V DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA (A)
Ez 37,12 – 14; Dal Salmo 129 (130) ; Rm 8,8 – 11
GV 11, 1 – 45
TEMA: Fede - Vita
• In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella,era malato. Maria era quella che cospars di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.
In Betania viveva una famiglia molto cara a Gesù ed essa era composta di due sorelle e di un fratello. L’episodio di Maria che bagna i piedi di Gesù e poi li asciuga qui è anticipato, verrà poi raccontato per esteso in seguito. Poiché esse erano molto conosciute e note nella comunità, Giovanni parla di loro senza alcuna introduzione, del resto non ce n’era proprio di bisogno, vista e considerata la loro fama perdurante al tempo della stesura del Vangelo. Importante è che il Villaggio sia Betania, città poco distante da Gerusalemme. La sua vicinanza alla Città Santa è qui strategica, non è molto vicina da compromettere l’azione di Gesù e il proseguimento della sua missione, non è molto distante perché quanto sarebbe avvenuto rimanesse nel segreto di pochi cuori e di qualche curioso. Tutto viene annunziato e presentato per dire semplicemente che il fratello di Maria e di Marta, di nome Lazzaro, è malato. Dal Vangelo sappiamo del potere taumaturgico di Gesù e quindi l’annunzio di un malato gli si fa per indicare che c’è urgente bisogno di Lui, perché venga a guarirlo e a salvarlo.
• Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù:«Signore,ecco, colui che tu ami è malato ».
Marta e Maria informano Gesù che Lazzaro è malato. Esse vogliono da lui una guarigione e per questo mandano ad informarlo. Da precisare che qui non si ripete il nome di Lazzaro. Per Gesù chi è malato è un suo amico e per un amico non ci si tira indietro, per un amico si compiono anche cose prodigiose. L’amicizia è un forte vincolo d’amore, è un legame d’affetto che tiene strettamente unite due persone. Il vero amico non vuole che l’amico scompaia, muoia, o resti malato, versi nella sofferenza, il vero amico farà di tutto per portare sollievo a chi è nella malattia. Gesù deve venire per guarire il suo amico. Questo il senso della parola mandata a dire dalle sorelle a Gesù.
• All'udire questo, Gesù disse: « Questa malattia non porterà alla morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato ».
Gesù che sa quanto stava per accadere, dice espressamente che questa malattia non è per la morte di Lazzaro, ma per la gloria di Dio. Attraverso questa malattia il Figlio di Dio sarebbe stato glorificato dal Padre. Come per il cieco nato, così anche per Lazzaro: essi sono vie attraverso cui Dio glorifica il Figlio. Dicendo questo Gesù preannunzia un grande miracolo. Ancora una volta noi siamo invitati da Gesù a saper leggere nella storia e nei suoi avvenimenti. Da ogni avvenimento Dio vuole trarre un motivo di gloria per sé e per il Figlio suo Gesù Cristo. Sapere questo e considerarsi strumenti della gloria di Dio, dona alla vita e a ciò che accade un senso diverso, la libera dalla banalità e dalla profanità, per rivestirla di sacralità e di santità. La grandezza del cristiano sarebbe proprio quella di saper trasformare ogni evento in uno strumento, o via, perché la più grande gloria si innalzi al Signore. Gesù stesso vuole che questo avvenga per ogni cosa che il cristiano fa. Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro celeste. Dall’opera la gloria. C’è un’opera grandiosa che Gesù deve compiere e sarà da quest’opera che il Padre verrà glorificato ed anche il Figlio verrà glorificato.
• Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava.
Viene qui precisato il legame amicale che esiste tra Gesù, Maria, Marta e Lazzaro. Esso è più che semplice amicizia. C’è un amore grande da parte di Gesù per questa famiglia. C’è anche l’amore grande da parte di questa famiglia per Gesù. Questo amore è accoglienza, ascolto, disponibilità, ospitalità, vera amicizia per Gesù. È un amore tutto spirituale, sincero, semplice, devoto, cosciente; è l’amore di chi ha trovato il tesoro della propria vita e a questo tesoro, che è per loro salvezza, misericordia, redenzione, pace, si consegna tutta la vita. Per loro vivere è amare Gesù. Ma anche vivere è affidarsi totalmente a Gesù. Non appena vedono che Lazzaro è ammalato, subito informano il suo amico. Hanno fiducia in lui, sanno che lui potrà fare qualcosa e lo avvisano, perché venga subito. Con lui la malattia si trasforma in salute. Il loro è un rapporto fondato anche su una solida e salda fede in lui. Fede nella sua missione, fede nella sua persona, fede nelle sue opere. Marta, Maria e Lazzaro sono l’esempio di ogni rapporto santo che dovrebbe instaurarsi tra Gesù e il fedele suo discepolo. Per vivere un rapporto così santo e così devoto, occorre dalla parte del fedele discepolo, che veramente si consegni nelle mani del suo Maestro e che lo riconosca come il Signore della sua vita, l’amico fedele cui la propria anima appartiene per sempre, in vita e in morte, nella salute e nella malattia. Gesù non accorre subito al capezzale dell’ammalato. Si ferma ancora due giorni nel luogo dove si trovava. Il motivo è semplice. Anche per le grandi opere occorre che il tempo maturi e senza la maturazione del tempo, l’opera di Dio non si può compiere. Compiere anzi tempo un’opera di Dio significa guastarla nella sua santità e nella sua grandezza, significa farla in nome dell’uomo e non nel nome del Signore. Sapere quando è il tempo per operare quanto Dio vuole che si compia perché si innalzi a lui una più grande gloria, è compito e coscienza di ogni fedele suo discepolo. A questo sovente non si pensa e così si sciupano le grandi opere e la gloria al Signore non viene innalzata.
• Poi, disse ai discepoli: « Andiamo di nuovo in Giudea! ». I discepoli gli dissero: « Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? ».
