasciarsi conquistare dall’avidità e dalla cupidigia, per non perdere la speranza nel Padre dei cieli che ha cura dei suoi figli; ma il Sabato non è stato dato perché l’uomo non faccia del bene ai suoi simili. Anzi il Sabato dovrebbe essere il giorno della carità, dell’amore, della fratellanza, della condivisione, della comunione, il giorno da vivere alla maniera del cielo.
• Altri dicevano: « Come può un peccatore compiere segni di questo genere? ».
I secondi invece pensano che se Gesù fosse un peccatore, un trasgressore della legge, non avrebbe mai potuto compiere di tali prodigi. Dov’è l’errore di fondo, sia di quanti negano la sua origine da Dio da quanti l’affermano. Gli uni e gli altri procedono per ragionamenti umani; essi non procedono per conoscenza della verità della Scrittura. Quando non si procede per conoscenza certa, autenticata dalla Parola di Dio, la fede non cresce; c’è quell’affermazione momentanea di verità, ma non essendo questa saldamente ancorata alla Scrittura, al primo soffio di vento contrario si abbassa la guardia, si dimentica quanto si è affermato prima, si ritorna nel dubbio e nella negazione del fatto. La fede si fonda sulla realtà storica; la realtà storica deve essere autenticata come momento di fede dalla Scrittura, che pertanto deve essere conosciuta alla perfezione e secondo l’intelligenza spirituale di essa che offre alla mente e al cuore lo Spirito del Signore.
• E c'era dissenso tra di loro.
Il dissenso nasce per poca chiarezza veritativa, perché le loro affermazioni non sono fondate sulla Scrittura, non nascono da essa. Ma come potrebbe avvenire ciò, se essi la Scrittura non la conoscono ed hanno di essa una visione così distorta che non consente loro di riconoscere un inviato da Dio da uno che viene nel suo proprio nome, anzi che consente loro di rifiutare l’inviato vero di Dio e di accogliere il falso inviato, colui che si spaccia tale, ma che Dio non ha inviato.
• Allora dissero di nuovo al cieco: « Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi? ». Egli rispose: « È un profeta! ».
Essi vogliono compromettere colui che aveva riacquistato la vista e gli pongono una domanda chiara, inequivocabile. Vogliono sapere da lui cosa pensi di Gesù. Lui è il miracolato e quindi una qualche idea su Gesù se l’è pure fatta. Qual è dunque il suo pensiero sull’autore della sua guarigione? Il cieco nato non esita, risponde con chiarezza, ma anche lapidariamente. Quell’uomo è sicuramente un profeta. Non conoscendo Gesù, non può dare una risposta esauriente su di Lui. Ma quest’uomo aveva sentito parlare degli antichi profeti, in special modo di Elia e di Eliseo che facevano anche prodigi. Se Gesù ha fatto quel grande miracolo, egli non può essere che un profeta. Il profeta dice origine da Dio; e tutto quanto egli fa è sempre in riferimento al suo Signore. Se Gesù gli ha aperto gli occhi, certamente egli non ha potuto aprirglieli per un moto proprio, ma perché viene da Dio e Dio è il suo ispiratore, è Colui che gli comanda cosa fare e cosa non fare. Pur non sapendo con precisione chi è Gesù, la risposta è vera in ogni sua parte. Gesù è realmente un profeta, ma non nel senso letterale del termine, poiché egli è più che profeta. Egli è la stessa Parola di Dio fattasi carne e venuta ad abitare in mezzo a noi.
• Ma i Giudei non cedettero di lui che fosse stato cieco e avsse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: « È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede? ».
Il tema è ricorrente. I Giudei hanno già deciso che Gesù non è da Dio, non può essere da Dio; anche se lo è, non deve esserlo assolutamente né per loro e né per gli altri. Il cieco nato aveva loro detto che Gesù era invece da Dio, veniva da lui, anche se non si conosce esattamente chi lui è secondo la pienezza della verità, una cosa sembra essere evidente: è solo per uno stretto legame con Dio - e i profeti avevano e vivevano di stretto legame con Dio - che si può compiere un tale miracolo. Gesù aveva compiuto il miracolo, quindi egli è da Dio come profeta, è un profeta mandato da Dio. Per i Giudei invece Gesù non poteva né doveva essere un profeta, un inviato o alcunché di simile. Era tutto, sarebbe potuto essere tutto, ma non venire da Dio. Questa la loro decisione sulla sua persona. Non possono negare il miracolo. E chi può negare il miracolo! Poiché è vero che il cieco nato ora ci vede, loro devono affermare realmente la sua vista. Il miracolo è vero. Ci vede ora, o anche prima? E se Gesù si fosse servito di lui per ingannare la gente? Se costui non fosse stato veramente cieco, ma un finto cieco, un semi cieco, un imbroglione che si faceva passare per cieco per guadagnare qualche spicciolo? Non resta che interrogare i genitori perché siano essi i testimoni della verità. Ad essi rivolgono due domande. La prima sull’identità del figlio. È veramente lui, è veramente nato cieco, o fino adesso ha finto e quindi ha ingannato il mondo e continua ad ingannarlo dicendosi miracolato, mentre in realtà egli non aveva mai perso la vista? Se lui è nato cieco, se da sempre è stato cieco, come mai ora ci vede? Le domande dei Giudei non lasciano spazio a che si possa infiltrare qualche falsità, o che si possa tralasciare qualche particolare che possa giovare alla causa di Gesù.
• I genitori di lui risposero: « Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; ma come poi ci veda, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di sè ».
I genitori non si sbilanciano più di tanto. Una cosa per loro è assai evidente. La persona sulla quale vengono interrogati è realmente loro figlio, il quale veramente è nato cieco. Questo essi lo sanno. Altre cose non le sanno. Non le sanno perché non erano presenti all’evento del miracolo, ma anche non le sanno perché certe cose non si possono sapere per dirle; si possono sapere ma solo per conservarle nel cuore e per ringraziare il Signore. D’altronde perché interrogare loro? Il loro figlio è adulto, ha l’età, può testimoniare lui in quanto soggetto informato dei fatti. Poiché è stato lui a viverli tutti, può parlare lui, può dire loro tutto ciò che essi vogliono sapere.
• Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei, infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: « Ha l'età, chiedetelo a lui! ».
I genitori, anche se fossero stati testimoni oculari, non avrebbero parlato di certo. Loro sono impauriti, atterriti. I Giudei infatti avevano già stabilito che se qualcuno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. Questa era una pena troppo grave per un giudeo, fedele osservante della legge dei Padri. Essere espulsi dalla sinagoga equivaleva ad una scomunica vera e propria, era come se essi non facessero più parte del popolo dell’alleanza. Ma la verità non merita forse l’espulsione da parte degli uomini per essere accolti da parte di Dio? Una fede che non sia capace di farsi espellere per la verità dalla comunità è una fede non certamente matura, è una fede sulla quale non si può edificare il regno di Dio. Per la fede e la sua testimonianza non solo l’espulsione dalla comunità, ma anche l’espulsione dalla vita. Gesù fu espulso dalla vita e fu anche dichiarato un maledetto, perché appeso al palo. Ma fu in ragione di questa espulsione violenta e tragica che egli fu causa di salvezza eterna per tutti noi. I genitori del cieco nato non se la sentono di sfidare l’autorità, ma la verità non è mai contro l’autorità; anche se capita spesso che l’autorità possa mettersi e di fatto si mette contro la verità. Un’autorità che non riconosce la verità, che rifiuta la verità, non ha più autorità di espellere nessuno dalla sinagoga, perché essa stessa si è espulsa dalla sinagoga dal momento che ha deciso di non accogliere la testimonianza di chi ha visto, ha vissuto, ha sperimentato l’opera di Gesù su di lui. Verità ed autorità devono sempre stare insieme; la vera autorità è per la definizione della verità, per cogliere la verità, per insegnare la verità, per difendere la verità, anche a prezzo della sua vita. Dal momento che essa si mette contro la verità, essa rinnega se stessa, si dichiara essa stessa scomunicata dalla verità, e non ha senso che essa faccia decreti di espulsione contro questa o quell’altra persona. Chi viene espulso, accoglie l’espulsione e la vive come via dolorosa, via di croce, via di martirio per il servizio della verità e così facendo salva il mondo.
• Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: « Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore ».