Gesù aveva lasciato la Giudea perché c’era un grave pericolo circa la sua persona. Le ultime affermazioni sulla sua uguaglianza con il Padre avevano suscitato una reazione omicida. Volevano infatti catturarlo, ma prima ancora lapidarlo. Ora Gesù decide nuovamente di recarsi in Giudea. Il suo amico Lazzaro era ammalato e poiché egli doveva manifestare la gloria di Dio ed essere glorificato attraverso la manifestazione della gloria del Padre, necessariamente deve ritornare nel luogo dal quale era poc’anzi fuggito. I discepoli fanno notare a Gesù che il pericolo per lui è sempre in atto e che sarebbe stato assai rischioso prendere una simile decisione. Manifestare i propri dubbi e perplessità è cosa giusta, anzi doverosa; ciò che non bisogna mai fare è obbligare l’altro a pensare come noi pensiamo, soprattutto costringerlo a prendere la nostra decisione. I discepoli fanno bene a manifestare ciò che pensano, ma anche devono rimettersi sempre alla decisione del loro Maestro. Egli è il Rabbì e da Lui possono imparare come una decisione presa per il giorno prima, non necessariamente sia valida per il giorno dopo, anche se opportunamente valutata secondo coscienza in seguito alla preghiera innalzata al Signore. Ogni giorno la sua pena, ma anche ogni giorno la sua decisione. Forse in questo sovente si pecca o di troppa leggerezza, o anche di eccessiva prudenza. Gli uomini di Dio devono camminare con il tempo e il tempo cammina. Camminare con il tempo significa saper prendere decisioni adeguate al tempo. Da qui lo studio del tempo, degli uomini, delle circostanze che mutano e cambiano, ma anche da qui l’attenzione a tutto ciò che si muove attorno a noi, perché possiamo agire sempre con la più alta prudenza e con quella saggezza che ci fa vivere sempre all’ora di Dio e non all’ora dell’uomo. Prima era giusto e doveroso per Gesù abbandonare la Giudea, ora è santo e necessario che egli vi ritorni.
• Gesù rispose: « Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno non inciampa, perché vede la luce di questo mondo, ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui ».
Gesù risponde, giustificando la sua decisione con un paragone. Le ore del giorno non sono tutte uguali. Ci sono le ore di luce e ci sono le ore di tenebre. Come uno si comporta differentemente a seconda delle ore di luce o delle ore di tenebre, e non vive come nelle tenebre quando è nella luce, e viceversa, così deve essere per la storia personale di ciascuno. Ci sono delle ore di tenebre e di buio ed allora è giusto che si agisca con somma prudenza per non inciampare; ci sono poi delle ore splendide di luce e in queste ore può camminare con libertà, con scioltezza, poiché vede e sa dove mette i piedi e in nessun caso potrà inciampare. La giornata dell’uomo sulla terra è fatta di ore di luce e di ore di tenebre. La prudenza del giusto, ed è solo del giusto la prudenza, fa sì che egli sappia sempre in che ora del giorno si trovi, se della luce o delle tenebre. Ora per Gesù c’è un’ora di luce e in quest’ora di luce deve operare perché si manifesti la gloria di Dio e perché da questa gloria egli stesso venga glorificato.
• Disse queste cose e poi soggiunse loro: « Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
Gesù sa che ormai Lazzaro è morto. Lui deve andare in Giudea per risuscitarlo. Questa verità è da Lui espressa attraverso l’immagine del sonno e del risveglio. Quando uno si addormenta, a volte non si sveglia da se stesso, ma è svegliato da altri, così dovrà avvenire per Lazzaro. Lui si è addormentato da solo, ma per svegliarsi ha bisogno di Gesù. La visione cristiana della morte è questo sonno e questo risveglio. Ci addormentiamo da noi stessi, nell’ultimo giorno saremo svegliati da Gesù e richiamati a vita nuova ed eterna.
• Gli dissero allora i discepoli: « Signore se s'è addormentato, si salverà ».
I discepoli non comprendono il linguaggio di Gesù e pensano al sonno naturale e quindi ad una guarigione possibile naturalmente, quasi in atto. Gesù parla sempre per immagini, ma i suoi ascoltatori, siano essi discepoli o altra gente che lo ascolta, prendono quasi sempre le sue parole alla lettera. Neanche una volta viene il sospetto che Gesù volesse dire un qualcosa di più profondo, che è contenuto nella lettera, ma che la sorpassa infinitamente.
• Gesù aveva parlato della morte di lui, essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno.
Viene qui precisato il senso delle parole di Gesù. Lazzaro si è addormentato, Lazzaro è morto. Egli è nel riposo della morte, non nel riposo del sonno come avevano pensato i suoi discepoli. La malattia di Lazzaro si trasforma in morte, ora il tempo è compiuto perché si possa andare in Giudea, ora è il tempo per compiere la glorificazione del Padre.
• Allora Gesù disse loro apertamente: « Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui! ».
Gesù rompe i veli della similitudine del sonno e parla loro apertamente. C’è nel suo cuore una gioia, non perché Lazzaro sia morto, ma perché lui non era lì al capezzale di Lazzaro che stava per morire. Se Gesù si fosse trovato al capezzale di Lazzaro mentre questi era ammalato, lo avrebbe senz’altro guarito, ma avrebbe compiuto un’opera attraverso la quale non sarebbe salita al Padre dei cieli una grande gloria e lui stesso non sarebbe stato glorificato così grandemente, da accelerare in ogni caso il processo della glorificazione ultima del Padre ed anche della sua suprema glorificazione. La guarigione da una malattia avrebbe quasi lasciato i discepoli nell’indifferenza. Ormai essi erano quasi abituati alle guarigioni e quindi il loro cuore sarebbe rimasto freddo, assai freddo; neanche la guarigione di Lazzaro avrebbe prodotto nei loro cuori una più grande fede nel Maestro. Ora invece dinanzi a ciò che Gesù sta per fare ci sarebbe stata una ondata di fede così forte che avrebbe stravolto i loro cuori e assieme ai loro i cuori di molti in Giudea. Sovente la fede ha bisogno di grandi segni per accendersi; per questo occorrono delle grandi opere di fede. La nostra fede sovente è tiepida, perché è fatta scorrere nella quotidianità, in quell’abitudinarietà che non le suscita nessun sussulto. Da qui la necessità per la fede che sappia operare cose grandi, perché dalla grandezza dell’opera una fede più grande nasce nei cuori, ma anche una diffusione di fede pervada gli animi increduli e li conduca a Dio. I santi erano capaci di questi forti momenti e per essi la fede si espandeva attorno a loro. Gesù è deciso ed è anche pronto. L’ora è venuta e lui non può più attardarsi, deve partire.
• Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: « Andiamo anche noi a morire con lui! ».
È questa una risposta dalla difficile interpretazione. Alcuni vorrebbero leggerla nel segno dell’entusiasmo di Tommaso. La sua fede è talmente entusiasta che lo fa pronto per andare incontro anche alla morte. Lazzaro è morto, lui è pronto a morire con Lazzaro, anzi invita tutti i discepoli ad andare a morire assieme a Lazzaro. Sicuramente non è questo il motivo per cui Giovanni riporta questa affermazione di Tommaso. Ci deve essere una ragione molto più profonda. Una potrebbe essere questa: la grandezza dell’opera non si può mai misurare dalla quantità, ma dal fatto che l’opera è in se stessa straordinaria, grande. La grandezza di una risurrezione non sta nel numero dei risuscitandi, per cui se sono essi tanti, l’opera è straordinariamente grande, mentre se esso è uno solo, l’opera risulterebbe piccola, di minore entità. Questo è un pensiero che non regge. Una seconda potrebbe essere: non si compie mai un’opera perché ne venga un’altra più grande. L’opera non può essere mai provocata come mezzo perché poi attraverso il suo esatto contrario venga manifestata la gloria di Dio. Andare a morire con Lazzaro non è cosa giusta. La morte è una cosa naturale e tale deve sempre rimanere. Volerla provocare per un fine anche nobilissimo quale quello della risurrezione è cosa non santa, non giusta, non buona. È un atto moralmente peccaminoso e dal peccato non potrà mai salire una più grande gloria al Signore. Commettere il peccato sarebbe veramente tentare il Signore; ad un peccato si aggiungerebbe un altro peccato. Gesù ignora l’affermazione di Tommaso, la lascia cadere, non la prende neanche in considerazione. Sono una di quelle mille frasi che si dicono, ma che l’uomo non coglie nel suo reale significato, ma sono anche di quelle frasi che a volte potrebbero orientare la storia in un modo negativo e non positivo, in un modo errato, non secondo il bene. Averla riportata, deve avere per noi significato di attenzione, di prudenza, di esame. C’è un comportamento che si vorrebbe, ma che non sempre è giusto, non sempre è opportuno, non sempre è conforme alla volontà del Padre, non sempre può essere usato come via per l’innalzamento a Dio della sua gloria.
• Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che era già da quattro giorni era nel sepolcro.
Quando Gesù arriva in Betania Lazzaro non solo è morto, ma è da quattro giorni nel sepolcro. Questa notizia è di grande significato storico, ma anche essa è manifestativa della grande potenza di Gesù. Storicamente uno che è imbalsamato e legato in un sepolcro per quattro giorni è sicuramente morto, in via di disfacimento. Nessuna morte apparente e nessuna risurrezione apparente. Se Gesù è capace di risuscitare un morto in via di dissolvimento, allora veramente Dio è con lui, perché nessun uomo potrebbe da solo avere una tale potenza, solo in chi è con Dio agisce la forza di Dio. Se Gesù opera il miracolo, sicuramente Dio è con lui e se Dio è con lui, in lui si può credere, si deve credere, perché egli viene da Dio; ha una parola di Dio che deve a noi rivelare.
• Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il fratello.
Ancora un’altra puntualizzazione storica. Betania è vicina a Gerusalemme, la famiglia di Lazzaro era molto conosciuta nell’ambiente giudaico. Il motivo qui non viene espressamente detto, viene rivelato però che molti Giudei, molti da Gerusalemme erano venuti per consolare Marta e Maria per la perdita del loro fratello. Questi Giudei sono naturali messaggeri per la divulgazione del fatto. Per essi la notizia si espanderà rapidamente ed invaderà tutta Gerusalemme in pochissimi istanti. Anche questa rapidità servirà alla manifestazione della gloria di Dio e di Gesù.
• Marta dunque, come udì che veniva Gesù gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
Ancora un’altra puntualizzazione storica. Poiché molti secondo l’usanza si trovavano nella casa di Marta e Maria, le due sorelle non lasciarono entrambi la casa per andare incontro a Gesù. Vi andò Marta, mentre Maria rimase seduta in casa. Questo lo richiedeva la regola dell’ospitalità. Se volessimo ragionarci sopra alla luce di quanto è affermato nel vangelo di Luca, Maria ha una fede piena in Gesù, fede formata, forte. Ella sa leggere gli eventi alla luce della sua grande fede e vede la morte di Lazzaro, suo fratello, come evento naturale dell’uomo. Ella inoltre aveva un amore ancora più grande per Gesù e questo amore le colmava il cuore.
• Marta disse a Gesù: « Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà ».