Gesù aveva detto già ai farisei: “Chi di voi può convincermi di peccato?”. Nessuno avrebbe potuto convincere di peccato Gesù, se avesse analizzato tutta la sua vita ed ogni sua parola alla luce della legge che definisce cosa è il peccato. Questa legge è la Parola di Dio rivelata nella Sacra Scrittura. Se non lo si può convincere e prima di accusare una persona bisogna convincerla che ciò che sta facendo è contro la volontà di Dio, neanche la si può accusare. Gesù non è solo accusato di peccato. Il peccato può essere anche un semplice gesto e nello stesso gesto finire. È anche dichiarato un peccatore, uno cioè che trasgredisce la legge in modo abituale. Loro lo sanno che Gesù è un peccatore. Non dicono però secondo quale legge egli è un peccatore. Infangare il nome innocente di Gesù è vera e propria calunnia, peccato gravissimo contro il comandamento di Dio. Questo sì che è peccato, ma dei loro peccati essi non se ne fanno alcuno scrupolo, la loro coscienza è talmente lassa che tutto viene loro concesso, mentre è tanto stretta nei riguardi di Gesù, da considerare come peccato anche la verità che egli manifesta. Dire la verità, manifestare l’attuale volontà del Padre suo per loro questo è peccato. Tanto può una coscienza deformata e priva della luce della divina verità!
• Quello rispose: « Se sia un peccatore, non lo so, una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo ».
Il cieco nato non riesce a stare dietro i loro ragionamenti. Per lui c’è una sola verità. Prima egli era cieco e adesso ci vede. Che Gesù sia poi un peccatore, questo non fa parte della sua scienza. È un fatto sul quale egli non si può pronunziare. Questa dovrebbe essere la regola di vita di ogni uomo. Attestare solamente ciò che cade sotto i propri occhi, ciò che è frutto della propria esperienza. Il resto non dovrebbe essere per lui oggetto di scienza, né per negare, né per affermare. Ciò che si sa, si dice; ciò che non si sa, si tace. Non lo so. Lo so. Questo dovrebbe essere il linguaggio del cristiano. Si, si; no, no.
• Allora gli dissero : « Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?».
Ma non è questa la risposta che essi attendevano. Loro vogliono che il cieco nato fornisca qualche elemento utile, almeno un appiglio, al fine di accusare Gesù e di condannarlo. Per questo insistono nuovamente che racconti loro cosa sia successo dal primo momento in cui ha incontrato Gesù. Tutto deve essere detto. Loro sono esperti nella conoscenza della legge del Signore e sanno trovare ciò che è contro la legge anche in piccolissimi particolari, che per gli uomini comuni passerebbero inosservati. Il suo racconto deve essere perciò assai dettagliato.
• Rispose loro: « Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli? ».
Il cieco nato aveva già detto ogni cosa, ma prima non lo hanno ascoltato. Perché allora un secondo racconto? Hanno forse cambiato idea su Gesù e ora vogliono ascoltare, perché, se risulterà la verità degli eventi anche loro vorranno passare a lui, facendosi suoi discepoli? Essendo quella operata da Gesù un’opera giusta e santa per il miracolato non c’è altra finalità nel ripetere il racconto. Solo per accertarsi della verità e per prendere una decisione adeguata. Dalla bontà del racconto e dalla sua verità all’accoglienza di Gesù, a farsi suoi discepoli: questo è il passaggio. Quanto il cieco nato pensa è nella logicità della fede, dei fatti e degli avvenimenti; chi non arriva ad una tale consequenzialità dimostra il fallimento della sua razionalità. È contro la ragione umana accertare la verità e poi decidersi contro di essa, vagliare le testimonianze e poi decidere in senso contrario. Sarebbe questo un grave peccato contro l’uomo, la sua intelligenza, la sua razionalità, il suo discernimento, la capacità di analisi e di sintesi. La verità accertata deve produrre e generare verità nei cuori.
• Lo insultarono e dissero: « Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè!