Marta parla con Gesù e gli manifesta la sua fede. Ella sa di certo che se Gesù fosse stato accanto al fratello durante la sua malattia, suo fratello non sarebbe morto. Sa anche che tutto a lui è possibile, perché niente Dio potrà a lui negare, tutto invece potrà a lui concedere, se Gesù glielo chiederà. Questa è la fede di Marta. Notiamo la delicatezza della sua espressione. Quando Lazzaro era in vita Gesù avrebbe potuto direttamente operare il miracolo. Ora che Lazzaro è morto, non chiede a Gesù di risuscitarlo, gli ricorda semplicemente che tra lui e il Padre c’è un legame così profondo di amore che nessuna richiesta rivolta da lui al Padre rimarrà inascoltata. Ella non dice che Gesù deve chiedere il miracolo; gli suggerisce però che questo è possibile e che tutto dipende da lui; se è opportuno o meno chiederlo, questo non spetta a lei saperlo, né a lei dirlo, spetta solo a Gesù. Gesù se vuole lo potrà chiedere e se lo chiederà sarà certamente esaudito. Finezza di una richiesta che chiede con discrezione, con amore, con libertà. Ogni richiesta che non è fondata sulla libertà, non è più una richiesta, ma una imposizione e l’imposizione è arroganza, non preghiera. Marta sa pregare; alla sua scuola dovremmo sempre imparare come ci si presenta a Gesù per chiedere in modo discreto, silenzioso, ma non per questo meno efficace delle parole esplicite e sovente anche invadenti.
• Gesù le disse: « Tuo fratello risorgerà ».
Gesù rassicura Marta. Lazzaro sarà tratto fuori dal Sepolcro. Poiché Gesù non aggiunge altro, Marta accoglie le parole di Gesù secondo la fede regnante nel popolo dei Giudei.
• Gli rispose Marta: « So che risorgerà nella resurrezione dell’ultimo giorno ».
Era fede comune, pensiero e certezza universale, la risurrezione nell’ultimo giorno. Daniele, Malachia, il 2Maccabei avevano una dottrina esplicita sulla resurrezione dei morti nell’ultimo giorno. Marta legge le parole di Gesù secondo questa fede e glielo manifesta. Quanto Gesù dice è vero, ella lo sa che Lazzaro risusciterà nell’ultimo giorno. Ma non era questa risurrezione che ella attendeva.
• Gesù le disse: « lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? ».
Gesù rivela se stesso come la risurrezione e la vita. C’è una morte che non è morte se vissuta nella fede in Cristo Gesù; c’è una fede in Cristo che è vita eterna. C’è una morte fisica che non è vera morte se vissuta nella fede in Cristo Gesù, poiché la morte fisica non è la vera morte, non è la morte, chi vive e crede in Gesù non morirà in eterno. Gesù afferma due verità essenziali della fede in lui. Prima di tutto è lui stesso, “Io sono” la risurrezione e la vita. Che Gesù fosse la vita già lo aveva manifestato a più riprese nel Vangelo, ora egli è vita nella morte fisica e quindi è risurrezione dalla morte fisica. Chi crede in lui, vive anche nella morte, perché la morte è solo un addormentarsi in lui. Questa è la prima verità della fede in lui. La morte fisica non è vera morte, in lui c’è una vita che si vive anche nella morte fisica. La seconda è conseguenza di questa prima verità. Chi vive in lui, chi crede in lui non morrà in eterno. C’è in lui una vita che continua sempre, anche se il corpo è avvolto dalle tenebre della morte, ma si tratta di tenebre fisiche, di annebbiamento fisico, non spirituale, perché in Cristo lo spirito continua la sua vita e così l’anima. Chi è in Cristo vive una vita perenne, gusta una vita che non conosce tramonto, anche se per un breve periodo senza il corpo che è avvolto dal dissolvimento della morte. Quella del corpo non è vera morte, la sua è solo un sonno profondissimo, in attesa di essere risvegliato dalla potenza di Gesù per ricominciare tutta la sua vita in modo veramente divino, perché anche esso avvolto dalla gloria, dalla spiritualità, dall’incorruttibilità dell’anima. A Marta viene chiesto se ella crede in quanto Gesù ha detto e precisamente che è lui la risurrezione e la vita.
• Gli rispose: « Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo ».
Marta risponde affermativamente. Ella crede che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, che deve venire nel mondo. Ci troviamo di fronte ad una professione di fede perfetta su Gesù. Egli è il Messia atteso, ma il Messia è il Figlio di Dio, che deve venire nel mondo. Gesù è colui che compie tutte le attese dei Padri, tutte le parole dei profeti, tutta la rivelazione veterotestamentaria. Tuttavia, pur confessando una fede così esplicita, è da supporre che Marta non possedesse tutta la comprensione secondo la novità che è in Gesù delle parole che ella ha pronunciato. Ma essendo Parole dette e pronunciate nello Spirito del Signore, è proprio dello Spirito parlare, affermare tutta la verità, senza che chi pronunzia le parole possa comprendere a pieno quanto da lei stessa è stato pronunciato. Ci troviamo sullo stesso piano della confessione di Pietro. Anche Pietro ebbe una professione di fede chiara, esplicita, vera, e tuttavia il significato profondo, essenziale, gli sfuggiva. Verrà sempre il tempo in cui il vero significato si percepirà e allora anche l’intera vita acquisterà una nuova dimensione ed un nuovo significato.
• Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: « Il Maestro è qui e ti chiama ».
Marta pensa anche a sua sorella, a Maria, pensa che anche lei ha bisogno del conforto di Gesù e va a chiamarla. La chiama con delle parole assai semplici: “Il Maestro è qui e ti chiama”. In queste parole appare chiaro che c’è un interessamento di Gesù verso Maria. Gesù sa il suo dolore, anche se umanamente sopportabile a causa della fede e dell’amore che ella ha per lui, ma questo non impedisce a Gesù di recarle un conforto, di aprire il suo cuore alla speranza. In questa frase di Marta c’è tutto l’amore di Gesù che previene ogni richiesta dell’uomo; è lui che ha sempre l’iniziativa nell’amore. Comprendere questo significa ricolmare il cuore di dolce speranza, poiché in esso c’è sempre una certezza: c’è Gesù che è prima di ogni nostro pensiero, di ogni nostra afflizione, di ogni nostra difficoltà e lui ci chiama a sé per donarci il vero conforto e la vera pace. Dinanzi ad ogni difficoltà, anche la più grave, dovrebbe sempre risuonare in mezzo a noi questa frase di Marta: “Il Maestro è qui e ti chiama”. Se lui chiama è per risollevarci, per infondere in noi la sua forza, la sua luce, la sua verità, la sua saggezza. Tutto diventa vero e tutto si riveste di verità con l’incontro con Gesù.
• Udito Questo, ella si alzò subito e andò da lui.
Saputo che il Maestro la chiamava ella non ha esitato di andare incontro a Lui, in fretta. Ma sempre quando il Maestro chiama, quando lui è qui, accanto a noi, non bisogna farlo aspettare. Farlo aspettare significherebbe non aver compreso niente di lui: del suo amore, della sua luce, della forza che sa infondere, della verità che ci dona perché tutto possiamo vedere in Dio e in lui viverlo secondo giustizia e santità. Gesù ci aiuta a vivere ogni cosa nell’amore del Padre suo e in questo amore anche la morte diviene via di purificazione, di salvezza, di più grande amore per il nostro Padre celeste. Vista in Dio la realtà da profana diviene sacra ed è questa sacralità che manca sovente all’uomo, per cui tutto si sopporta e tutto si subisce nella profanità e la profanità, si sa, non è verità, non è amore e né giustizia. Da qui il vuoto dell’uomo dinanzi ai più grandi misteri della vita: nascita, sofferenza, morte, solitudine, fame, nudità.
• Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.
Gesù attendeva l’arrivo di Maria; non si muove dal luogo dove Marta lo aveva lasciato; evita per il momento l’incontro con la folla. Ciò che sta per fare è talmente divino, talmente straordinario, che egli ha bisogno di quel santo raccoglimento, di quella solitudine interiore ed esteriore, che segna i momenti più grandi della sua vita. Gesù in questo è sempre Maestro. Egli sa in ogni momento come regolarsi, come comportarsi, dove sostare e quando andare incontro alla folla. Dal suo stile noi tutti dobbiamo imparare, se vogliamo essere sempre pronti a compiere secondo verità e giustizia le opere del Padre suo.
• Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, videndo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro ».
Quanti erano con Maria, in casa non sanno dell’arrivo di Gesù, pensano che Maria si stesse recando al sepolcro per piangere. La loro visione della realtà è assai umana, pensano ad un dolore incolmabile che ha bisogno di sfogarsi vicino alla tomba del fratello. Essi non sanno che Maria è corsa non per andare al sepolcro, ma per incontrare il suo amico più caro, l’amico dell’anima sua. Si è già puntualizzato il grande amore di Maria per Gesù, il suo è un amore veramente spirituale, totalmente dell’anima. È un amore che le fa dimenticare tutto e tutti; è un amore che ricolma il cuore e lo sazia.
• Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: « Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».
Anche Maria riconosce la potenza taumaturgica di Gesù; anche lei, come la sorella Marta, vede Gesù potente, capace di guarire dalla malattia; vede Gesù che amava suo fratello e per amore certamente avrebbe impedito che lui morisse, certamente lo avrebbe guarito, sanato. Gesù non era lì, quando suo fratello è morto ed ora che è morto è morto. Maria non chiede a Gesù il miracolo della risurrezione. Confessa la potenza di Lui, la sua forza nel compiere miracoli, ma non osa di più, non chiede di più, non va oltre, si ferma. Maria non sa nulla del piano di Dio sul suo fratello Lazzaro; non sa che la sua morte era per la gloria del Padre e per quella di Gesù, accetta la morte, la vive come un evento naturale, però alla luce della fede, la vive anche alla luce del suo grande amore per Gesù. Il suo cuore era colmo già di amore, e ogni altro amore trovava forza e vitalità in questo, ma questo amore, quello per Gesù, colmava il cuore e lo riempiva di pace. Ella non ha bisogno della risurrezione, non per un motivo egoistico, ma per una ragione di amore, il suo amore è colmo, pieno, il suo amore è totale, al suo cuore non manca nulla, Gesù è tutto per lei.
• Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato,domandò: « Dove l'avete posto? ».
Gesù vive da vero uomo la storia vera di ogni uomo. Attorno a lui c’è pianto. Piange Maria, piangono i Giudei venuti con lei. Anche Gesù si commuove. La commozione è in Gesù frutto della sua vera umanità, che sente il dolore, sente il vero amore, vive l’amicizia in profondità di animo, si sente solidale in tutto con i suoi amici e fratelli. Il turbamento è dello spirito in Gesù. Si turbò perché vive nello spirito ciò che stava per accadere. Ciò che sta per accadere è talmente grande che il suo spirito si turba già in anticipo, si turba a causa della straordinarietà dell’evento e della sua potenza: si turba anche a causa di quanto questo evento avrebbe inciso sulla sua vita, l’avrebbe condotto verso la passione e morte; si turba perché la risurrezione di Lazzaro sarebbe stato il segno che la sua ora era ormai venuta e che era ormai tempo di prepararsi alla morte e alla morte di croce. Il turbamento di Gesù è movimento del suo spirito dinanzi all’opera di Dio che stava per compiere; la commozione è il movimento del suo spirito per rapporto alla partecipazione al dolore dei suoi amici e fratelli. Si commuove con loro per la morte dell’amico, si turba in se stesso per le conseguenze che questa morte avrebbe potuto arrecare alla sua vita e a quella dei suoi discepoli. Dopo la commozione e il turbamento Gesù chiede che gli venga indicato il posto dove è stato sepolto. Chiedendo di vedere il luogo della sepoltura, c’è nel suo cuore la certezza della risurrezione di Lazzaro ormai imminente.
• Gli dissero: « Signore, vieni a vedere! ».