Quando non riescono ad essere razionali, a ragionare sui fatti, i Giudei passano subito all’insulto, all’accusa infondata. È questo il loro modo di difendersi. Si difendono incutendo paura, accusando, denigrando, dicendo il falso, mentendo, ribaltando le parole. Loro non possono essere discepoli di quest’uomo, mai lo potranno. Essi sono discepoli di Mosè. Solo chi non è discepolo di Mosè, ed il cieco nato non può esserlo, può divenire discepolo di quest’uomo. Ancora una volta ci troviamo dinanzi ad una affermazione priva di un qualsiasi fondamento di verità. Gesù stesso aveva detto loro che Mosè guarda a Lui, a Lui pensa, di Lui parla. Così anche Abramo che esulta al vedere uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo. Mosè è discepolo di Gesù e così Abramo, essi esercitano la loro missione in funzione di Gesù e nell’attesa di Lui. A Lui guardano, lui aspettano, per lui vivono. Il discepolo di Mosè se non diviene discepolo di Gesù ha tradito Mosè, ha tradito Abramo, ha tradito tutta la legge e i profeti, perché costoro sono tutti servi e discepoli di Gesù. Non solo non c’è contraddizione tra l’essere discepoli di Gesù e discepoli di Mosè, ma il vero discepolo di Mosè è il discepolo di Gesù. Loro non sono discepoli di Gesù perché non sono veri discepoli di Mosè. Loro Mosè non lo conoscono, come non conoscono neanche Abramo.
• Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia ».
Loro sono discepoli di Mosè perché sanno che a Mosè ha parlato Dio. Non si è discepoli perché si sa una cosa, bensì perché si compie. Il sapere da solo non costituisce discepoli, costituisce discepoli il compiere la parola che Mosè ha riferito loro. Così dicasi per Gesù. Non si è discepoli di Gesù, perché si sa di dove è; non lo si è perché non si sa di dove egli é. Si è discepoli in ordine alla dottrina ascoltata, verificata, messa in pratica. Questa è la vera regola per il discepolato. Il loro modo di ragionare è falso, fuorviante. Se non si è accorti, se per un solo istante ci si distrae, subito si è portati fuori strada, assai lontani dalla verità e dalla realtà delle cose, sia di Dio che degli uomini.
• Rispose loro quell'uomo: « Proprio questo stupisce, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.
La saggezza non viene dallo studio, ma dalla semplicità e dalla purezza d’intenzione. Dallo studio può venire la dottrina, ma la dottrina non sempre è saggezza, sapienza, sano discernimento. Quest’uomo semplice formula una verità alla quale diviene difficile potersi opporre e che in nessun caso può essere contrastata. Se invece di guardare e di pensare di dove egli sia, si considerasse ciò che lui ha fatto, loro inizierebbero a pensare diversamente. Dinanzi a tante loro incertezze, tante domande, supposizioni, pensieri che si perdono nel nulla, c’è una certezza. Lui era cieco e adesso ci vede, aveva gli occhi chiusi e adesso gli si sono aperti. Questa è la certezza, questa la verità dalla quale partire. Se si parte da ciò che è certo, che è verità inconfutabile si può iniziare un percorso che conduce ad altre verità e alla fine si potrà sapere, se lo si vuole, chi è costui che apre gli occhi ai ciechi. Ma se non si parte dalla verità, che è storia e quindi testimonianza, come è possibile sapere chi egli è, o di dove sia?
• Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.
Ancora un’altra risposta carica di saggezza e di intelligenza vera delle cose. C’è un’altra verità che è inconfutabile come i suoi occhi che ora sono aperti. Dio non ascolta i peccatori. Ora ogni miracolo non è mai fatto da un uomo, è fatto da Dio dietro invocazione dell’uomo. Se un uomo è peccatore, come fa Dio ad ascoltarlo, dal momento che il peccato è inimicizia tra Dio e l’uomo ed è anche morte dell’anima alla grazia e alla santità di Dio? Gesù è stato ascoltato da Dio, poiché è stato Lui a compiere il miracolo. Se ne deve dedurre che Gesù è un timorato di Dio e che fa sempre la sua volontà. Ancora una volta ci troviamo a riflettere sulla consequenzialità della fede, ma per operare e trarne le conseguenze, è necessario un cuore sincero, puro, limpido, che cerca la verità, la desidera e per questo la brama. Se nel cuore non c’è il desiderio della verità, se regna il peccato, il peccato è tenebra, oscurità e quindi porta le tenebre nella mente e nell’intelligenza e impedisce che si possa cogliere la luce radiosa che promana dalla divina verità e dalla testimonianza che la storia giorno per giorno le rende.
• Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla ».