Alla domanda di Gesù, gli viene risposto di andare a vedere. Da notare l’appellativo di Signore. Gesù è già il Signore della gloria, quando si scrive il Vangelo e quindi viene sempre chiamato con questo nome, che è poi il suo vero nome, perché esprime il suo vero essere. Egli è veramente il Signore. È Signore, perché Dio.
• Gesù scoppiò in pianto.
La commozione di Gesù si trasforma in pianto. Questo sta a dimostrare come la vera umanità non può restare insensibile dinanzi al dolore dei suoi fratelli, al proprio dolore. Ci sono delle forze nell’uomo che non possono essere abolite, neanche dalla santità perfettissima e una di queste forze è il dolore e l’altra l’amore. Gesù piange per amore; piange lacrime di partecipazione al suo dolore per la perdita dell’amico, ma anche di partecipazione al dolore delle sue amiche, che sono Marta e Maria. La vera amicizia è comunione intensa di vita: la gioia ed il dolore sono momenti fortissimi nella vita umana e comunicarli e parteciparli aiuta meglio a viverli e a superarli. Anche la gioia non si può vivere da soli, così come il dolore.
• Dissero allora i Giudei: « Guarda come lo amava! ».
Il pianto di Gesù, la sua commozione, diventano per i Giudei segno del suo amore per Lazzaro. I Giudei vedono piangere Gesù e comprendono che in lui c’era un fortissimo amore per il defunto. Il segno, quando è vissuto secondo verità, è manifestativo della verità che c’è nel cuore. La verità di Gesù è attualmente il grande amore per il suo amico Lazzaro. I Giudei lo constatano e lo dicono, se lo dicono tra di loro. Vedono qualcosa di nuovo in Gesù. Da uno che dinanzi alla sofferenza e al dolore si poneva sempre come un guaritore di essa, uno che la alleviava togliendola, ora invece lo vedono come uno che aiuta a superarla condividendola. Anche questo è modo assai efficace per aiutare a superare la sofferenza. L’amore vero si deve sempre trasformare in condivisione, in assunzione. Gesù condivide, Gesù assume, Gesù allevia, Gesù toglie la sofferenza dal cuore dei suoi amici.
• Ma alcuni di loro dissero: « Lui,che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse? ».
Ma c’è sempre qualcuno che vive fuori della storia; mentre Gesù vive un momento intensissimo di partecipazione e di condivisione della sofferenza spirituale di due sorelle, mentre avverte in sé la perdita del suo più caro amico e per questo è in pianto, alcuni riprendono le loro mormorazioni malvagie e maligne. Se Gesù è stato capace di aprire gli occhi ad un cieco, perché non è stato capace di far sì che Lazzaro non morisse? Loro sono profani e tutto vedono secondo la profanità del loro cuore. Si è già detto all’inizio di questo undicesimo capitolo come esso ci insegni a leggere ogni evento, ogni fatto che si produce in mezzo a noi, come un evento sacro e non profano, ma per leggerlo come tale occorrono gli occhi della fede, è necessaria quella luce superiore dello Spirito Santo che dona ai nostri occhi il sapore del cielo ma anche la lettura del cielo per tutto ciò che avviene attorno a noi. Costoro non sono illuminati dallo Spirito Santo, cadono nella mormorazione e quindi danno anche un falso giudizio su Gesù, perché non lo reputano capace di impedire che uno discenda nella morte. Loro sono assai distanti dalla verità di Gesù, non sanno che tutto quanto Gesù compie, non viene dalla sua volontà, ma dalla volontà di colui che lo ha mandato.
• Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro; era una grotta e contro di essa era posta una pietra.
Nessuno ancora sa cosa stia per fare Gesù. Arrivano al sepolcro e Gesù è tuttora commosso; sente dentro di sé la morte del suo amico Lazzaro e per questo la commozione è dentro di sé, ma sente anche la presenza di due sorelle che sono nell’afflizione e nel dolore ed anche questo porta dentro di sé della commozione. Viene qui descritto il sepolcro. C’è una grotta e sopra la grotta vi era posta una grossa pietra. È da supporre che la grotta fosse scavata sotto terra, per questo la pietra era sopra. La pietra serviva da copertura, ed era sempre una grossa pietra, questo per impedire che qualcuno la potesse spostare da solo e violare così la tomba che era considerata sacra da parte degli ebrei, tant’è che chi toccava una tomba contraeva l’impurità rituale e veniva dichiarato immondo per alcuni giorni, secondo la legge di Mosè.
• Disse Gesù: « Togliete la pietra! ».
Gesù ordina che venga tolta la pietra. È per lo meno un fatto insolito, ma per certi versi anche inaudito. Lazzaro è già da quattro giorni lì dentro ed ormai in stato di dissolvimento.
• Gli rispose Marta, la sorella del morto: « Signore, già manda cattivo odore, è di quattro giorni».
Marta vorrebbe opporsi all’ordine di Gesù e gli fa notare come Lazzaro sia ormai là dentro da quattro giorni e che manda cattivo odore a causa della decomposizione del suo corpo. Marta risponde così perché ancora non sa cosa Gesù stia per fare; non sapendo le sue vere intenzioni, pensa che per Gesù sia stato tanto il suo dolore che intende vedere per l’ultima volta, anche se morto e imbalsamato, il suo amico Lazzaro. Anche se l’amore di Gesù per Lazzaro è grande, secondo Marta, non richiede però un così grande sacrificio, il cattivo odore era anche insopportabile. Ma non è questo il motivo per cui Gesù vuole che si tolga la pietra dal sepolcro.
• Le disse Gesù: « Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio? ».