È questa un’altra affermazione desunta dalla tradizione di fede. Nessun uomo può compiere miracoli. Neanche i profeti ne hanno fatto. Solo Elia ed Eliseo hanno compiuto miracoli, ma loro non hanno aperto gli occhi ad un cieco. Questa la storia e questa la tradizione religiosa che regnava in Israele. Gesù invece apre gli occhi ad un cieco, gli ridona la vista. Quest’opera deve essere solo attestazione che Dio è con Gesù, altrimenti egli non avrebbe potuto fare nulla. Come si vede la sapienza ispirata del cieco nato per diverse vie arriva a dimostrare che Gesù è sicuramente da Dio, lo prova il fatto che nessuno può compiere un’opera così prodigiosa da se stesso. Un uomo potrebbe ingannare gli altri fingendo di fare miracoli e questo potrebbe avvenire se il cieco non fosse veramente cieco, ma solo fingesse di esserlo. Ora lui era veramente cieco. In lui non c’era alcuna finzione; egli era cieco fin dalla nascita e tutti lo sapevano. La verità della sua cecità, la verità della sua guarigione domanda la verità di Gesù uomo di Dio, uomo con il quale c’è Dio, uomo che viene da Dio.
• Gli replicarono: « Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi? ». E lo cacciarono fuori.
Quando non si può reggere nel ragionamento, allora si ingiuria, si rompe il rapporto, si leva il dialogo. Si chiude. Questo il loro metodo, puntualmente applicato ogni qualvolta si sentono in difficoltà. Non riuscendo a stare dietro al cieco nato con nessun argomento, di nessun genere, riuscendo quest’uomo a smontare tutte le loro teorie, a loro non resta che insultarlo, dichiararlo un peccatore e mandarlo via, cacciarlo fuori. Da notare che Gesù stesso aveva detto che né in lui, né nei suoi genitori c’era un peccato. Tutto era avvenuto perché attraverso la sua cecità si manifestasse la gloria di Dio. Ora sappiamo cosa essi pensano e perché ciò che pensano non viene da Dio. Loro non hanno rispetto per la verità: né per la verità su Gesù, né per la verità che avvolge la vita dell’uomo sulla terra. La contraffazione della verità è il loro stile, la loro arte, la loro scienza. Loro sono scienziati nella trasformazione della verità in falsità e della falsità in verità.
• Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e quando lo trovò disse: « Tu credi nel Figlio dell'uomo? ».
Gesù vuole che la fede di quest’uomo diventi piena; per essere tale non è sufficiente fermarsi ad un miracolo, occorre che si conosca Gesù di persona, che lo si veda, che lo si scelga, che lo si segua. Da qui la domanda formale di Gesù: Tu credi nel Figlio dell’uomo?. Egli credeva in Gesù, ma credeva nella sua innocenza, nell’essere senza peccato, che veniva da Dio, che Dio era con Lui, ma non sapeva altro, non conosceva Gesù neanche attraverso la vista degli occhi, poiché quando lo incontrò i suoi occhi erano ancora chiusi e dopo il miracolo ancora non lo aveva visto. La fede in Gesù ha bisogno di un fondamento solido, che è la conoscenza della sua persona e della sua missione. Senza questa conoscenza non vi può essere adesione, non c’è sequela, non c’è discepolato. Difendere Gesù non è ancora credere in lui. Credere in Lui ha un solo significato, accoglierlo come verità di salvezza, come via di cielo, come vita della propria anima. La difesa del suo miracolo è solo opera di giustizia, difesa della verità storica, attestazione che la Scrittura è dalla sua parte. Ma questo non è sufficiente per fare di un uomo un discepolo del Signore. Discepoli di Gesù si diventa nel momento in cui si crede in Lui. Credere in Lui equivale a credere in Dio, Gesù domanda la stessa fede che i Giudei avevano per il Signore. Gesù domanda al cieco nato una simile fede: fede nella sua persona, fede nella sua missione di salvezza, fede in Lui, datore di vita e di salvezza.
• Egli rispose: « E chi è, Signore, perché io creda in lui? ».
La risposta è semplice, sgorga da un cuore puro. Io non lo conosco; se me lo farai conoscere, io crederò in Lui. Dalla difesa della verità all’accoglienza della verità, o di Gesù verità. Egli mai avrebbe potuto dare una simile risposta, se in lui non ci fosse stato l’amore per la verità e la sua ricerca. La ricerca della verità domanda che ad essa si renda testimonianza una volta che la si è trovata, ma anche che per una verità più grande si lasci una verità iniziale. Il cieco nato ora guarito è pronto a fare questo duplice passo.