Gesù ancora una volta non rivela ciò che sta per fare. Dice a Marta che è giunta per lei l’ora della fede; se lei crede in quello che Gesù sta per fare, anche se lei non sa cosa Gesù stia per fare, ella vedrà la gloria di Dio. Vedere la gloria di Dio ha qui un solo significato. Gesù si sta accingendo a fare qualcosa di veramente grande. Ma nessuno sa ancora cosa Gesù stia per fare. La fede è sulla parola, non sull’opera; essa è fiducia in colui che ordina e che comanda, anche se non viene detto ciò per cui una cosa viene fatta. Prima si crede e poi si vede la gloria di Dio. Invece sovente l’uomo vorrebbe prima gustare la gloria di Dio e poi credere. Questo è impossibile e non è dato a nessuno, mai. In questa procedura molti si perdono, si smarriscono, ritornano per la loro strada, se ne vanno per la via dell’incredulità e dell’abbandono della fede, a causa di questa stoltezza che alberga nel loro cuore. Gesù richiama Marta alla legge della fede. Prima si crede e poi si gusta la gloria di Dio, la si vede.
• Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: « Padre, ti ringrazio perchè mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato ».
Il comando di togliere la pietra viene eseguito. Gesù alza gli occhi al cielo. È il momento della preghiera rivolta al Padre. Cosa dice Gesù al Padre? Cosa chiede? Lo ringrazia semplicemente perché ha ascoltato la voce del suo cuore, del suo spirito, della sua anima. Dice ancora un’altra verità: Egli sapeva di essere sempre ascoltato dal Padre, lo dice ad alta voce e dinanzi alla folla perché tutti credano in questo legame di amore che esiste tra il Padre e il Figlio, tutti credano che il Figlio è mandato dal Padre. Potremmo chiederci quando ha pregato Gesù. Gesù non pregava con la voce, con le labbra, lui pregava con il cuore; il suo cuore era sempre fisso in Dio, posto accanto a lui, per manifestargli ogni suo desiderio, ma anche per accogliere dal Padre i suoi voleri. Dal racconto evangelico, sappiamo che Gesù vedeva nella morte di Lazzaro un momento straordinario per la manifestazione della gloria del Padre ed anche per la rivelazione al mondo della sua gloria, ma la sua è gloria che viene dal Padre, come tutta la sua persona, tutto il suo ministero vengono dal Padre. La sua è una preghiera di accreditamento prima, è una preghiera di ringraziamento dopo, ed è ringraziamento al momento dell’esaudimento; ma non viene chiesto l’esaudimento, quello c’era già stato dal momento che Gesù era partito per recarsi a Betania, ora deve solamente ringraziare il Padre pubblicamente, perché tutti sappiano che Gesù è il vero inviato dal Padre. Se Gesù non venisse veramente dal Padre non potrebbe fare ciò che si sta accingendo a fare. Anche noi dobbiamo imparare a pregare come prega Gesù; dobbiamo distinguere il momento dell’impetrazione, che deve essere prima, molto tempo prima, ed il momento del ringraziamento, che deve accompagnare lo svolgimento dell’opera che il Signore sta compiendo per noi, o che noi possiamo anche compiere in suo nome. Il ringraziamento è certezza di esaudimento, ma è anche attestazione della nostra fede in Lui, operatore di prodigi e di opere stupende.
• E detto questo, gridò a gran voce: « Lazzaro, vieni fuori! ».
È il grido dell’esaudimento della preghiera, ma è anche il grido dell’esaltazione del Padre, della proclamazione della sua gloria. Chiamando Lazzaro fuori dal sepolcro Gesù attesta e rivela che il Padre è con lui. Lo aveva detto Nicodemo: Nessuno può fare i segni che tu fai se Dio non è con lui. Questo è il segno che completa tutta la rivelazione di Gesù sulla sua persona e sulla sua missione. Egli che era pane di vita eterna, buon pastore, luce del mondo, ora è anche risurrezione. Gesù lo può dire: “Io sono la risurrezione”. Questa è la gloria che il Padre gli ha dato, ma anche è la gloria che Gesù dona al Padre, perché lui pubblicamente ha confessato che in quanto ha potuto compiere il miracolo in quanto il Padre lo ha ascoltato, ha esaudito la sua richiesta. La risurrezione di Lazzaro bisogna leggerla come realtà e come segno, come figura e realtà. Come realtà perché veramente Lazzaro è uscito dal sepolcro dopo quattro giorni di permanenza nel seno della morte. Essa è figura di quanto avverrà per ogni uomo alla fine del mondo. Ognuno sarà chiamato per nome da Gesù ed uscirà dal seno della morte e si preparerà al giudizio finale. Essa è anche segno che manifesta la grande missione che il Padre gli ha affidato: quella di risuscitare ogni uomo, di ricomporlo nella sua essenza di corpo e di anima e di riformare la persona umana. Letta la risurrezione di Lazzaro come segno, risulta che Gesù è il vero inviato da Dio. Gesù è il suo Messia, quindi il liberatore e il salvatore del suo popolo. Quanti si oppongono a lui, quanti lo respingono, lo respingono senza ragione. I segni che Gesù fa attestano la sua origine divina. Egli è veramente da Dio, non è un indemoniato, non è un esaltato, non è un pazzo, non è uno fuori di sé. Lo grida la spettacolarità e la straordinarietà di quanto oggi egli ha compiuto. La risurrezione di Lazzaro è il segno dei segni, il prodigio dei prodigi, il prodigio dinanzi al quale o ci si apre alla fede, o uno se ne sta lontano per sempre. Con questo miracolo o risuscita la fede nel nostro cuore per Gesù, o essa muore per sempre senza nessuna possibilità di poterla ricostituire altrimenti.
• Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: « Liberatelo e lasciatelo andare ».