• Gli disse Gesù: « Lo hai visto: è colui che parla con te ».
Il Figlio dell’uomo è proprio colui che gli sta parlando. Egli ora lo vede, sa chi è, lo conosce. Neanche questo è sufficiente per fondare la fede e per divenire discepoli di Gesù. Tutto ciò è l’essenza della verità, la conoscenza di Gesù ci dona la verità, non ci dona la fede. La fede è qualcosa che è più che la conoscenza della verità, anche se non c’è fede senza la conoscenza della verità. La fede precede la verità, in quanto desiderio di salvezza, la segue in quanto adesione alla persona che dona la salvezza. Nel cieco nato c’è il desiderio di andare oltre se stesso, di cercare fuori di sé la sua salvezza, fisicamente la salvezza gli è venuta dall’esterno. Ora deve concretizzare questo desiderio in adesione alla Persona che gli sta di fronte. Se questa adesione non dovesse essere posta, egli rimarrebbe un miracolato, ma non diverrebbe un uomo di fede, sarebbe guarito nel corpo, ma non avrebbe la vista dello spirito. Gesù è venuto per dare la vista allo spirito dell’uomo, di cui la cecità fisica è solo figura, immagine di quella cecità che avvolge lo spirito e impedisce di vedere Dio. Come la cecità del corpo impediva al cieco nato di vedere Gesù, così è la cecità dello spirito, essa impedisce che si veda Dio e lo si segua, che si emetta su di lui l’atto di adesione e di accoglienza come verità e vita eterna per ogni uomo. Per questo prima della fede è necessario che il nostro spirito venga guarito, poiché solo se guarito egli potrà vedere il Signore e porre l’atto di fede, che è salvezza e redenzione eterna.
• Ed egli disse: « Credo, Signore! ». E si prostrò dinnanzi a lui.
Credendo nel Figlio dell’uomo il cieco nato accoglie Gesù come suo salvatore, come colui che gli ha dato l’altra vista, quella dello spirito, quella luce che gli permette di vedere Dio e il suo regno. Prostrandosi egli lo riconosce come suo Signore, gli conferisce onori divini, lo confessa Dio. È giusto aggiungere che questa è vera adorazione e c’è in questa relazione del cieco con Gesù tutta l’esperienza della Chiesa che viveva il racconto della vita di Gesù sempre nella fede della Pasqua, della Risurrezione gloriosa, della discesa dello Spirito Santo, che conferiva ad ogni evento il vero, autentico significato, la vera autentica essenza in essa contenuta. Ogni incontro iniziale con Gesù, ogni grazia che si riceve da Lui deve necessariamente condurre all’atto pieno della nostra adesione, all’atto pieno della formulazione della nostra fede. Se questo atto finale manca, il resto non serve, il resto si perde nella storia, non sfocia nella verità, non culmina nell’eternità. Tutta la catechesi dovrebbe avere come itinerario quello di condurre, attraverso lo studio della persona e dell’opera di Gesù, alla formulazione di un atto di fede esplicita, che sgorga dal cuore di chi a poco a poco si è incontrato con Lui e da Lui guarito nello spirito per mezzo della sua verità, a Gesù totalmente aderisce e a Lui consegna la propria vita. Ha sperimentato l’efficacia della sua opera su di lui, lo ha conosciuto, lo ha visto, ora deve compiere l’atto finale, deve consegnargli la vita interamente, per sempre, nel tempo come nell’eternità. Ma il cieco nato deve anche insegnarci un’ultima verità. La nostra conoscenza di Gesù, anche se iniziale, anche se incipiente, anche se imperfetta deve essere capace di resistere agli attacchi della menzogna, a ridurre in silenzio la menzogna, perché solo la luce radiosa della verità di Gesù trionfi. Il cieco nato, pur non conoscendo visibilmente Gesù, da quanto egli ha fatto su di lui, non può essere ciò che i Farisei e i Giudei vorrebbero che egli fosse. La semplicità del suo cuore, la serena ricerca della verità, la volontà di abbracciarla, il desiderio inconscio di essere con Lui e di divenire suo discepolo, lo rendono un difensore di Gesù, un assertore della sua verità, un testimone della verità della Scrittura. Il cristianesimo ha bisogno di uomini così, capaci di testimonianza, sereni nella difesa della verità, aperti ad una verità più grande, pronti a fare la propria professione di fede dinanzi a Gesù, visto con gli occhi della mente, cercato con la forza del cuore, desiderato con il desiderio dell’anima.
• Gesù allora disse: « E’ per un giudizio che sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono diventino ciechi ».
Il giudizio di Gesù è un giudizio veritativo, di luce. Egli è la luce del mondo, quanti desiderano vederla e la bramano, Egli li guarisce nel loro spirito e nel loro cuore ed essi realmente vedono la luce della verità e possono seguirla. Quanti invece non desiderano questa luce, ad essa si oppongono e la contrastano. Se prima costoro avevano un qualche spiraglio di luce, dopo l’incontro con Gesù divengono completamente ciechi. Gesù è luce che abbaglia e rendi ciechi coloro che non vogliono seguirla, è invece luce che dona la luce a quanti prima la luce non vedevano a causa della loro cecità spirituale naturale, ma che ora vedono a causa della loro volontà di entrare e di rimanere nella luce. Questo giudizio veritativo è inappellabile e diventa anche giudizio morale, di colpevolezza e di responsabilità. Chi rifiuta colpevolmente e responsabilmente la luce che Gesù è venuto a portare sulla terra, costui non è immune dal peccato. Non è indifferente per lui essere vedente o essere cieco. Gesù è venuto perché tutti ricevessero la vista per mezzo di lui. Il dono della sua luce deve essere accolto, la sua luce seguita, fino a divenire luce nella luce, luce che brilla per ogni uomo di buona volontà.
• Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?».
Quando Gesù parla tocca il cuore, perché penetra nelle coscienze. Alcuni dei farisei non riescono a tacere, a tenere nel cuore la sua Parola. Poiché essi si reputavano vedenti, vogliono sapere se anche loro sono da annoverarsi nel numero dei ciechi.
• Gesù rispose loro: « Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane ».
Gesù risponde senza lasciare appello ad ulteriori domande. La cecità, fisica o spirituale non è un peccato. Uno può nascere cieco fisicamente, con gli occhi della carne, e uno può vivere una situazione di cecità spirituale a causa della sua condizione terrena. Questa è storia e dinanzi alla storia non ci sono ragioni che possono attestare il contrario. Questo chiarito, c’è un’altra verità che merita di essere esplicitata. Il problema morale sorge quando uno che non vede afferma di vedere. Lì c’è superbia e presunzione, arroganza. Questo sì che è peccato e questo peccato rimane. Rimane perché costringe un uomo a vivere nella cecità la più assoluta, quando avrebbe i mezzi e le vie per poterne uscire. Come rimane il peccato della cecità fisica per colui che mentre è fisicamente cieco afferma di vedere. Chi potrebbe operare per lui un miracolo, se egli stesso lo respinge e lo rifiuta? Egli si costringe a vivere da cieco a causa della sua superbia. Così il cieco spirituale che dice di vedere, si condanna ad una cecità eterna a causa della superbia che lo governa e lo domina. I farisei non sono colpevoli perché interamente ciechi fin dalla nascita, essendo vissuti in un ambiente che aveva fatto della cecità spirituale la loro corona di gloria; sono colpevoli dal momento che hanno incontrato Gesù e li ha posti dinanzi allo splendore della sua luce, della sua verità, della straordinaria potenza e grandezza della sua dottrina. Una volta che egli ha offerto la luce e questa è stata rifiutata, essi non sono più scusabili, sono invece inescusabili. La loro cecità che prima di conoscere Gesù non era colpevole, perché innata, ora diviene colpevole perché voluta, desiderata. Questa è la grave responsabilità di ogni uomo. Questi deve prendere posizione dinanzi a Gesù. Nessuno può dire io non ho bisogno della sua luce. Chi dice questo è un cieco che rimane tale per sempre. Questo è il giudizio che Gesù è venuto a portare sulla terra, ma il suo giudizio è solo veritativo; il giudizio morale siamo noi a pronunziarlo contro di noi dal momento che rifiutiamo la sua luce di verità e di vita eterna.
Tu, credi nel Figlio dell'uomo?