Lazzaro, da morto, ascolta la voce del suo amico, di Gesù, esce dal sepolcro avvolto in bende e coperto nel volto da un sudario. Era questa l’usanza di seppellire i morti presso i Giudei. Questo suo modo di uscire dal sepolcro attesta che veramente Lazzaro era morto e che veramente esso era stato sepolto secondo tutta l’usanza vigente a quei tempi. Gesù ordina che venga sciolto e lasciato andare. Anche questa parsimonia di altri particolari, sta a dimostrare come al Vangelo interessi una cosa sola: manifestare al mondo la gloria di Dio che si riversa tutta su Cristo Gesù e lo ammanta di gloria divina. Questa manifestata, il resto appartiene alla cronaca, agli eventi di questo mondo e non sono più vangelo, lieta novella. Quanto non è lieta novella non appartiene al Vangelo non può stare nel Vangelo. Il resto potrebbe anche essere curiosità e la curiosità non appartiene alla lieta novella, perché ad essa appartiene solo una parola che dona certezza di salvezza eterna e che manifesta, se accolta e vissuta la grande gloria di Dio.
• Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Ogni segno operato da Gesù produce sempre un frutto di fede. Molti, avendo visto quel che Gesù aveva compiuto, credettero in lui. È questa una fede incipiente, nata da una forte emozione, ma è pur sempre vera fede. Per molti questo è scandalo; è scandalo che qualcuno venga alla fede attraverso il segno; ma se tutto il vangelo è un segno che genera la fede nel cuore di chi vi assiste, o di chi il segno vive in prima persona, perché compiuto su di lui, perché ci si scandalizza se qualcuno afferma che è attraverso il segno che è giunto alla fede? Se il segno è la manifestazione della gloria di Dio, se il segno viene da Dio, se Dio lo compie perché qualcuno possa aprirsi alla fede, chi è l’uomo perché possa dettare a Dio la legge della fede che passi attraverso l’annunzio della sola parola. Ma può un uomo dire a Dio qual è la legge della fede per lui e per gli altri, se Dio stesso ha un’altra legge di fede, la quale passa anche attraverso il segno, anche se il segno poi debba essere dimenticato per accogliere tutta la parola di Gesù?
Tuo fratello risorgerà (commento di Monsignor Costantino Di Bruno)
Sa leggere bene la storia e ogni avvenimento che si compie in essa, solo chi è illuminato dalla potente luce dello Spirito Santo. Chi è senza la sua luce, passa accanto ad essa allo stesso modo del sacerdote e del levita che vedono l'uomo lasciato mezzo morto dai briganti sul ciglio della strada e vanno oltre. Lo Spirito del Signore non è nel loro cuore e manca ad essi la vera luce per sapere cosa fare e come farlo. Gesù è pieno di Spirito Santo. Da Lui perennemente illuminato, condotto, mosso, agitato, seguito, preceduto, accompagnato. Dalla luce purissima dello Spirito sa che bisogna dare al suo popolo l'ultimo grande segno per la risurrezione e la morte di essi. Infatti questo ultimo segno apre il cuore di molti alla fede, ma chiude nelle tenebre quello dei capi. Costoro decidono la morte di Gesù. Stabiliscono di toglierlo di mezzo.
La storia non è sotto la regia degli uomini. Essa è guidata dalla mano sapiente del Signore e tutto ciò che avviene in essa è un portentoso segno che deve aprirla alla verità o chiuderla per sempre nella perdizione e nella morte. La storia è il grande miracolo di Dio. Attraverso di essa ci si apre alla carità, alla verità, alla fede, alla giustizia, alla pace, oppure ci si può chiedere nella falsità, nella menzogna, nell'errore, nell'ingiustizia, nell'empietà, nell'idolatria, nella superstizione. Spetta ad ognuno di noi decidersi dove dirigerci: se nella fede o nella non fede, nella luce o nelle tenebre. Il futuro è da ogni decisione che prendiamo nella storia. Oggi molti decidono di aprirsi a Cristo. I capi di chiudono ermeticamente a Lui e sanciscono la sua morte. Questa decisione non è senza responsabilità. Avrebbero potuto aprirsi alla verità e alla giustizia, ma hanno preferito le tenebre e la non luce. Ma sempre la storia ci pone dinanzi ad una scelta di vita e di morte. Sempre pone dinanzi a noi la via retta da seguire. Spesso però noi ci incamminiamo su vie di errore e di grande falsità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci comprendere la storia.
Spunti di riflessione:
- Con chi t’identifichi di più: con i discepoli, con le sorelle, con i giudei, o con nessuno di loro?
- Hai mai passato dei momenti in cui si mescolavano disperazione e speranza, morte e vita? Che cosa, in questi momenti difficili, ha sostenuto la tua fede?
- In che modo Lazzaro risuscita oggi? A noi resta togliere la pietra affinché Dio ci ridoni la vita: Gesù ordina di togliere la pietra dal sepolcro. Ci sentiamo chiamati come Maria e come Lazzaro?
- L’esperienza della malattia segna la vita dell’uomo. Quali esperienza di sofferenza hanno segnato la tua vita e come è cambiata?
- La casa di Lazzaro è definita «casa di amicizia». L’amico sincero ti è vicino nel momento della sofferenza: come si può condividere il dolore delle persone amiche? Come possiamo aiutarle?
- Gesù si mette in cammino per incontrare la famiglia nel dolore, mentre i suoi discepoli temono per la vita: quando siamo di fronte al dolore degli altri quali sono le paure che dobbiamo affrontare ?
- Anche io sono come i discepoli: trattengo Gesù e l'opera di Dio o come Maria mi affido?
- Che tipo di fede vivo: orizzontale o verticale?
- L’incontro con Marta e Maria implica la preghiera. Crediamo nella potenza della preghiera e dell’intercessione? Sappiamo affidarci nel momento di prova al Signore con la forza interiore della preghiera e sappiamo affidarla alla comunità cristiana?
- Come rispondo al comando di Gesù: rimango chiuso/a con una pietra posta a ridosso oppure come tanti, credo?
- La morte è vinta dalla potenza della vita: la risurrezione di Lazzaro è l’anticipazione dell’evento della risurrezione di Cristo. Come ti prepari a vivere la Pasqua?