Noi siamo dalla vita di Dio per creazione. Vediamo con la sua vista. Amiamo con il suo amore. Conosciamo con la sua scienza. Pensiamo con i suoi pensieri. Viviamo con la sua vita. Questa è la nostra verità iniziale. Poi venne il serpente, ci tentò, siamo caduti, siamo divenuti dalla sua morte, ci ha resi partecipi della sua cecità, ci ha donato la sua invidia e superbia, ci ha inoculato la sua falsità, ci ha resi persone dal veleno mortale. Infatti Eva ha subito morso Adamo ed anche lui è caduto nella morte, avvelenandosi e divenendo datore di veleno letale per tutta la sua discendenza.
Gesù è Dio. È venuto sulla nostra terra per strappare l'uomo dalla cecità spirituale, morale, di fede, carità e giustizia e portarlo nella vita e nella luce radiosa, splendente del Padre suo. È venuto per fare l'uomo nuovo principio di vita, uccidendo in lui il principio di morte che lo muove e lo fa agire. Da vipera velenosa sorda, cieca, che uccide chiunque incontra sul suo sentiero, Gesù vuole fare l'uomo nuovo, capace di vedere Dio e i fratelli nella perfetta verità dell'uno e degli altri. Il cieco nato è immagine di quest'uomo prigioniero e schiavo del diavolo. Il dono della vita è la caratteristica essenziale dell'opera di Cristo Gesù. Egli dona la vista perché fa l'uomo nuovo. Non dona la vista ad un uomo perché rimanga nella sua vecchia natura.
I Giudei si ribellano a Cristo Gesù. Loro vogliono rimanere nella loro cecità globale. Loro sono uomini di morte per la morte. Non vogliono essere persona di vita per la vita. Combattono e contrastano Gesù. Anche Lui, il Datore della vita, vogliono avvelenare con il loro veleno letale. Anche Lui vogliono azzannare e condurre nella loro cecità. Per fare questo tentano il mondo intero perché rinneghi Gesù come autore del miracolo. Le opere di Dio sono così eclatanti che anche i ciechi sono costretti a proclamarle nella loro più pura verità. Dio nessun uomo lo potrà mai combattere, mai vincere.
La vista degli occhi di carne è segno però dell'altra vista: quella degli occhi del cuore. Gesù è venuto per far sì che il nostro cuore cieco e la nostra mente ottusa veda la verità di Dio e dell'uomo e la segua per tutti i giorni della sua vita. Tutti possono ricevere questo miracolo. Chi si esclude, perché vuole rimanere nella sua cecità, sappia che è responsabile dinanzi a Dio e ai fratelli. Il suo peccato, che è quello di uccidere Dio nel cuore degli uomini, rimane. Non è più scusabile. Ha rifiutato la luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, aiutaci. Vogliamo lasciarci guarire da Cristo Signore. Angeli e Santi di Dio, liberateci da ogni cecità del cuore e della mente.
Spunti di riflessione :
- Dice il proverbio popolare: “Non c’è peggior cieco di colui che non vuol vedere!” Come appare questo nella conversazione tra il cieco ed i farisei?
- Quale è l’immagine di Gesù che ho in testa e che porto nel cuore? Da dove viene questa immagine?
- Come pulire gli occhi per arrivare al vero Gesù dei Vangeli?
- Quali sono gli atteggiamenti del cieco nato che lo hanno portato a vedere e a credere?
- Guardando l’atteggiamento dei farisei, valuto se gli somiglio?
- Mi è mai capitato di rendermi conto che il mio atteggiamento era quello di un cieco, che non si rendeva conto di determinate situazioni?
- Quale concezione di Dio nella mia vita: è uno che detta norme e leggi a suo arbitrio e devo osservarle? Oppure cerca solo il mio bene?
- Mi lascio aprire gli occhi da Cristo? In cosa la parola e l'esempio di Gesù mi possono rendere vedente?
- La fede è dono di Dio, ma anche impegno dell’uomo, cammino verso Cristo. Cerco di alimentare la luce della fede attraverso un sempre più vivo dialogo personale con Cristo? O do la mia fede come scontata, ritenendomi in fondo non bisognoso di conversione?
- Gli oppositori di Gesù non solo rifiutano lui, ma anche chi in lui è disposto a credere. Il rifiuto di Cristo si manifesta inevitabilmente nel rifiuto del prossimo, nel quale Cristo è presente e operante, spesso in modo luminoso. Sono pronto ad accogliere l’altro anche quando questo è diverso da me, magari anche per sensibilità religiosa o formazione spirituale?